Sono mesi che si è scelto la via del vanto politico-istituzionale di nascondere la verità con un ottimismo privo di fondatezza, che scricchiola con la realtà di imprese, aziende e società che chiudono le porte dei loro uffici e magazzini licenziando a migliaia i propri dipendenti nonché posti di lavoro che vanno in fumo, come racconta il grido d’allarme di Confindustria che parla di “avvilimento”.
Adesso le piazze di tutta italia fermentano di rabbia la classe politica comprenderà ormai dell'errore d'aver riportato così malamente che “la crisi volge al termine”, che “si vede la luce in fondo al tunnel” e che “la ripresa è ormai in atto”?
La ripresa non c’è, o al minimo non c’è ancora. Averne parlato come di una cosa che sta per volgerne al termine, nell'intellegibile ma scorretto esperimento di orientare positivamente il morale del Paese, ha certamente creato la reazione infuriata e sdegnata, di chi sta pagando gli effetti della crisi economica.
Gli italiani, quelli poveri, dalla crisi anche sul fronte dei redditi e dell’occupazione fanno notare gli effetti nelle piazze e sulle strade. E così le difficoltà si fanno sentire. Nel corso del solo 2012, l'anno scorso, oltre 4 milioni di persone hanno usufruito di ammortizzatori sociali. Hanno avuto il sussidio di disoccupazione ordinaria, agricola e a requisiti ridotti 2,5 milioni di persone a fronte di 2,26 milioni dell’ anno precedente. Il tutto per una spesa per gli ammortizzatori sociali che ha superato i 22,7 miliardi di euro, aumentata del 19% rispetto al 2011.
Sia a questo punto chiaro al lettore che non eludo le diverse connotazioni della “piazza dei forconi”: un connubio di affranti senza prospettive e di ribelli che di tasse non ce la fanno più di finire di pagare alla fine del mese e magari pure di evasori scaltri e di ribelli calcistici ultras. Tra le file si intravedono tanti pensionati e lavoratori che hanno versato nelle casse dell'Inps fino a 30 anni di contributi e si vedono esclusi dal mercato del lavoro. Quasi uno su due dei pensionati fatica ad arrivare alla fine del mese: un problema per il 46,2% che si ritrova così costretto a rimandare pagamenti, ad intaccare i propri risparmi, a chiedere prestiti e aiuti ad altri.
A tal punto della situazione socialae il potere d’acquisto delle famiglie, ha sfiorato un crollo del 10% tra il 2008 e il 2012, solo tra il 2011 e il 2012 il calo è stato del 4,9%, il più alto dall’inizio della crisi stessa. Nel complesso nei quattro anni considerati il reddito lordo disponibile delle famiglie ha perso in media l’1,8%, -2% tra il 2011 e il 2012. Il numero dei dipendenti pubblici è in calo, con una perdita di 130.000 unità solo nell’anno scorso cioè il -4%.
È la fotografia che scatta l’ultimo bilancio sociale presentato dall’Inps, che tra l’altro torna a certificare la perdita dell’Istituto, dopo la fusione di Inpdap ed Enpals.
A questo scenario si aggiunge anche l’allarme che arriva dall’Unione Europea sul rischio di povertà o di esclusione sociale: dopo la Grecia, l’Italia è il Paese della zona euro dove è più alto attestandosi al 29,9%: 34,6% in Grecia, secondo gli ultimi dati Eurostat relativi al 2012. Poi quasi un pensionato su due: il 45,2%, in sostanza 7,2 milioni di persone, con meno di 1.000 euro al mese, di cui 2,2 milioni, il 14,3%, non arrivano a 500 euro. In sostanza, in questo caso un rischio che coinvolge 18,2 milioni di persone nel Belpaese: in termini assoluti di popolazione coinvolta, l’Italia è al primo posto.
Tuttavia non è una novità che i dati sulla disoccupazione sono stagnanti secondo i dati Ipsos. Nel quadro generale di incremento su scala annuale, ad ottobre, rispetto al settembre, il tasso resta invariato, 12,5% a livello nazionale. Ma è molto più accentuato nel Sud Italia, dove l’indicatore passa dal 15,5% del terzo trimestre 2012 all’attuale 18,5%. E a manifestare maggiore allarme è sempre l’occupazione giovanile, che batte un nuovo record storico: 41,2%, pari a +0,7% su settembre.
In conclusione per il neopresidente della Corte dei Conti alla cerimonia d’insediamento e anche secondo la Corte dei Conti istituzione, le principali spine nel fianco che frenano la crescita in Italia sono: “Una spesa pubblica poco efficace ed efficiente, un debito pubblico il cui peso ha pochi confronti nel mondo, un prelievo fiscale che ha raggiunto ormai il 45% del Pil e le cui risorse dovrebbero essere allocate molto meglio”.
Il neoeletto Raffaele Squitieri punta il dito sul prelievo fiscale al 45% del Pil e afferma: “Non si cresce se la spesa è inefficace” “Il problema dell’economia italiana è la crescita”, sottolineando che a sua volta questo “aggrava le difficoltà della nostra finanza pubblica”.
Contrariamente, con una maggiore e più veloce crescita economica, secondo Squitieri, anche il peso del debito pubblico potrebbe essere più lieve da sopportare, oltre che più facilmente ridotto.
Niente che non è sotto gli occhi di tutti. Dati alla mano bisognorebbe voltare pagina, fare ammenda, “capovolgere” la politica del malaffare e metterci un po' più di morale ed etica pubblica. Lo chiediamo ai partiti, ai responsabili della cosa pubblica, quindi lo si chiede alla leadership politica.
Di Giacomo Palumbo
@palgiac
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domenica 15 dicembre 2013
“Il 2013 tra i più critici per l’economia e la società italiana”
mercoledì 11 dicembre 2013
Presidi, blocchi e proteste in tutta Italia e a Bologna
La protesta dei Forconi non si rasserena in tutta Italia piuttosto, i presidi si fanno sentire in tutte le piazze e anche in piazza Maggiore a Bologna. Sono giornate difficili, sono cortei formati da persone che “provocano disagi”, azioni di protesta, le quali sono spontanee e difficilmente controllabili. Blocchi sulle autostrade nel nord italia e sulle tangenziali. Ci sono state trentadue persone denunciate in questi giorni. Oggi la polizia ha annunciato che chi metterà in atto blocchi sarà denunciato. Ci sono in atto volantinaggi tra la gente per spiegare i motivi della protesta che prosegue. Alcuni manifestanti hanno tentato di impedire che il traffico veicolare andasse avanti sulle strade della città. Così che l’intervento ha innescato le proteste da parte di decine di migliaia di persone di qualsiasi classe sociale.
Riferendomi a questa contestazione, poco tempo fa in molti avevano commentato un mio post, molto vicino all'idea che i poliziotti dovevano in qualche modo avere uno sguardo di solidarietà al popolo e, che pur di mantenere il proprio posto, non andare a bloccare ad oltranza le manifestazioni. Ieri e l'altro ieri gli stessi hanno dimostrato quello che volevo intendere quando parlavo di poliziotti vicino al popolo o addirittura di poliziotti che marciassero vicino al popolo.
E' “avvenuto” il primo passo. Non drastico come me lo aspettavo ma il primo passo è stato fatto. Le forze dell'ordine hanno dato un segnale forte, togliendosi i casci antisommossa davanti alla gente che non arriva più a fine mese. Tuttavia si è aperto un dialogo democratico tra i manifestanti:popolo e le forze dell'ordine.
Alfano afferma: “Non tollereremo che le città vadano in fiamme”. Queste le parole del vicepremier contro l'idea di una protesta violenta anti democratica, e mentre i presidi avanzano per le città, così Beppe Grillo si fa portavoce del malcontento e afferma: “Letta è come Pinocchio e mente all'intero paese e ci offende” e “bisogna unirsi alla protesta e non proteggere i corrotti in politica”.
E' una responsabilità del Parlamento e del Senato far si che La politica abbia più etica e morale e che tenga unito un popolo che si ribella risolvendo nell'intero, tutti i problemi sociali e di povertà.
Di Giacomo Palumbo
@palgiac
Riferendomi a questa contestazione, poco tempo fa in molti avevano commentato un mio post, molto vicino all'idea che i poliziotti dovevano in qualche modo avere uno sguardo di solidarietà al popolo e, che pur di mantenere il proprio posto, non andare a bloccare ad oltranza le manifestazioni. Ieri e l'altro ieri gli stessi hanno dimostrato quello che volevo intendere quando parlavo di poliziotti vicino al popolo o addirittura di poliziotti che marciassero vicino al popolo.
E' “avvenuto” il primo passo. Non drastico come me lo aspettavo ma il primo passo è stato fatto. Le forze dell'ordine hanno dato un segnale forte, togliendosi i casci antisommossa davanti alla gente che non arriva più a fine mese. Tuttavia si è aperto un dialogo democratico tra i manifestanti:popolo e le forze dell'ordine.
Alfano afferma: “Non tollereremo che le città vadano in fiamme”. Queste le parole del vicepremier contro l'idea di una protesta violenta anti democratica, e mentre i presidi avanzano per le città, così Beppe Grillo si fa portavoce del malcontento e afferma: “Letta è come Pinocchio e mente all'intero paese e ci offende” e “bisogna unirsi alla protesta e non proteggere i corrotti in politica”.
E' una responsabilità del Parlamento e del Senato far si che La politica abbia più etica e morale e che tenga unito un popolo che si ribella risolvendo nell'intero, tutti i problemi sociali e di povertà.
Di Giacomo Palumbo
@palgiac
venerdì 6 dicembre 2013
"Smantellato" finalmente il Porcellum
La Corte Costituzionale “impartisce” finalmente lezioni di costituzionalità bocciando il Porcellum.
La sentenza è arrivata quasi a sorpresa, al termine di una lunga camera di consiglio che sembrava preannunciare un rinvio al giudizio finale. La Consulta non solo ha giudicato ammissibile il ricorso, ma ne ha pure accolto in pieno le istanze, lasciando il “Porcellum” privo delle sue parti importanti, motivando l'incostituzionalità dei due punti cardine della legge operativa da quasi sette anni, cioè il premio di maggioranza, senza soglia minima di accesso e le liste bloccate.
La legge n. 270 del 21 dicembre 2005 è la legge che ha modificato il sistema elettorale italiano e ha delineato la disciplina attualmente in vigore. È stata formulata principalmente dall'allora Ministro per le Riforme Roberto Calderoli, che tuttavia la definì “una porcata” in un'intervista televisiva, durante il programma Matrix, allora condotto da Enrico Mentana. Per questo venne definita porcellum, termine che ebbe molta fortuna e diffusione, dal politologo Giovanni Sartori.
L'esito della riforma elettorale è per intero nelle mani del Parlamento. Sono protagonisti coloro che sono stati eletti in base al premio maggioritario, dunque ora Cuperlo e i suoi colleghi potrebbero decadere se dovesse realizzarsi l’ipotesi che la sentenza della Consulta delegittima le ultime elezioni dal momento che abolisce il premio di maggioranza.
La distribuzione dei seggi alla Camera dei Deputati secondo i voti ottenuti il 24 febbraio scorso escluso la circoscrizione Estero e la Val d'Aosta e simulazione senza premio di maggioranza è la seguente: Centrosinistra da 340 deputati con il Porcellum diventerebbero 193 senza premio di maggioranza.
Nel centrodestra da 124 deputati con il Porcellum diventerebbero 190 senza premio di maggioranza.
Nel Movimento Cinque Stelle avrebbe la meglio poiché da 108 cittadini a cinque stelle con il Porcellum diventerebbero 165. E infine nelle liste Monti da 45 deputati diventerebbero 69.
Nell’ipotesi si potrebbero far saltare anche tutte le giunte regionali, elette con premio senza soglia minima. Ci penseranno le motivazioni della sentenza della Consulta a toglierli di mezzo. E malgrado ciò il rischio perdura anche perché la Camera dei Deputati ancora non ha solennemente convalidato l’elezione di ben 617 deputati su 630.
In una partita politica che incrocia chiaramente la durata della legislatura.
Nel frattempo, i giudici costituzionali tengono a precisare che “il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte, e nel rispetto dei principi costituzionali”. Questo significa che la maggioranza di centrodestra, autrice della legge di Calderoli, nel 2005 ratificò una riforma in contrasto con la Carta fondamentale, e che qualsiasi intervento politico, d’ora in avanti, non potrà ripresentare normative analoghe a quelle bocciate.
Dario Franceschini, Ministro per i Rapporti con il Parlamento afferma: “Dopo la sentenza della Consulta i tempi sono obbligati, bisogna mettere in atto Due ddl, l’altro per abolire il Senato e ridurre i parlamentari” Due disegni di legge cioè il primo, di modifica costituzionale, per introdurre il monocameralismo e la riduzione dei parlamentari. Il secondo per introdurre una nuova legge elettorale, bipolare, maggioritaria, a doppio turno: di collegio o di coalizione.
Tuttavia la sentenza non avrà valore retroattivo. Ora, dopo la decisione della Consulta il quadro politico sembra destinato a dispiegarsi. E a dissestare anche gli assetti interni di alcuni partiti, Partito democratico al top. Ma qualche cambiamento potrebbe aver luogo pure nel Nuovo centro destra a fronte di Alfano che giudica “ottima” la sentenza e invita a “procedere con urgenza alla riforma”.
Ha detto Angelino Alfano: “Da oggi in poi la nostra squadra gioca con il blu”, presentando a Roma il simbolo del Nuovo Centro Destra: “Il blu dà forza. E' il colore che serve all'Italia”. Ma il blu è anche “il colore del Ppe della famiglia politica che raggruppa i cristiano-democratici e i moderati in Europa.
Quel che è certo è che sulla riforma elettorale si giocherà buona parte della stabilità del governo.
Il patto programmatico su cui il premier, Enrico Letta, dovrà ottenere la fiducia della nuova maggioranza, mercoledì prossimo, sarà incentrato proprio sul capitolo delle riforme “basilari” della legge elettorale.
Per cui sobbalzerà in cima alle priorità del discorso con cui il premier, Enrico Letta, chiederà mercoledì prossimo la fiducia alle Camere sulla nuova maggioranza. Prima di pronunciarsi formalmente, Letta aspetterà le motivazioni della Corte, ma la convinzione è che a questo punto la politica non abbia più giustificazioni per riformare la legge elettorale.
Nella possibilità di discolpare il governo Letta-Alfano in un vuoto che, secondo alcune fonti di maggioranza, è una garanzia sulla vita del governo visto che senza una legge organica non si può tornare al voto.
di Giacomo Palumbo
@palgiac (twitter)
La sentenza è arrivata quasi a sorpresa, al termine di una lunga camera di consiglio che sembrava preannunciare un rinvio al giudizio finale. La Consulta non solo ha giudicato ammissibile il ricorso, ma ne ha pure accolto in pieno le istanze, lasciando il “Porcellum” privo delle sue parti importanti, motivando l'incostituzionalità dei due punti cardine della legge operativa da quasi sette anni, cioè il premio di maggioranza, senza soglia minima di accesso e le liste bloccate.
La legge n. 270 del 21 dicembre 2005 è la legge che ha modificato il sistema elettorale italiano e ha delineato la disciplina attualmente in vigore. È stata formulata principalmente dall'allora Ministro per le Riforme Roberto Calderoli, che tuttavia la definì “una porcata” in un'intervista televisiva, durante il programma Matrix, allora condotto da Enrico Mentana. Per questo venne definita porcellum, termine che ebbe molta fortuna e diffusione, dal politologo Giovanni Sartori.
L'esito della riforma elettorale è per intero nelle mani del Parlamento. Sono protagonisti coloro che sono stati eletti in base al premio maggioritario, dunque ora Cuperlo e i suoi colleghi potrebbero decadere se dovesse realizzarsi l’ipotesi che la sentenza della Consulta delegittima le ultime elezioni dal momento che abolisce il premio di maggioranza.
La distribuzione dei seggi alla Camera dei Deputati secondo i voti ottenuti il 24 febbraio scorso escluso la circoscrizione Estero e la Val d'Aosta e simulazione senza premio di maggioranza è la seguente: Centrosinistra da 340 deputati con il Porcellum diventerebbero 193 senza premio di maggioranza.
Nel centrodestra da 124 deputati con il Porcellum diventerebbero 190 senza premio di maggioranza.
Nel Movimento Cinque Stelle avrebbe la meglio poiché da 108 cittadini a cinque stelle con il Porcellum diventerebbero 165. E infine nelle liste Monti da 45 deputati diventerebbero 69.
Nell’ipotesi si potrebbero far saltare anche tutte le giunte regionali, elette con premio senza soglia minima. Ci penseranno le motivazioni della sentenza della Consulta a toglierli di mezzo. E malgrado ciò il rischio perdura anche perché la Camera dei Deputati ancora non ha solennemente convalidato l’elezione di ben 617 deputati su 630.
In una partita politica che incrocia chiaramente la durata della legislatura.
Nel frattempo, i giudici costituzionali tengono a precisare che “il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte, e nel rispetto dei principi costituzionali”. Questo significa che la maggioranza di centrodestra, autrice della legge di Calderoli, nel 2005 ratificò una riforma in contrasto con la Carta fondamentale, e che qualsiasi intervento politico, d’ora in avanti, non potrà ripresentare normative analoghe a quelle bocciate.
Dario Franceschini, Ministro per i Rapporti con il Parlamento afferma: “Dopo la sentenza della Consulta i tempi sono obbligati, bisogna mettere in atto Due ddl, l’altro per abolire il Senato e ridurre i parlamentari” Due disegni di legge cioè il primo, di modifica costituzionale, per introdurre il monocameralismo e la riduzione dei parlamentari. Il secondo per introdurre una nuova legge elettorale, bipolare, maggioritaria, a doppio turno: di collegio o di coalizione.
Tuttavia la sentenza non avrà valore retroattivo. Ora, dopo la decisione della Consulta il quadro politico sembra destinato a dispiegarsi. E a dissestare anche gli assetti interni di alcuni partiti, Partito democratico al top. Ma qualche cambiamento potrebbe aver luogo pure nel Nuovo centro destra a fronte di Alfano che giudica “ottima” la sentenza e invita a “procedere con urgenza alla riforma”.
Ha detto Angelino Alfano: “Da oggi in poi la nostra squadra gioca con il blu”, presentando a Roma il simbolo del Nuovo Centro Destra: “Il blu dà forza. E' il colore che serve all'Italia”. Ma il blu è anche “il colore del Ppe della famiglia politica che raggruppa i cristiano-democratici e i moderati in Europa.
Quel che è certo è che sulla riforma elettorale si giocherà buona parte della stabilità del governo.
Il patto programmatico su cui il premier, Enrico Letta, dovrà ottenere la fiducia della nuova maggioranza, mercoledì prossimo, sarà incentrato proprio sul capitolo delle riforme “basilari” della legge elettorale.
Per cui sobbalzerà in cima alle priorità del discorso con cui il premier, Enrico Letta, chiederà mercoledì prossimo la fiducia alle Camere sulla nuova maggioranza. Prima di pronunciarsi formalmente, Letta aspetterà le motivazioni della Corte, ma la convinzione è che a questo punto la politica non abbia più giustificazioni per riformare la legge elettorale.
Nella possibilità di discolpare il governo Letta-Alfano in un vuoto che, secondo alcune fonti di maggioranza, è una garanzia sulla vita del governo visto che senza una legge organica non si può tornare al voto.
di Giacomo Palumbo
@palgiac (twitter)
martedì 3 dicembre 2013
V3day, Grillo e M5s a Genova: "Siamo qui a dare l'estrema unzione ai politici".
Beppe Grillo celebra il terzo V-Day del Movimento 5 Stelle nella sua Genova, scatenato e senza freni. Va contro la Corte dei Conti sui rimborsi ai partiti che sembra dargli oggi più forza per scagliare anatemi contro la politica e per rilanciare i temi a lui cari: l'acqua pubblica, l'energia pulita, il lavoro, il reddito di cittadinanza, l'uscita dall'euro. "I politici devono rendere 2,7 miliardi di finanziamenti pubblici presi, urla a gran voce dal palco di Piazza della Vittoria. "Curioso che la Corte ci abbia messo venti anni a scoprire che sono incostituzionali come dicevamo noi. E' una truffa fatta cambiando le parole, da finanziamento pubblico a rimborso. Ora devono rendere quei miliardi alle famiglie e alle imprese".
L'affondo in fase centrale è contro i politici e i partiti che sono "vigliacchi ai quali daremo l'estrema unzione", poi l'uscita contro Giorgio Napolitano per il quale "chiederemo l'impeachment".
L'annuncio, che "in Europa vinceremo e saremo il primo movimento", salvo poi annunciare un referendum sull'euro.
Ce n'è anche per, come lo chiama lui, "Capitan Findus-Letta che sta portando la nave contro gli scogli e intanto ha fatto un tweet dicendo che ha risolto il problema dei rimborsi, dice Grillo. Voglio vedere ora se Equitalia gli va a chiedere quei soldi" dice Grillo, che poi alza la mira fino al presidente Napolitano: "E' pronto l'impeachment per Napolitano. Rimarrai da solo, la tradirai da solo l'Italia, dobbiamo rifare il Paese".
"ci saranno passaggi formali in Parlamento per la messa in stato di accusa di questo signore, sicuramente non lo voteranno, lo bocceranno ma noi lo presenteremo, perché ha una valenza politica per noi: vogliamo mandarlo via". Il V-Day, durante il quale Grillo solo una volta pronuncia il "vaffa...", è anche il primo passo verso le elezioni europee per le quali il leader del M5S annuncia "un programma in sette punti per vincere" e diventare "il primo movimento in Europa".
I 7 punti della modesta proposta di Beppe Grillo:
- Referendum per la permanenza nell'euro
- Abolizione del Fiscal Compact
- Adozione degli Eurobond
- Alleanza tra i Paesi mediterranei per una politica comune finalizzata eventualmente all'adozione di un Euro 2
- Investimenti in innovazione e nuove attività produttive esclusi dal limite del 3% annuo di deficit di bilancio
- Finanziamenti per attività agricole finalizzate ai consumi nazionali interni
- Abolizione del pareggio di bilancio.
Interviene al V-Day di Genova, anche il guru del Movimento 5 Stelle Gianroberto Casaleggio che ha detto di essere orgoglioso di essere un populista, come del resto anche Beppe Grillo, e ha accusato l’Italia di essere un Paese senza democrazia.
“Sono orgoglioso di essere un populista e di essere insieme a decine di migliaia di populisti, il potere deve tornare al popolo“, ha dichiarato Casaleggio dal palco del Vaffa Day. “Le persone nelle istituzioni devono servire il popolo, non possono essere sopra la volontà popolare, ha continuato. Stiamo cercando di introdurre nuovi strumenti di democrazia diretta, in Italia oggi non c’è neppure la democrazia“, ha affermato Casaleggio.
“La democrazia in questo Paese è inesistente, viviamo in un Paese in cui i referendum non vengono accolti, vengono deviati, il loro significato viene annullato, abbiamo delle leggi popolari che non vengono discusse in parlamento, non possiamo decidere i nostri deputati e senatori”, ha spiegato Casaleggio. “La partitocrazia deve finire con i nuovi strumenti di partecipazione popolare, servono referendum non solo abrogativi ma anche propositivi, dobbiamo avere la possibilità di discutere le nostre leggi, di discuterle con i nostri parlamentari che mandiamo in Parlamento non con i segretari dei partiti”, ha detto ancora il leader del M5S, che ha concluso il suo discorso “con una frase di Marco Aurelio: ciò che non è utile per l’alveare non lo è neppure per l’ape, noi dobbiamo ricostruire il senso di comunità in Italia, se no non ne veniamo fuori, in alto i cuori!”.
Grillo: citando l'ex presidente Sandro Pertini, "Pertini da Genova tuonò contro il governo Tambroni" deve partire una rivoluzione culturale e politica. Qui a Genova abbiamo inventato tutto. Non è più un sogno, siamo oltre. Dobbiamo andare a scoprire un mondo che c'è già,un mondo diverso fatto di solidarietà. Abbiamo otto milioni di poveri. Dobbiamo fare pulizia, dobbiamo mandare a casa i politici". Alla piazza rinnova la proposta di un referendum sull'euro perchè "i Paesi che sono fuori vanno abbastanza bene e non sono a rischio default", ne chiede uno anche contro le Regioni, poi ha un pensiero per i suoi eletti in Parlamento e al Senato, capaci di "rompere la falsa sacralità del Parlamento": "li ringrazio per tutto quello che fanno, ormai mi hanno superato. Io non ho più l'età. Abbiamo mandato in Parlamento donne senza silicone o culi di plastica, donne che sanno cosa vuol dire lavorare".
martedì 26 novembre 2013
Napolitano: “No alla Grazia per Berlusconi Letta vada avanti”.
Le parole “golpe” e “colpo di Stato”, unite a quel “mi dia la grazia”, pronunciate l’altro ieri dal condannato in via definitiva Silvio Berlusconi non sono proprio piaciute al capo dello Stato.
Berlusconi è stato condannato per la frode fiscale da 7,3 milioni di euro commessa nel 2002 e nel 2003 attraverso irregolarità nella compravendita dei diritti tv Mediaset.
Con questa accusa Silvio Berlusconi lo scorso agosto è stato condannato irrevocabilmente a quattro anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto, e poco più di un mese fa si è visto applicato due anni di interdizione dai pubblici uffici dalla Corte d’appello di Milano.
E poiché la pena al “netto” da scontare è di un solo anno, l’ex premier, anche per aver superato i 70 anni, non finirà in carcere. Invece per lui ci saranno, probabilmente, poco più di dieci mesi di affidamento in prova ai servizi sociali.
“Gravissime le sue parole non ci sono le condizioni” per un provvedimento di clemenza come la grazia e per altro “Silvio Berlusconi moderi le sue parole ed eviti giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni”.
Giorgio Napolitano tramite un comunicato stampa dal Quirinale espone la sua posizione, riconducendo all’ordine l’ex premier e sgombrando ancora una volta il campo da congetture e speculazioni su un suo intervento a favore del Cavaliere che si discosti da quanto sancito ufficialmente già lo scorso 13 agosto 2013.
Immediate le reazioni dei fedelissimi di Berlusconi. Ha aperto il fuoco sulle dichiarazioni Maurizio Gasparri che si dice “sbigottito” dalla posizione del Quirinale. Segue Renato Brunetta che definisce Giorgio Napolitano “uomo di parte” rappresentando la “sconfitta” di tutta Forza Italia per le parole del presidente.
E addirittura i fedelissimi del padrone di Arcore ricordano al Colle gli articoli 17 e 21 della Costituzione, sulla libertà di manifestazione e di espressione.
Niente grazia, quindi. E non poteva essere diversamente, dal punto di vista del Colle, visto che Berlusconi non solo non ha seguito le indicazioni suggerite dal Quirinale sin dallo scorso agosto, ma se ne è allontanato sempre più fino ad arrivare ad citare un “colpo di Stato” nei suoi confronti.
Così Angelino Alfano marca largo il suo vecchio leader e ormai, con le decisioni prese, divide Forza Italia dal Nuovo Centrodestra, annunciando che non parteciperà giorno 27 novembre alla manifestazione organizzata da Silvio Berlusconi contro la sua decadenza da senatore.
“Abbiamo fatto una scelta differente guardando al futuro e all’Italia”, scandisce il vicepremier, ospite di Massimo Giletti a L’Arena. “Abbiamo fatto un movimento politico che guarda al futuro e quindi non siamo stati coinvolti”, sottolinea. Parole che scatenano l’ira di quanti sono rimasti al fianco del Presidente di Forza Italia, che accusano l’ex segretario di pensare solo ai seggi.
L’ex delfino di Berlusconi si schiera a fianco del Cavaliere solo nel criticare l’applicazione retroattiva della legge Severino e nel sostenere che l’ex premier “meriterebbe la grazia”. Si tiene però alla larga dalle polemiche con il Quirinale, precisando di non voler entrare nel merito delle procedure su come debba essere concesso il provvedimento di clemenza. Ben più dirimente appare la diversità di vedute sulle conseguenze che il voto del 27 dovrebbe avere sul governo. “Noi riteniamo che a seguito della decadenza non si possa lasciare il Paese di fronte a una crisi al buio, sfasciando tutto”, afferma Alfano.
Mentre un “ piccolo passo avanti” della politica italiana si sta facendo con il governo Letta che sta puntando sulla riduzione del debito con la dismissione parziale di otto società pubbliche. Tuttavia sono ancora molti i nodi da smontare nel piano di dismissioni da dodici miliardi annunciato dal governo. Per alcune operazioni è chiara la modalità, ma sono lunghi i tempi, per altre si deve ancora decidere, tenendo conto di diverse esigenze. Saranno interessate a vario titolo: Eni, Stm e Enav per le partecipazioni dirette e Sace, Fincantieri, Cassa depositi e prestiti di Reti, Tag (Trans Austria Gasleitung gestisce il trasporto di gas nel tratto austriaco del gasdotto Russia-Italia) e Grandi Stazioni (Fs) per quelle indirette.
Una mossa che vale fra i dieci e i dodici miliardi di euro fra le quali appare la cessione del 3% dell’Eni, che da sola porterà due miliardi nelle casse dello Stato, il cui controllo, chiarisce il premier Enrico Letta, rimarrà ciononostante ben saldo nelle mani dello Stato.
L’operazione più chiara è con assurdità quella che richiede tempi più lunghi: per procedere alla cessione di una tranche Eni del 3% bisognerà convocare un consiglio di amministrazione che deliberi modalità, prezzo e durata del buyback o meglio il riacquisto di azioni proprie per azzerare il valore delle azioni ricomprate. Solo dopo il novembre 2014 la quota potrà andare sul mercato.
L'Eni è il Core business nel petrolio e nel gas: è la prima azienda italiana per capitalizzazione a Piazza Affari, 66,4 miliardi a fine 2012. Un gigante dell’Energia con un fatturato oltre i centoventisette miliardi, presente in novanta Paesi, con 78mila dipendenti.
L’annuncio del presidente del Consiglio, più che a imprimere sul debito italiano da oltre duemila miliardi di euro, si propone davanti all’Europa in una posizione di maggiore fermezza per cercare di richiedere la clausola sulla flessibilità degli investimenti respinta nei giorni scorsi dall’Unione Europea.
Di Giacomo Palumbo
@palgiac
Berlusconi è stato condannato per la frode fiscale da 7,3 milioni di euro commessa nel 2002 e nel 2003 attraverso irregolarità nella compravendita dei diritti tv Mediaset.
Con questa accusa Silvio Berlusconi lo scorso agosto è stato condannato irrevocabilmente a quattro anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto, e poco più di un mese fa si è visto applicato due anni di interdizione dai pubblici uffici dalla Corte d’appello di Milano.
E poiché la pena al “netto” da scontare è di un solo anno, l’ex premier, anche per aver superato i 70 anni, non finirà in carcere. Invece per lui ci saranno, probabilmente, poco più di dieci mesi di affidamento in prova ai servizi sociali.
“Gravissime le sue parole non ci sono le condizioni” per un provvedimento di clemenza come la grazia e per altro “Silvio Berlusconi moderi le sue parole ed eviti giudizi e propositi di estrema gravità, privi di ogni misura nei contenuti e nei toni”.
Giorgio Napolitano tramite un comunicato stampa dal Quirinale espone la sua posizione, riconducendo all’ordine l’ex premier e sgombrando ancora una volta il campo da congetture e speculazioni su un suo intervento a favore del Cavaliere che si discosti da quanto sancito ufficialmente già lo scorso 13 agosto 2013.
Immediate le reazioni dei fedelissimi di Berlusconi. Ha aperto il fuoco sulle dichiarazioni Maurizio Gasparri che si dice “sbigottito” dalla posizione del Quirinale. Segue Renato Brunetta che definisce Giorgio Napolitano “uomo di parte” rappresentando la “sconfitta” di tutta Forza Italia per le parole del presidente.
E addirittura i fedelissimi del padrone di Arcore ricordano al Colle gli articoli 17 e 21 della Costituzione, sulla libertà di manifestazione e di espressione.
Niente grazia, quindi. E non poteva essere diversamente, dal punto di vista del Colle, visto che Berlusconi non solo non ha seguito le indicazioni suggerite dal Quirinale sin dallo scorso agosto, ma se ne è allontanato sempre più fino ad arrivare ad citare un “colpo di Stato” nei suoi confronti.
Così Angelino Alfano marca largo il suo vecchio leader e ormai, con le decisioni prese, divide Forza Italia dal Nuovo Centrodestra, annunciando che non parteciperà giorno 27 novembre alla manifestazione organizzata da Silvio Berlusconi contro la sua decadenza da senatore.
“Abbiamo fatto una scelta differente guardando al futuro e all’Italia”, scandisce il vicepremier, ospite di Massimo Giletti a L’Arena. “Abbiamo fatto un movimento politico che guarda al futuro e quindi non siamo stati coinvolti”, sottolinea. Parole che scatenano l’ira di quanti sono rimasti al fianco del Presidente di Forza Italia, che accusano l’ex segretario di pensare solo ai seggi.
L’ex delfino di Berlusconi si schiera a fianco del Cavaliere solo nel criticare l’applicazione retroattiva della legge Severino e nel sostenere che l’ex premier “meriterebbe la grazia”. Si tiene però alla larga dalle polemiche con il Quirinale, precisando di non voler entrare nel merito delle procedure su come debba essere concesso il provvedimento di clemenza. Ben più dirimente appare la diversità di vedute sulle conseguenze che il voto del 27 dovrebbe avere sul governo. “Noi riteniamo che a seguito della decadenza non si possa lasciare il Paese di fronte a una crisi al buio, sfasciando tutto”, afferma Alfano.
Mentre un “ piccolo passo avanti” della politica italiana si sta facendo con il governo Letta che sta puntando sulla riduzione del debito con la dismissione parziale di otto società pubbliche. Tuttavia sono ancora molti i nodi da smontare nel piano di dismissioni da dodici miliardi annunciato dal governo. Per alcune operazioni è chiara la modalità, ma sono lunghi i tempi, per altre si deve ancora decidere, tenendo conto di diverse esigenze. Saranno interessate a vario titolo: Eni, Stm e Enav per le partecipazioni dirette e Sace, Fincantieri, Cassa depositi e prestiti di Reti, Tag (Trans Austria Gasleitung gestisce il trasporto di gas nel tratto austriaco del gasdotto Russia-Italia) e Grandi Stazioni (Fs) per quelle indirette.
Una mossa che vale fra i dieci e i dodici miliardi di euro fra le quali appare la cessione del 3% dell’Eni, che da sola porterà due miliardi nelle casse dello Stato, il cui controllo, chiarisce il premier Enrico Letta, rimarrà ciononostante ben saldo nelle mani dello Stato.
L’operazione più chiara è con assurdità quella che richiede tempi più lunghi: per procedere alla cessione di una tranche Eni del 3% bisognerà convocare un consiglio di amministrazione che deliberi modalità, prezzo e durata del buyback o meglio il riacquisto di azioni proprie per azzerare il valore delle azioni ricomprate. Solo dopo il novembre 2014 la quota potrà andare sul mercato.
L'Eni è il Core business nel petrolio e nel gas: è la prima azienda italiana per capitalizzazione a Piazza Affari, 66,4 miliardi a fine 2012. Un gigante dell’Energia con un fatturato oltre i centoventisette miliardi, presente in novanta Paesi, con 78mila dipendenti.
L’annuncio del presidente del Consiglio, più che a imprimere sul debito italiano da oltre duemila miliardi di euro, si propone davanti all’Europa in una posizione di maggiore fermezza per cercare di richiedere la clausola sulla flessibilità degli investimenti respinta nei giorni scorsi dall’Unione Europea.
Di Giacomo Palumbo
@palgiac
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mercoledì 20 novembre 2013
L'opinione dell'Europa sulla Legge di Stabilità
Ripartiamo dall'analisi dei conti pubblici, a giudizio quasi “informale” riguardo la Legge di stabilità, la Commissione Ue mette l’Italia nel gruppo dei Paesi a più alto rischio di sforamento dei parametri. Da Bruxelles c'è l'ennesima bocciatura della manovra del governo Letta. Bruxelles, che ha già richiamato l’Italia sul debito l'anno scorso, si limita a segnalare che non è convinta dal percorso di risanamento strutturale, cioè da quello che conduce al pareggio di bilancio e quindi alla riduzione del debito.
"L'Italia deve continuare a fare sufficienti progressi verso l'obiettivo di medio-termine (rapporto deficit-Pil allo 0,5%,) anche nel 2014, assicurando un aggiustamento strutturale di almeno 0,5 punti percentuali del Pil". Lo chiede la Commissione europea al punto 12 della sua opinione sulla bozza di legge di stabilità dell'Italia pubblicata il 15 novembre a Bruxelles.
Questo fatto fa saltare il “famoso” bonus di tre miliardi. Il parere della Commissione europea sulla legge di stabilità gela le aspettative del governo, che contava sui tre miliardi di investimenti, e provoca la dura reazione del premier e del suo governo. Così Letta non ci sta e replica alla Commissione: “I conti sono giusti, di soli tagli e austerità si muore”. Per questo non ci può essere il via libera alla flessibilità su nuova spesa, nemmeno quella cofinanziata dalla Ue.
A destra come a sinistra, nel “partito unico”, questa manovra vogliono cambiarla, “rovinarla”, e quelli che giudicano masochista la linea di austerità imposta dal Nord dell’Europa ai Paesi meridionali con deficit e debiti eccessivi sono in molti, ed ecco il controsenso. A dire del “partitone” la Legge di stabilità non va riarticolata e riscritta, né servono nuove manovre. Dunque la bozza presentata dal governo, secondo Bruxelles, mette l’Italia a rischio di oltrepassare le misure di legge prese sul deficit e sul debito già significativamente alto.
Noi, come tutti gli altri stati europei, abbiamo ceduto quote di sovranità fiscale, è inutile sorprendersi e irritarsi. Abbiamo noi la forza e la credibilità necessarie per poter insorgere? Credo di no. Nemmeno possiamo ammettere di uscire settariamente dall’euro. Dunque, tanto vale provare a fare quelle riforme strutturali che l’Europa ci chiede, e che in tutti i casi sarebbe nostro interesse fare.
La revisione della spesa = spending review cioè 32 mld di risparmi in 3 anni, risparmi per due punti di Pil in tre anni, mobilità per gli statali, premi agli enti che collaboreranno nei tagli è un progetto pretenzioso ma non irrealizzabile.
Il premier Enrico Letta assicura: niente tagli “con la falce” ma “solo dove sono necessari”.
E sul debito Letta dice: “Sono sicuro che ridurremo il debito il prossimo anno, per la prima volta dopo cinque anni”. L’obiettivo, rispetto ai circa 10 miliardi di tagli indicati nella Legge di stabilità, viene in pratica triplicato.
E l’aspettativa è quella di raggiungere qualche risultato già all’inizio del 2014, anche se il grosso dei provvedimenti arriverà dopo la primavera del prossimo anno.
Di Giacomo Palumbo
"L'Italia deve continuare a fare sufficienti progressi verso l'obiettivo di medio-termine (rapporto deficit-Pil allo 0,5%,) anche nel 2014, assicurando un aggiustamento strutturale di almeno 0,5 punti percentuali del Pil". Lo chiede la Commissione europea al punto 12 della sua opinione sulla bozza di legge di stabilità dell'Italia pubblicata il 15 novembre a Bruxelles.
Questo fatto fa saltare il “famoso” bonus di tre miliardi. Il parere della Commissione europea sulla legge di stabilità gela le aspettative del governo, che contava sui tre miliardi di investimenti, e provoca la dura reazione del premier e del suo governo. Così Letta non ci sta e replica alla Commissione: “I conti sono giusti, di soli tagli e austerità si muore”. Per questo non ci può essere il via libera alla flessibilità su nuova spesa, nemmeno quella cofinanziata dalla Ue.
A destra come a sinistra, nel “partito unico”, questa manovra vogliono cambiarla, “rovinarla”, e quelli che giudicano masochista la linea di austerità imposta dal Nord dell’Europa ai Paesi meridionali con deficit e debiti eccessivi sono in molti, ed ecco il controsenso. A dire del “partitone” la Legge di stabilità non va riarticolata e riscritta, né servono nuove manovre. Dunque la bozza presentata dal governo, secondo Bruxelles, mette l’Italia a rischio di oltrepassare le misure di legge prese sul deficit e sul debito già significativamente alto.
Noi, come tutti gli altri stati europei, abbiamo ceduto quote di sovranità fiscale, è inutile sorprendersi e irritarsi. Abbiamo noi la forza e la credibilità necessarie per poter insorgere? Credo di no. Nemmeno possiamo ammettere di uscire settariamente dall’euro. Dunque, tanto vale provare a fare quelle riforme strutturali che l’Europa ci chiede, e che in tutti i casi sarebbe nostro interesse fare.
La revisione della spesa = spending review cioè 32 mld di risparmi in 3 anni, risparmi per due punti di Pil in tre anni, mobilità per gli statali, premi agli enti che collaboreranno nei tagli è un progetto pretenzioso ma non irrealizzabile.
Il premier Enrico Letta assicura: niente tagli “con la falce” ma “solo dove sono necessari”.
E sul debito Letta dice: “Sono sicuro che ridurremo il debito il prossimo anno, per la prima volta dopo cinque anni”. L’obiettivo, rispetto ai circa 10 miliardi di tagli indicati nella Legge di stabilità, viene in pratica triplicato.
E l’aspettativa è quella di raggiungere qualche risultato già all’inizio del 2014, anche se il grosso dei provvedimenti arriverà dopo la primavera del prossimo anno.
Di Giacomo Palumbo
venerdì 15 novembre 2013
Nessuno mi può giudicare nemmeno tu!
Per uscire dal forte “scompenso di liquidità sul mercato” = Crisi, non esiste un antidoto, quindi se si vuole stabilire l’operato del governo occorrerà farlo dandogli ancora un po’ di tempo? Quello necessario per completare il percorso avviato? Quantomeno fino alla fine del prossimo 2014, quando saranno manifestate con cura anche gran parte degli effetti della Legge di stabilità. Così dicono dai palazzi.
Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, garantisce così che onorerà gli impegni presi ma, di fronte a incredulità e disapprovazione, prima tra tutte quella dei sindacati, chiede apertamente in tv “di essere giudicato alla fine del 2014”. Gli investitori esteri ricominciano ad acquistare i titoli di Stato italiani e, anche se sul fronte dell’economia reale e dell’occupazione i numeri fanno ancora soffrire, solo il presidente del Consiglio ci crede e invita a crederci.
E mentre il vicepremier Angelino Alfano invita a non passare i limiti nelle richieste di modifica, sia da parte del suo partito che del Partito democratico, Silvio Berlusconi parla di una legge che “va cambiata profondamente” perché “serve uno choc positivo, una frustata che ci aiutasse a cogliere la ripresa”.
La strategia del premier per affrontare quella che ancora una volta viene descritta come la peggiore crisi del dopoguerra è quella del “step by step”. Per arrivare al traguardo dunque bisogna sopportare le varie ingiustizie sociali, lavorative, di esclusione e continuare sulla strada intrapresa?
Il Pd come il M5s pensano ad una limitazione dei sacrifici andando a toccare le pensioni d’oro, ma proprio lì, ha ricordato lo stesso Enrico Letta, esiste un limite imposto dalla Corte costituzione di cui senza ombra di dubbio bisognerà tenere conto. Come si raggirano le ingiustizie sociali? Con l'approvazione forzata e con meccanismi contorti delle autorità istituzionali.
“L’importante ora”, come spiega anche il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, “è mantenere i nervi saldi” e “portare a casa” il risultato della legge di stabilità “che non è il vangelo” dice, al di là del destino, della decadenza, di Silvio Berlusconi.
Si pensa tanto alla legge di stabilità che si è lasciata l'Italia, quella dei giovani, in ultima fila senza risolvere il problema della disoccupazione. Cioè l’incubo di sei milioni di giovani europei. “Ma anche il grande tema europeo”.
La disoccupazione è alta, anzi altissima, al 12,2%, di nuovo al primo posto dal 1977; a livelli da record storico per quella giovanile, 15/24 anni, che per la prima volta sfonda anche la soglia del 40%, balzando al 40,1% ad agosto, dal 39,7% di luglio cioè sono 667 mila gli under 25 in cerca di lavoro, pari all’11,1% dei ragazzi nella stessa fascia d’età. Così che il numero dei disoccupati continua infatti a crescere e arriva così sui valori massimi, superando i 3 milioni 127 mila.
Il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ha invitato gli Stati membri a indirizzare i loro piani di azione sulla “garanzia giovani”, e in particolare ha “auspicato iniziative suscettibili di avere efficacia immediata”. Dal vertice di Parigi non si erano prefissati di aggiungere nuove iniziative ma di fare il punto ed accertarsi che tutti gli Stati membri stessero mettendo in pratica le decisioni assunte a Berlino.
Tra gli strumenti più importanti, Francois Hollande e Angela Merkel hanno confermato “l’impegno” a garantire che dal primo gennaio 2014, in quei Paesi che hanno presentato il piano garanzia giovani, per ogni under 25 sia trovata una soluzione di avviamento all’impiego o una formazione a quattro mesi dal termine degli studi. La Merkel ha confermato che “faremo tutto quello che è in nostro potere per rafforzare l’Europa, e a cent’anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale diciamo sì all’Europa, perché è l’unica garanzia che questi drammi non si ripetano”.
Così debito troppo elevato, povertà e disoccupazione che crescono, export che soffre e competitività quasi ai minimi: sono questi gli squilibri che hanno spinto la Commissione Ue ad aprire per la seconda volta un’analisi approfondita sull’economia italiana per evitare che la situazione precipiti e rimetta a rischio la tenuta delle finanze pubbliche.
L’Italia era già stata esaminata una volta nel 2012, per le stesse ragioni, e lo scorso aprile l’Ue aveva chiesto al governo un intervento incisivo per rimediare. E l’azione non è stata efficace: la disoccupazione continua a salire e quella giovanile è ancora alta, la povertà e l'esclusione sociale sono aumentate in modo eloquente.
“Non si può continuare a pretendere dalla famiglia senza garantirle gli strumenti per andare avanti. Dunque ora o mai più bisognerà scommettere sulle famiglie”. Lo afferma il Forum delle associazioni familiari a proposito delle votazioni, in commissione Bilancio al Senato, degli modifiche presentati alla Legge di stabilità. “Sappiamo bene”, dice Francesco Belletti, presidente del Forum, “che non sarà possibile nella situazione complessiva introdurre tutte le novità che sarebbero necessarie”. “Ma sono irrinunciabili detrazioni per le tasse comunali, Tari, Tasi, Trise e non facoltative ma obbligatorie e calcolate in base ai carichi familiari e alle situazioni di disagio”.
“Sempre che i Comuni potranno fissarne importi e modalità con una soglia minima corrispondente alle detrazioni previste per l’Imu, e interventi mirati sul cuneo fiscale che concentrino i benefici a favore dei lavoratori con redditi bassi e con carichi familiari”.
Mentre il ministro del Tesoro Saccomanni rassicura che il debito italiano è elevato per colpa delle recessione e dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione non per politiche devianti dalle norme europee.
Insieme all’Italia, l’esame parte per la prima volta anche sulla Germania, perché per Bruxelles il suo surplus commerciale rende difficile il tentativo di risollevarsi dei Paesi periferici della zona euro.
Bruxelles ritorna sulle difficoltà italiane perché così è previsto dal “semestre europeo”, cioè il percorso di controllo delle economie Europee influenti pensato per individuare gli squilibri, segnalarli ai governi e affrontarli prima che diventino gravi.
Bruxelles vede pochi progressi anche su riduzione della burocrazia, efficienza del sistema giudiziario, utilizzo dei fondi Ue, sostegno e defiscalizzazione alle imprese. Né va bene l’azione sul fronte delle liberalizzazioni dei servizi per esempio, i prezzi dell’energia si mantengono alti, e infine rimane una sfida, la più decisiva, la modernizzazione delle infrastrutture.
Si risolleverà mai questo nostro caro Paese?
Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, garantisce così che onorerà gli impegni presi ma, di fronte a incredulità e disapprovazione, prima tra tutte quella dei sindacati, chiede apertamente in tv “di essere giudicato alla fine del 2014”. Gli investitori esteri ricominciano ad acquistare i titoli di Stato italiani e, anche se sul fronte dell’economia reale e dell’occupazione i numeri fanno ancora soffrire, solo il presidente del Consiglio ci crede e invita a crederci.
E mentre il vicepremier Angelino Alfano invita a non passare i limiti nelle richieste di modifica, sia da parte del suo partito che del Partito democratico, Silvio Berlusconi parla di una legge che “va cambiata profondamente” perché “serve uno choc positivo, una frustata che ci aiutasse a cogliere la ripresa”.
La strategia del premier per affrontare quella che ancora una volta viene descritta come la peggiore crisi del dopoguerra è quella del “step by step”. Per arrivare al traguardo dunque bisogna sopportare le varie ingiustizie sociali, lavorative, di esclusione e continuare sulla strada intrapresa?
Il Pd come il M5s pensano ad una limitazione dei sacrifici andando a toccare le pensioni d’oro, ma proprio lì, ha ricordato lo stesso Enrico Letta, esiste un limite imposto dalla Corte costituzione di cui senza ombra di dubbio bisognerà tenere conto. Come si raggirano le ingiustizie sociali? Con l'approvazione forzata e con meccanismi contorti delle autorità istituzionali.
“L’importante ora”, come spiega anche il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, “è mantenere i nervi saldi” e “portare a casa” il risultato della legge di stabilità “che non è il vangelo” dice, al di là del destino, della decadenza, di Silvio Berlusconi.
Si pensa tanto alla legge di stabilità che si è lasciata l'Italia, quella dei giovani, in ultima fila senza risolvere il problema della disoccupazione. Cioè l’incubo di sei milioni di giovani europei. “Ma anche il grande tema europeo”.
La disoccupazione è alta, anzi altissima, al 12,2%, di nuovo al primo posto dal 1977; a livelli da record storico per quella giovanile, 15/24 anni, che per la prima volta sfonda anche la soglia del 40%, balzando al 40,1% ad agosto, dal 39,7% di luglio cioè sono 667 mila gli under 25 in cerca di lavoro, pari all’11,1% dei ragazzi nella stessa fascia d’età. Così che il numero dei disoccupati continua infatti a crescere e arriva così sui valori massimi, superando i 3 milioni 127 mila.
Il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ha invitato gli Stati membri a indirizzare i loro piani di azione sulla “garanzia giovani”, e in particolare ha “auspicato iniziative suscettibili di avere efficacia immediata”. Dal vertice di Parigi non si erano prefissati di aggiungere nuove iniziative ma di fare il punto ed accertarsi che tutti gli Stati membri stessero mettendo in pratica le decisioni assunte a Berlino.
Tra gli strumenti più importanti, Francois Hollande e Angela Merkel hanno confermato “l’impegno” a garantire che dal primo gennaio 2014, in quei Paesi che hanno presentato il piano garanzia giovani, per ogni under 25 sia trovata una soluzione di avviamento all’impiego o una formazione a quattro mesi dal termine degli studi. La Merkel ha confermato che “faremo tutto quello che è in nostro potere per rafforzare l’Europa, e a cent’anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale diciamo sì all’Europa, perché è l’unica garanzia che questi drammi non si ripetano”.
Così debito troppo elevato, povertà e disoccupazione che crescono, export che soffre e competitività quasi ai minimi: sono questi gli squilibri che hanno spinto la Commissione Ue ad aprire per la seconda volta un’analisi approfondita sull’economia italiana per evitare che la situazione precipiti e rimetta a rischio la tenuta delle finanze pubbliche.
L’Italia era già stata esaminata una volta nel 2012, per le stesse ragioni, e lo scorso aprile l’Ue aveva chiesto al governo un intervento incisivo per rimediare. E l’azione non è stata efficace: la disoccupazione continua a salire e quella giovanile è ancora alta, la povertà e l'esclusione sociale sono aumentate in modo eloquente.
“Non si può continuare a pretendere dalla famiglia senza garantirle gli strumenti per andare avanti. Dunque ora o mai più bisognerà scommettere sulle famiglie”. Lo afferma il Forum delle associazioni familiari a proposito delle votazioni, in commissione Bilancio al Senato, degli modifiche presentati alla Legge di stabilità. “Sappiamo bene”, dice Francesco Belletti, presidente del Forum, “che non sarà possibile nella situazione complessiva introdurre tutte le novità che sarebbero necessarie”. “Ma sono irrinunciabili detrazioni per le tasse comunali, Tari, Tasi, Trise e non facoltative ma obbligatorie e calcolate in base ai carichi familiari e alle situazioni di disagio”.
“Sempre che i Comuni potranno fissarne importi e modalità con una soglia minima corrispondente alle detrazioni previste per l’Imu, e interventi mirati sul cuneo fiscale che concentrino i benefici a favore dei lavoratori con redditi bassi e con carichi familiari”.
Mentre il ministro del Tesoro Saccomanni rassicura che il debito italiano è elevato per colpa delle recessione e dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione non per politiche devianti dalle norme europee.
Insieme all’Italia, l’esame parte per la prima volta anche sulla Germania, perché per Bruxelles il suo surplus commerciale rende difficile il tentativo di risollevarsi dei Paesi periferici della zona euro.
Bruxelles ritorna sulle difficoltà italiane perché così è previsto dal “semestre europeo”, cioè il percorso di controllo delle economie Europee influenti pensato per individuare gli squilibri, segnalarli ai governi e affrontarli prima che diventino gravi.
Bruxelles vede pochi progressi anche su riduzione della burocrazia, efficienza del sistema giudiziario, utilizzo dei fondi Ue, sostegno e defiscalizzazione alle imprese. Né va bene l’azione sul fronte delle liberalizzazioni dei servizi per esempio, i prezzi dell’energia si mantengono alti, e infine rimane una sfida, la più decisiva, la modernizzazione delle infrastrutture.
Si risolleverà mai questo nostro caro Paese?
lunedì 11 novembre 2013
L'Europa taglia i tassi e il governo taglia l'IMU
La Banca centrale europea taglia i tassi di interesse ad un nuovo minimo storico dello 0,25% dallo 0,50% e il presidente Mario Draghi non esclude ulteriori tagli nei prossimi mesi per “sostenere una crescita moderata” nell’Eurozona, con un’inflazione in salita che può trasformarsi nella temuta deflazione.
Il nuovo taglio dei tassi Bce è letto dagli investitori come il segnale di una economia europea che resterà debole per molto tempo e così le piazze del Vecchio Continente, dopo una breve accoglienza favorevole, hanno invertito la rotta chiudendo in negativo.
Enrico Letta è voluto intervenire per i dubbi sollevati da diversi quotidiani dicendo: “è una grande notizia, una dimostrazione che la Bce ha a cuore le sorti della crescita e della competitività dell’Unione europea”. Questa frase del presidente del Consiglio, Enrico Letta, basterebbe a commentare la mossa a sorpresa da parte di Mario Draghi, di tagliare i tassi di Eurolandia al minimo storico. Ma le Borse non festeggiano. Soprattutto Piazza Affari che, dopo una fiammata iniziale, si è sgonfiata al punto da chiudere con un calo del 2,07%.
Gli investitori temono che la scelta dell’Eurotower favorisca più che altro le imprese tedesche e non dia vero impulso all’economia delle zone periferiche, proprio quelle che versano in maggiore difficoltà. E, infatti, la Borsa di Francoforte è l’unica ad aver chiuso in rialzo.
Sul fronte della politica italiana Letta al termine del Consiglio dei ministri, ha voluto intervenire sui dubbi e dai falchi del Pdl, a seguito di una frase, per altro chiara, del ministro Fabrizio Saccomanni: “Non sarà facile evitare la seconda rata dell’Imu, ma si può fare”. La decisione che nel 2013 la prima e la seconda rata non sarà pagata è una decisione già assunta e non si torna indietro e ha detto che la copertura su questo tema è non semplice.
Il 16 dicembre 2013 tutti gli italiani, sia quanti abitano nei quartieri alti sia quelli che vivono nelle frazioni, non pagheranno la seconda rata Imu sulla prima casa.
Nelle tasche degli italiani rimarranno circa due miliardi di euro.
E' stato il premier Enrico Letta a dirlo, il quale ha confermato che la scelta politica era stata già presa e non c’era motivo di metterla in dubbio e rimangono da definire le coperture finanziarie.
Sul piano politico l’annuncio non ha placato i falchi del Pdl come Brunetta o la Carfagna, che hanno rilanciato e attaccato il ministro, mentre c’è anche Scelta Civica che fa sentire il proprio dissapore per le coperture ipotizzate dal governo.
In ogni caso la seconda rata dell’Imu rimarrà per un gran numero di contribuenti e possessori di case di lusso e di pregio: per chi possiede ville, o addirittura castelli. Di certo i proprietari di abitazioni di lusso accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9, anche se si tratta di prima casa e in questo caso dovranno pagare l’Imu, ma con l’aliquota ridotta.
Bisognerà fare attenzione alle scelte dei comuni, invece, nel caso di abitazioni detenute da residenti all’estero iscritti all’Aire, alle case date in comodato ad un figlio o a un genitore, agli immobili posseduti da anziani in casa di riposo. In questo caso il Comune può decidere di equipararle alle prime case e quindi di esentarle dall’ultima rata dell’Imu.
Secondo il Pdl la Tasi dovrebbe essere calcolata in base all’effettiva produzione di rifiuti e non sui metri quadri. Dopo l’aumento degli ultimi anni della tariffa, si punterebbe ad imporre ai Comuni di non superare nel 2014 il livello del 2013, con una diminuzione del 10% a partire dall’anno successivo. L’idea del Pd è invece quella di introdurre delle detrazioni simili a quelle per l’Imu: 200 euro e 50 euro per ogni figlio.
Entrambi i partiti della maggioranza sono favorevoli a restringere la platea per aumentare lo sgravio.
Il Pd vorrebbe introdurre la soglia di 28.000 euro concedendo in un’unica erogazione circa 200 euro. Per gli anni a seguire si punta ad introdurre un “vincolo di destinazione” alle risorse ritrovate dall’evasione fiscale e dal rientro dei capitali dall’estero, rendendo lo sgravio più significativo.
Il Pdl punta invece a trasferire l’onere per la riduzione generalizzata del cuneo alla detassazione dei salari di produttività.
Sul piano delle vicende politiche a distanza di un anno dal primo tentativo fallito, Alfano ci riprova a rilanciare le primarie per la scelta del candidato premier, ma il primo a freddarlo è Fitto seguito dallo stesso Berlusconi che minaccia dicendo: “farete la stessa fine di Gianfranco Fini”.
Comunque vadano le cose si voterà il 27 novembre la decadenza a scrutinio palese di Silvio Berlusconi e i margini per un salvataggio sembrano risicatissimi. Neanche la grazia del capo dello Stato potrebbe incidere sull’applicazione della legge Severino che prescrive la decadenza per i condannati. Eppure, Berlusconi continua a sperare in un atto di clemenza. Ed è lui stesso a spiegarlo nel libro di Bruno Vespa. Lo ha deciso l’Aula del Senato confermando l’indicazione della capigruppo presa a maggioranza, contro la proposta del M5S di votare in brevissimo tempo. Ma il Pdl non getta la spugna e risolleva il problema della “invalidità” della seduta.
Così che la crisi del Pdl si avvia al punto di non ritorno e riprendono a rincorrersi le voci di una scissione imminente. Il conflitto, in realtà, riguarda anche la sostanza della linea politica dei moderati, come la Legge di stabilità che falchi e lealisti minacciano di cambiare “appieno” in senso di sviluppare leggi antitasse.
Berlusconi da un lato continua a cercare una mediazione con Angelino Alfano sicuro che un Pdl unito può condizionare molto di più sulle scelte di governo, ma, nello stesso momento, invita i suoi a non abbassare la guardia sui provvedimenti in Parlamento a partire dalla Legge di stabilità.
Ma è proprio sulla manovra che i lealisti richiamano l’attenzione dell’ex premier facendo notare che la decisione di votare la decadenza dopo il passaggio in aula della Legge di stabilità fa parte di un disegno ben preciso per mettere in un angolo il Cavaliere.
Sul altro lato dell'emiciclo, nel PD, il clima a livello nazionale non è migliore e dopo il caso dei numerosi tesseramenti al partito democratico si affretta a parare i colpi o ad attaccare. Ci sono quattro settimane per restituire all’appuntamento dell’8 dicembre la credibilità messa a rischio dagli episodi ora al vaglio della commissione congresso che valuterà se annullare o convalidare i congressi provinciali di Asti, Rovigo, Frosinone, Lecce, Siracusa. Questo l’obiettivo dichiarato del segretario, Epifani, che sulla proposta di fermare le iscrizioni auspicava il consenso di tutti i candidati.
C'è da “ammirare” che il Pd ha presentato la sua campagna a basso costo. Saranno primarie all’insegna del risparmio, con un budget di 250mila euro, il 15% di quanto investito nello scorso congresso. Una scelta sobria, in sintonia con il sentire comune. Niente a che vedere con l'invasamento dei tesseramenti che ha gettato un ombra sui congressi provinciali diventando presto un caso nazionale.
Di Giacomo Palumbo
Il nuovo taglio dei tassi Bce è letto dagli investitori come il segnale di una economia europea che resterà debole per molto tempo e così le piazze del Vecchio Continente, dopo una breve accoglienza favorevole, hanno invertito la rotta chiudendo in negativo.
Enrico Letta è voluto intervenire per i dubbi sollevati da diversi quotidiani dicendo: “è una grande notizia, una dimostrazione che la Bce ha a cuore le sorti della crescita e della competitività dell’Unione europea”. Questa frase del presidente del Consiglio, Enrico Letta, basterebbe a commentare la mossa a sorpresa da parte di Mario Draghi, di tagliare i tassi di Eurolandia al minimo storico. Ma le Borse non festeggiano. Soprattutto Piazza Affari che, dopo una fiammata iniziale, si è sgonfiata al punto da chiudere con un calo del 2,07%.
Gli investitori temono che la scelta dell’Eurotower favorisca più che altro le imprese tedesche e non dia vero impulso all’economia delle zone periferiche, proprio quelle che versano in maggiore difficoltà. E, infatti, la Borsa di Francoforte è l’unica ad aver chiuso in rialzo.
Sul fronte della politica italiana Letta al termine del Consiglio dei ministri, ha voluto intervenire sui dubbi e dai falchi del Pdl, a seguito di una frase, per altro chiara, del ministro Fabrizio Saccomanni: “Non sarà facile evitare la seconda rata dell’Imu, ma si può fare”. La decisione che nel 2013 la prima e la seconda rata non sarà pagata è una decisione già assunta e non si torna indietro e ha detto che la copertura su questo tema è non semplice.
Il 16 dicembre 2013 tutti gli italiani, sia quanti abitano nei quartieri alti sia quelli che vivono nelle frazioni, non pagheranno la seconda rata Imu sulla prima casa.
Nelle tasche degli italiani rimarranno circa due miliardi di euro.
E' stato il premier Enrico Letta a dirlo, il quale ha confermato che la scelta politica era stata già presa e non c’era motivo di metterla in dubbio e rimangono da definire le coperture finanziarie.
Sul piano politico l’annuncio non ha placato i falchi del Pdl come Brunetta o la Carfagna, che hanno rilanciato e attaccato il ministro, mentre c’è anche Scelta Civica che fa sentire il proprio dissapore per le coperture ipotizzate dal governo.
In ogni caso la seconda rata dell’Imu rimarrà per un gran numero di contribuenti e possessori di case di lusso e di pregio: per chi possiede ville, o addirittura castelli. Di certo i proprietari di abitazioni di lusso accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9, anche se si tratta di prima casa e in questo caso dovranno pagare l’Imu, ma con l’aliquota ridotta.
Bisognerà fare attenzione alle scelte dei comuni, invece, nel caso di abitazioni detenute da residenti all’estero iscritti all’Aire, alle case date in comodato ad un figlio o a un genitore, agli immobili posseduti da anziani in casa di riposo. In questo caso il Comune può decidere di equipararle alle prime case e quindi di esentarle dall’ultima rata dell’Imu.
Secondo il Pdl la Tasi dovrebbe essere calcolata in base all’effettiva produzione di rifiuti e non sui metri quadri. Dopo l’aumento degli ultimi anni della tariffa, si punterebbe ad imporre ai Comuni di non superare nel 2014 il livello del 2013, con una diminuzione del 10% a partire dall’anno successivo. L’idea del Pd è invece quella di introdurre delle detrazioni simili a quelle per l’Imu: 200 euro e 50 euro per ogni figlio.
Entrambi i partiti della maggioranza sono favorevoli a restringere la platea per aumentare lo sgravio.
Il Pd vorrebbe introdurre la soglia di 28.000 euro concedendo in un’unica erogazione circa 200 euro. Per gli anni a seguire si punta ad introdurre un “vincolo di destinazione” alle risorse ritrovate dall’evasione fiscale e dal rientro dei capitali dall’estero, rendendo lo sgravio più significativo.
Il Pdl punta invece a trasferire l’onere per la riduzione generalizzata del cuneo alla detassazione dei salari di produttività.
Sul piano delle vicende politiche a distanza di un anno dal primo tentativo fallito, Alfano ci riprova a rilanciare le primarie per la scelta del candidato premier, ma il primo a freddarlo è Fitto seguito dallo stesso Berlusconi che minaccia dicendo: “farete la stessa fine di Gianfranco Fini”.
Comunque vadano le cose si voterà il 27 novembre la decadenza a scrutinio palese di Silvio Berlusconi e i margini per un salvataggio sembrano risicatissimi. Neanche la grazia del capo dello Stato potrebbe incidere sull’applicazione della legge Severino che prescrive la decadenza per i condannati. Eppure, Berlusconi continua a sperare in un atto di clemenza. Ed è lui stesso a spiegarlo nel libro di Bruno Vespa. Lo ha deciso l’Aula del Senato confermando l’indicazione della capigruppo presa a maggioranza, contro la proposta del M5S di votare in brevissimo tempo. Ma il Pdl non getta la spugna e risolleva il problema della “invalidità” della seduta.
Così che la crisi del Pdl si avvia al punto di non ritorno e riprendono a rincorrersi le voci di una scissione imminente. Il conflitto, in realtà, riguarda anche la sostanza della linea politica dei moderati, come la Legge di stabilità che falchi e lealisti minacciano di cambiare “appieno” in senso di sviluppare leggi antitasse.
Berlusconi da un lato continua a cercare una mediazione con Angelino Alfano sicuro che un Pdl unito può condizionare molto di più sulle scelte di governo, ma, nello stesso momento, invita i suoi a non abbassare la guardia sui provvedimenti in Parlamento a partire dalla Legge di stabilità.
Ma è proprio sulla manovra che i lealisti richiamano l’attenzione dell’ex premier facendo notare che la decisione di votare la decadenza dopo il passaggio in aula della Legge di stabilità fa parte di un disegno ben preciso per mettere in un angolo il Cavaliere.
Sul altro lato dell'emiciclo, nel PD, il clima a livello nazionale non è migliore e dopo il caso dei numerosi tesseramenti al partito democratico si affretta a parare i colpi o ad attaccare. Ci sono quattro settimane per restituire all’appuntamento dell’8 dicembre la credibilità messa a rischio dagli episodi ora al vaglio della commissione congresso che valuterà se annullare o convalidare i congressi provinciali di Asti, Rovigo, Frosinone, Lecce, Siracusa. Questo l’obiettivo dichiarato del segretario, Epifani, che sulla proposta di fermare le iscrizioni auspicava il consenso di tutti i candidati.
C'è da “ammirare” che il Pd ha presentato la sua campagna a basso costo. Saranno primarie all’insegna del risparmio, con un budget di 250mila euro, il 15% di quanto investito nello scorso congresso. Una scelta sobria, in sintonia con il sentire comune. Niente a che vedere con l'invasamento dei tesseramenti che ha gettato un ombra sui congressi provinciali diventando presto un caso nazionale.
Di Giacomo Palumbo
lunedì 4 novembre 2013
L'incitamento di Napolitano a fare riforme
Mentre il ministro Anna Maria Cancellieri si dice pronta a chiarire, anche in Parlamento, che la sua telefonata al Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) sulle condizioni di salute di Giulia Ligresti non voleva in alcun modo interferire nelle decisioni dei magistrati sulla scarcerazione.
Pretendere spiegazioni da Cancellieri, messa all’indice anche dall’Organismo unitario dell’avvocatura che denuncia “l’ennesimo episodio di “malapolitica” a tutela di un “potente” è il tema attuale della politica italiana.
La disponibilità del Guardasigilli non impedisce che la vicenda diventi una nuova grana per il governo, già in equilibrio precario causa decadenza di Berlusconi. E se il premier Enrico Letta tace, è il Pd a chiamare “in tempi rapidi” il ministro in Aula per “fugare ogni dubbio che in Italia ci siano detenuti di serie A e di serie B”.
Il M5S, sulle barricate già da giovedì insieme alla Lega, annuncia una mozione di sfiducia perché “mentre migliaia di persone soffrono per le condizioni carcerarie - attacca il capogruppo alla Camera Alessio Villarosa - lei si preoccupa della figlia di Ligresti, titolare della società ex datrice di lavoro del figlio che ha ricevuto una buonuscita di 3,6 milioni di euro”.
Accuse che imbarazzano il ministro che però ribadisce di aver segnalato il caso al Dap come fatto in tanti altri casi, pur confermando i rapporti di amicizia con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti.
Il Pd non sembra disposto a lasciar passare la vicenda. “Nessuna strumentalizzazione ma il ministro riferisca in Aula e poi ciascun partito farà le sue valutazioni”, è la richiesta del responsabile Giustizia del Pd Leva Danilo. Una fermezza che accomuna il partito e tutti i candidati alla sfida congressuale, da Gianni Cuperlo a Matteo Renzi. D’altronde il ministro Idem si dimise per un episodio meno grave di questo.
Il segno della crisi non solo politica può essere racchiuso in una sola cifra: in Italia in cinque anni, tra il 2007 e il 2012, il numero dei poveri è raddoppiato fino ad arrivare quasi a 5 milioni di persone. I dati sono dell’Istat e fotografano gli individui entrati nella fascia della povertà assoluta, quella nella quale è davvero difficile tirare avanti. Un pensiero angoscioso che diventa realtà soprattutto per le famiglie nelle quali si è perso il lavoro, per quelle numerose, per quelle caratterizzate da un solo genitore con figli. E che sembra non finire: anche il terzo trimestre di quest’anno - ha chiarito il presidente Istat Antonio Golini - avrà il segno negativo, tanto che l’anno chiuderà con il pil a -1,8%.
Non parliamo della nuova tassa sulla casa al banco di prova del Parlamento.
La così detta Trise - dicono le associazioni di settore - rischia di aumentare il conto delle tasse sull’abitazione. Se l’Ance conta aggravi fino al +72% rispetto a quest’anno, la Confedilizia fa presente che senza modifiche alla legge di stabilità i proprietari di immobili si troverebbero nel 2014 a versare 10 miliardi di euro in più rispetto sempre al 2013.
Per Confedilizia nella Legge di stabilità “non viene rispettato l’impegno del governo ad un alleggerimento del carico tributario sugli immobili o, almeno, ad un mancato aumento dello stesso, posto che, qualora il testo del disegno di legge non venisse modificato, esso determinerà aumenti di tassazione sugli immobili che potranno portare a quasi 10 miliardi di euro di gettito in più rispetto al 2013”.
Intanto che l'aggravio delle tasse è sempre al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, al via c'è la rielaborazione al Parlamento sul costo del lavoro, cioè del cuneo fiscale. Una linea già annunciata dal presidente del Consiglio Enrico Letta ma che è stata rafforzata nel corso di un pranzo a Palazzo Chigi con il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini e i viceministri al Tesoro. Sempre sul tavolo del governo poi un’altra questione delicata: il rifinanziamento della Cassa integrazione. Sul fronte del cuneo fiscale, il tema chiave della protesta sindacale, la disponibilità dell’esecutivo - viene riferito da fonti parlamentari - è totale: senatori e deputati potranno intervenire attraverso gli emendamenti sulla divisione delle risorse non solo per quanto riguarda il capitolo dei lavoratori, ma anche per quanto riguarda quello delle imprese.
La palla passa dunque alle Camere, che su questo come su qualsiasi altro tema, potranno modificare la Legge di stabilità - è il leit motiv del governo - a patto di trovare le simili coperture.
In attesa di capire cosa accadrà durante l’esame parlamentare, intanto i sindacati frenano: la Cisl di Raffaele Bonanni fa sapere che di fronte a modifiche strutturali della Legge di stabilità è pronta "a smontare lo sciopero". Più cauti la Cgil e la Uil: “Quattro ore di sciopero – afferma Susanna Camusso - sono lo strumento per fare pressione”.
“Fosse per me, gli darei sette giorni”. E’ lapidaria la risposta del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a un cittadino che gli ha chiesto di dare al Parlamento una scadenza di trenta giorni per fare le riforme, “oppure li mandi tutti a casa”.
Segno di una personale impazienza frenata solo dal ruolo istituzionale che Napolitano vuole continuare a esercire senza smottamento. Anche di fronte a Grillo che lo attacca, ma al quale preferisce non replicare.
Pretendere spiegazioni da Cancellieri, messa all’indice anche dall’Organismo unitario dell’avvocatura che denuncia “l’ennesimo episodio di “malapolitica” a tutela di un “potente” è il tema attuale della politica italiana.
La disponibilità del Guardasigilli non impedisce che la vicenda diventi una nuova grana per il governo, già in equilibrio precario causa decadenza di Berlusconi. E se il premier Enrico Letta tace, è il Pd a chiamare “in tempi rapidi” il ministro in Aula per “fugare ogni dubbio che in Italia ci siano detenuti di serie A e di serie B”.
Il M5S, sulle barricate già da giovedì insieme alla Lega, annuncia una mozione di sfiducia perché “mentre migliaia di persone soffrono per le condizioni carcerarie - attacca il capogruppo alla Camera Alessio Villarosa - lei si preoccupa della figlia di Ligresti, titolare della società ex datrice di lavoro del figlio che ha ricevuto una buonuscita di 3,6 milioni di euro”.
Accuse che imbarazzano il ministro che però ribadisce di aver segnalato il caso al Dap come fatto in tanti altri casi, pur confermando i rapporti di amicizia con Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti.
Il Pd non sembra disposto a lasciar passare la vicenda. “Nessuna strumentalizzazione ma il ministro riferisca in Aula e poi ciascun partito farà le sue valutazioni”, è la richiesta del responsabile Giustizia del Pd Leva Danilo. Una fermezza che accomuna il partito e tutti i candidati alla sfida congressuale, da Gianni Cuperlo a Matteo Renzi. D’altronde il ministro Idem si dimise per un episodio meno grave di questo.
Il segno della crisi non solo politica può essere racchiuso in una sola cifra: in Italia in cinque anni, tra il 2007 e il 2012, il numero dei poveri è raddoppiato fino ad arrivare quasi a 5 milioni di persone. I dati sono dell’Istat e fotografano gli individui entrati nella fascia della povertà assoluta, quella nella quale è davvero difficile tirare avanti. Un pensiero angoscioso che diventa realtà soprattutto per le famiglie nelle quali si è perso il lavoro, per quelle numerose, per quelle caratterizzate da un solo genitore con figli. E che sembra non finire: anche il terzo trimestre di quest’anno - ha chiarito il presidente Istat Antonio Golini - avrà il segno negativo, tanto che l’anno chiuderà con il pil a -1,8%.
Non parliamo della nuova tassa sulla casa al banco di prova del Parlamento.
La così detta Trise - dicono le associazioni di settore - rischia di aumentare il conto delle tasse sull’abitazione. Se l’Ance conta aggravi fino al +72% rispetto a quest’anno, la Confedilizia fa presente che senza modifiche alla legge di stabilità i proprietari di immobili si troverebbero nel 2014 a versare 10 miliardi di euro in più rispetto sempre al 2013.
Per Confedilizia nella Legge di stabilità “non viene rispettato l’impegno del governo ad un alleggerimento del carico tributario sugli immobili o, almeno, ad un mancato aumento dello stesso, posto che, qualora il testo del disegno di legge non venisse modificato, esso determinerà aumenti di tassazione sugli immobili che potranno portare a quasi 10 miliardi di euro di gettito in più rispetto al 2013”.
Intanto che l'aggravio delle tasse è sempre al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica, al via c'è la rielaborazione al Parlamento sul costo del lavoro, cioè del cuneo fiscale. Una linea già annunciata dal presidente del Consiglio Enrico Letta ma che è stata rafforzata nel corso di un pranzo a Palazzo Chigi con il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini e i viceministri al Tesoro. Sempre sul tavolo del governo poi un’altra questione delicata: il rifinanziamento della Cassa integrazione. Sul fronte del cuneo fiscale, il tema chiave della protesta sindacale, la disponibilità dell’esecutivo - viene riferito da fonti parlamentari - è totale: senatori e deputati potranno intervenire attraverso gli emendamenti sulla divisione delle risorse non solo per quanto riguarda il capitolo dei lavoratori, ma anche per quanto riguarda quello delle imprese.
La palla passa dunque alle Camere, che su questo come su qualsiasi altro tema, potranno modificare la Legge di stabilità - è il leit motiv del governo - a patto di trovare le simili coperture.
In attesa di capire cosa accadrà durante l’esame parlamentare, intanto i sindacati frenano: la Cisl di Raffaele Bonanni fa sapere che di fronte a modifiche strutturali della Legge di stabilità è pronta "a smontare lo sciopero". Più cauti la Cgil e la Uil: “Quattro ore di sciopero – afferma Susanna Camusso - sono lo strumento per fare pressione”.
“Fosse per me, gli darei sette giorni”. E’ lapidaria la risposta del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a un cittadino che gli ha chiesto di dare al Parlamento una scadenza di trenta giorni per fare le riforme, “oppure li mandi tutti a casa”.
Segno di una personale impazienza frenata solo dal ruolo istituzionale che Napolitano vuole continuare a esercire senza smottamento. Anche di fronte a Grillo che lo attacca, ma al quale preferisce non replicare.
martedì 29 ottobre 2013
La strategia di Renzi salva Alfano
Matteo Renzi protagonista per un giorno, alla Leopolda, è stato accusato di non aver portato le bandiere del PD. La Leopolda è la prima stazione ferroviaria costruita a Firenze ed oggi è adibita a sede per meeting, congressi e varie manifestazioni.
In quella sede si vede un Matteo Renzi all’attacco, verso una certa parte del Partito Dem invece che del governo, quello che parla, per quasi un’ora, al termine della tre giorni della Leopolda. In primis ribatte a chi, specie nel suo partito, in questi giorni ha accusato la convention di essere fatta troppo di effetti speciali e poco di contenuti.
Entusiasmato dal suo popolo, "il rottamatore", ha avuto un'affluenza di migliaia di persone arrivata a Firenze per ascoltarlo. “Noi incolti, barbari, semplici? Qui serve una rivoluzione della semplicità”, scandisce tra gli applausi. “La vera strada - attacca - è la semplicità: parlare chiaro a tutti, non avere la puzza sotto il naso, parlare di politica in maniera semplice”.
Quattro minuti sono toccati anche al segretario del Pd, Epifani.
Intanto, il segretario fa il suo intervento e, quando scende dal palco, precisa: “Come segretario dovevo stare qui, ma sarò anche dagli altri candidati. Renzi è forte e ha consenso e può far uscire il Pd da questa situazione, ma non c’è solo lui. Ne abbiamo altri: questa è la nostra forza”.
E ancora, Renzi attaccato in predecenza di avere un guru alle spalle: Gori, nei suoi confronti spiega che non ci sono guru alle sue spalle. “Non credono che io sia in grado di avere un pensiero solo, allora c’ho il guru”. Questo invece “è un gruppo di persone, capisco ci rimaniate male, che non ha un guru, ma è un gruppo di persone e idee che si confrontano”.
Renzi è un fiume in piena, chiede riforme e una legge elettorale che non lascino più spazio alle larghe intese e agli inciuci. Ma non si tratta di un attacco al governo Letta che, in effetti, non viene quasi mai citato nel suo intervento. E, anzi, al quale viene lanciato qualche messaggio rassicurante.
Quattro riforme considerate essenziali: quella del bicameralismo, quella della giustizia, quella del Titolo V e quella del sistema di voto.
Con il sindaco che punta a ribaltare un certo concetto di sinistra. “La sinistra che non cambia - va
all’attacco - si chiama destra”. E ancora, “Essere di sinistra non è parlare di lavoro ma è creare un posto di lavoro in più. Credo che sia qualcosa di sinistra se c’è un posto di lavoro in più e non uno in meno”.
Un soccorso indiretto alle colombe del Pdl, impigliate nella rete della caduta da senatore di Silvio Berlusconi, è giunto dalla Leopolda. L’appuntamento dato da Renzi ai suoi di rivedersi tra un anno per fare il punto sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, ha dato energia al governo Letta, per almeno dodici mesi ancora. Per l’immediato la situazione nel Pdl-Fi resta ingarbugliata e il clima avvelenato da una lite perenne tra le varie correnti che si scontrano giornalmente è ormai alla luce del sole.
Una mossa che sicuramente ha fatto tirare un respiro di sollievo ai governativi del Pdl, a cominciare da Angelino Alfano che può così contare sui tempi supplementari per mettere a punto la sua strategia dopo lo strappo del Cavaliere.
L'annullamento da tutte le cariche, inclusa quella di Angelino Alfano, porta la partita in un altro universo. Cioè Silvio Berlusconi si riprende in mano il partito. L’8 dicembre un Consiglio nazionale sancirà il ritorno a Forza Italia, con un nuovo organigramma. I lealisti esultano: il Cavaliere mette nell’angolo Alfano, anche se gli conferma stima e ribadisce la volontà di mantenere unito il partito.
Un finale che costringe il vicepremier a fermarsi davanti ad un bivio per valutare il da farsi. Intanto, a dispetto dei governativi, il Cavaliere torna a minacciare la tenuta del governo, se il Pd voterà sì alla decadenza.
In quella sede si vede un Matteo Renzi all’attacco, verso una certa parte del Partito Dem invece che del governo, quello che parla, per quasi un’ora, al termine della tre giorni della Leopolda. In primis ribatte a chi, specie nel suo partito, in questi giorni ha accusato la convention di essere fatta troppo di effetti speciali e poco di contenuti.
Entusiasmato dal suo popolo, "il rottamatore", ha avuto un'affluenza di migliaia di persone arrivata a Firenze per ascoltarlo. “Noi incolti, barbari, semplici? Qui serve una rivoluzione della semplicità”, scandisce tra gli applausi. “La vera strada - attacca - è la semplicità: parlare chiaro a tutti, non avere la puzza sotto il naso, parlare di politica in maniera semplice”.
Quattro minuti sono toccati anche al segretario del Pd, Epifani.
Intanto, il segretario fa il suo intervento e, quando scende dal palco, precisa: “Come segretario dovevo stare qui, ma sarò anche dagli altri candidati. Renzi è forte e ha consenso e può far uscire il Pd da questa situazione, ma non c’è solo lui. Ne abbiamo altri: questa è la nostra forza”.
E ancora, Renzi attaccato in predecenza di avere un guru alle spalle: Gori, nei suoi confronti spiega che non ci sono guru alle sue spalle. “Non credono che io sia in grado di avere un pensiero solo, allora c’ho il guru”. Questo invece “è un gruppo di persone, capisco ci rimaniate male, che non ha un guru, ma è un gruppo di persone e idee che si confrontano”.
Renzi è un fiume in piena, chiede riforme e una legge elettorale che non lascino più spazio alle larghe intese e agli inciuci. Ma non si tratta di un attacco al governo Letta che, in effetti, non viene quasi mai citato nel suo intervento. E, anzi, al quale viene lanciato qualche messaggio rassicurante.
Quattro riforme considerate essenziali: quella del bicameralismo, quella della giustizia, quella del Titolo V e quella del sistema di voto.
Con il sindaco che punta a ribaltare un certo concetto di sinistra. “La sinistra che non cambia - va
all’attacco - si chiama destra”. E ancora, “Essere di sinistra non è parlare di lavoro ma è creare un posto di lavoro in più. Credo che sia qualcosa di sinistra se c’è un posto di lavoro in più e non uno in meno”.
Un soccorso indiretto alle colombe del Pdl, impigliate nella rete della caduta da senatore di Silvio Berlusconi, è giunto dalla Leopolda. L’appuntamento dato da Renzi ai suoi di rivedersi tra un anno per fare il punto sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, ha dato energia al governo Letta, per almeno dodici mesi ancora. Per l’immediato la situazione nel Pdl-Fi resta ingarbugliata e il clima avvelenato da una lite perenne tra le varie correnti che si scontrano giornalmente è ormai alla luce del sole.
Una mossa che sicuramente ha fatto tirare un respiro di sollievo ai governativi del Pdl, a cominciare da Angelino Alfano che può così contare sui tempi supplementari per mettere a punto la sua strategia dopo lo strappo del Cavaliere.
L'annullamento da tutte le cariche, inclusa quella di Angelino Alfano, porta la partita in un altro universo. Cioè Silvio Berlusconi si riprende in mano il partito. L’8 dicembre un Consiglio nazionale sancirà il ritorno a Forza Italia, con un nuovo organigramma. I lealisti esultano: il Cavaliere mette nell’angolo Alfano, anche se gli conferma stima e ribadisce la volontà di mantenere unito il partito.
Un finale che costringe il vicepremier a fermarsi davanti ad un bivio per valutare il da farsi. Intanto, a dispetto dei governativi, il Cavaliere torna a minacciare la tenuta del governo, se il Pd voterà sì alla decadenza.
Lampedusa simbolo della politica migratoria Europea.
Oggi mi sentirei di ripetere le stesse parole del presidente Martin Schulz: “Lampedusa è diventata il simbolo della politica migratoria europea”, mentre lo diceva ai leader degli Stati membri in apertura del Consiglio di ottobre del 24-25 ottobre, a Bruxelles. “Questa tragedia dovrebbe anche diventare un punto di svolta per questa politica”. Il Presidente ha chiesto un maggiore sostegno verso i paesi del Mediterraneo che ricevono i migranti irregolari, una maggiore cooperazione e solidarietà.
“Almeno 20.000 persone sono morte negli ultimi 20 anni nel tentativo di raggiungere le coste europee. Non possiamo permettere che ne muoiano ancora”, ha dichiarato il presidente Schulz.
Il Presidente ha inoltre espresso la “delusione” del Parlamento per il fallimento degli Stati membri nel gestire il flusso e riflusso dei migranti in modo umano ed efficace.
“Dobbiamo sostenere gli stati mediterranei che accolgono i profughi e organizzare un'equa ripartizione tra gli Stati membri. Questa è la solidarietà europea e questo è ciò che deve essere nella nostra agenda odierna" ha insistito il presidente. In aggiunta, ha fatto notare come solo pochi giorni dopo la tra-gedia di Lampedusa, la politica migratoria è stata relegata ad uno degli ultimi punti dell'agenda del vertice.
Lo stesso Parlamento europeo, durante la seconda plenaria di ottobre, ha chiesto uno sforzo di coordinamento all'interno dell'UE. Gli europarlamentari hanno invitato gli Stati membri ad una maggiore solidarietà nella gestione della politica migratoria in Europa.
Riguardo alla tragedia di Lampedusa Barroso ha rassicurato: "Ho chiesto una risposta forte da parte dell'Unione europea per rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso, salvare vite umane e aiutare gli Stati membri più esposti al problema, lavorando con i paesi d'origine in modo da poter gestire i flussi migratori."
Proseguendo con i temi affrontati al consiglio si è proseguito discutentendo degli investimenti nell’economia digitale e più fondi per le piccole e medie imprese. Queste le conclusioni alle quali sono giunti i leader UE al termine del Consiglio europeo. Le conclusioni sono in linea con quanto ribadito dal Presidente Barroso durante i due giorni di vertice. Barroso: investire sul digitale per rilanciare l'economia
"L'Europa è sempre stata leader mondiale nel settore dell'economia digitale e della tecnologia dell'informazione, ma ha perso terreno rispetto ai principali concorrenti." È quanto ha sostenuto il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso esortando gli Stati membri a intervenire urgentemente con investimenti in questo settore per rilanciare la competitività.
Sulla situazione economica, Barroso ritiene che vi siano motivi per essere "cautamente ottimisti, ma la ripresa è ancora fragile". Ha aggiunto inoltre che nella zona euro abbiamo assistito a un ritorno alla crescita positiva nel secon-do trimestre dell'anno, ma occorre mantenere la rotta sul consolidamento fiscale e le riforme strutturali con investimenti mirati.
Le conclusioni del Consiglio europeo 2013.
Di seguito le conclusioni alle quali sono giunti i leader dell’Unione europea durante il Consiglio.
"Anche se sono visibili segnali di ripresa economica, l'Unione europea deve proseguire gli sforzi per aumentare il potenziale di crescita, favorire la creazione di posti di lavoro e accrescere la competitività europea. Oggi il Consiglio europeo si è concentrato sull'economia digitale, l'innovazione e i servizi, settori che hanno un particolare poten-ziale di crescita e occupazione che deve essere mobilitato rapidamente. Il Consiglio europeo ha fornito orientamenti concreti per sfruttare al massimo il potenziale esistente e ha preso in esame anche vari settori di intervento di carattere economico e sociale. Nel prendere atto dello stato di attuazione delle iniziative adottate a giugno nella lotta contro la disoccupazione giovanile e del finanziamento dell'economia, soprattutto delle piccole e medie imprese, ha concordato una serie di misure supplementari impri-mendo nuovo slancio al miglioramento della regolamentazione.
Il Consiglio europeo ha quindi svolto un dibattito approfondito sul completamento dell'Unione economica e monetaria, concentrandosi in particolare sul coordinamento rafforzato delle politiche economiche, sul rafforzamento della dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria e sul completamento dell'Unione bancaria. Come deciso a giugno, il Consiglio europeo tornerà su tutti questi temi nel prossimo dicembre, quando verranno varate decisioni in materia.
Il Consiglio europeo ha inoltre sottolineato il proprio interesse verso il vertice del partenariato orientale, che si svolgerà a Vilnius il 28 e 29 novembre 2013 ed ha espresso profonda tristezza per i tragici eventi avvenuti di recente nel Mediterraneo, costati la vita a centinaia di persone, decidendo di intensificare l'azione dell'Unione in modo da impedire che simili tragedie si ripetano.
Va sottolineata anche la decisione del Consiglio Europeo di attuare in maniera ottimale i finanziamenti per le piccole e medie im-prese attraverso i fondi strutturali e gli investimenti sfruttando i prestiti della Banca Europea.
Altro tema sensibile è stato quello della lotta contro la criminalità organizzata e il traffico di esseri umani.
“Almeno 20.000 persone sono morte negli ultimi 20 anni nel tentativo di raggiungere le coste europee. Non possiamo permettere che ne muoiano ancora”, ha dichiarato il presidente Schulz.
Il Presidente ha inoltre espresso la “delusione” del Parlamento per il fallimento degli Stati membri nel gestire il flusso e riflusso dei migranti in modo umano ed efficace.
“Dobbiamo sostenere gli stati mediterranei che accolgono i profughi e organizzare un'equa ripartizione tra gli Stati membri. Questa è la solidarietà europea e questo è ciò che deve essere nella nostra agenda odierna" ha insistito il presidente. In aggiunta, ha fatto notare come solo pochi giorni dopo la tra-gedia di Lampedusa, la politica migratoria è stata relegata ad uno degli ultimi punti dell'agenda del vertice.
Lo stesso Parlamento europeo, durante la seconda plenaria di ottobre, ha chiesto uno sforzo di coordinamento all'interno dell'UE. Gli europarlamentari hanno invitato gli Stati membri ad una maggiore solidarietà nella gestione della politica migratoria in Europa.
Riguardo alla tragedia di Lampedusa Barroso ha rassicurato: "Ho chiesto una risposta forte da parte dell'Unione europea per rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso, salvare vite umane e aiutare gli Stati membri più esposti al problema, lavorando con i paesi d'origine in modo da poter gestire i flussi migratori."
Proseguendo con i temi affrontati al consiglio si è proseguito discutentendo degli investimenti nell’economia digitale e più fondi per le piccole e medie imprese. Queste le conclusioni alle quali sono giunti i leader UE al termine del Consiglio europeo. Le conclusioni sono in linea con quanto ribadito dal Presidente Barroso durante i due giorni di vertice. Barroso: investire sul digitale per rilanciare l'economia
"L'Europa è sempre stata leader mondiale nel settore dell'economia digitale e della tecnologia dell'informazione, ma ha perso terreno rispetto ai principali concorrenti." È quanto ha sostenuto il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso esortando gli Stati membri a intervenire urgentemente con investimenti in questo settore per rilanciare la competitività.
Sulla situazione economica, Barroso ritiene che vi siano motivi per essere "cautamente ottimisti, ma la ripresa è ancora fragile". Ha aggiunto inoltre che nella zona euro abbiamo assistito a un ritorno alla crescita positiva nel secon-do trimestre dell'anno, ma occorre mantenere la rotta sul consolidamento fiscale e le riforme strutturali con investimenti mirati.
Le conclusioni del Consiglio europeo 2013.
Di seguito le conclusioni alle quali sono giunti i leader dell’Unione europea durante il Consiglio.
"Anche se sono visibili segnali di ripresa economica, l'Unione europea deve proseguire gli sforzi per aumentare il potenziale di crescita, favorire la creazione di posti di lavoro e accrescere la competitività europea. Oggi il Consiglio europeo si è concentrato sull'economia digitale, l'innovazione e i servizi, settori che hanno un particolare poten-ziale di crescita e occupazione che deve essere mobilitato rapidamente. Il Consiglio europeo ha fornito orientamenti concreti per sfruttare al massimo il potenziale esistente e ha preso in esame anche vari settori di intervento di carattere economico e sociale. Nel prendere atto dello stato di attuazione delle iniziative adottate a giugno nella lotta contro la disoccupazione giovanile e del finanziamento dell'economia, soprattutto delle piccole e medie imprese, ha concordato una serie di misure supplementari impri-mendo nuovo slancio al miglioramento della regolamentazione.
Il Consiglio europeo ha quindi svolto un dibattito approfondito sul completamento dell'Unione economica e monetaria, concentrandosi in particolare sul coordinamento rafforzato delle politiche economiche, sul rafforzamento della dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria e sul completamento dell'Unione bancaria. Come deciso a giugno, il Consiglio europeo tornerà su tutti questi temi nel prossimo dicembre, quando verranno varate decisioni in materia.
Il Consiglio europeo ha inoltre sottolineato il proprio interesse verso il vertice del partenariato orientale, che si svolgerà a Vilnius il 28 e 29 novembre 2013 ed ha espresso profonda tristezza per i tragici eventi avvenuti di recente nel Mediterraneo, costati la vita a centinaia di persone, decidendo di intensificare l'azione dell'Unione in modo da impedire che simili tragedie si ripetano.
Va sottolineata anche la decisione del Consiglio Europeo di attuare in maniera ottimale i finanziamenti per le piccole e medie im-prese attraverso i fondi strutturali e gli investimenti sfruttando i prestiti della Banca Europea.
Altro tema sensibile è stato quello della lotta contro la criminalità organizzata e il traffico di esseri umani.
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martedì 22 ottobre 2013
Legge di stabilità: Imu, Tari, Tasi, Trise, Ecobonus.
La Legge di stabilità inaugura una manovra per il 2014 da 11,6 miliardi, per la quale si annuncia una vera e propria corsa a ostacoli con il pressing di forze politiche e parti sociali per i numerosi cambiamenti, annunciati e richiesti. Con un percorso dal Senato, dove così parte la sessione di bilancio.
Sul costo del lavoro la legge prevede meccanismi di contenimento della spesa in tutti i settori, con misure orizzontali che riguardano tutto il pubblico impiego.
A proposito del cuneo fiscale il premier Enrico Letta ha ribadito di essere favorevole ad una variazione che tenga conto dei figli e del carico familiare. E sotto il profilo delle tasse sulla casa, il governo ha precisato in merito a vecchie e nuove imposte i circa 4 miliardi previsti come gettito dalla nuova Tasi sono meno dei circa 5 miliardi garantiti dalla vecchia Imu e dalla componente Tares servizi indivisibili, rispondendo così ad un’ennesima discussione sull’ipotesi di una nuova “batosta” evocata da diversi esponenti del Pdl. Il governo dovrà quindi destreggiarsi tra mille richieste cercando di evitare quell’effetto peggiorativo.
Il minor gettito per i Comuni, ha precisato il ministero delle Finanze, è compensato da trasferimenti dallo Stato. In breve i conti della relazione tecnica sono chiari ma innegabilmente “arruffate”, che per la prima volta dopo diversi anni approda in Parlamento sotto forma di testo aperto.
Dal Pd intanto un suggerimento arriva dal candidato alle segreteria Gianni Cuperlo il quale parla
di “alcuni punti irrinunciabili” dei quali si dovrà tenere conto nell’iter parlamentare come l’indicizzazione delle pensioni fino a sei volte il minimo, che deve essere integrale.
Per quanto agli esodati, ha proseguito, non va bene che siano solo seimila quelli messi in sicurezza. Bisogna riconsiderare il varare di una legge che tolga di mezzo il Porcellum di Calderoli, incalza Cuperlo, occorre “una maggioranza più ampia di quella che ora regge il governo”.
Sul costo del lavoro la legge prevede meccanismi di contenimento della spesa in tutti i settori, con misure orizzontali che riguardano tutto il pubblico impiego.
A proposito del cuneo fiscale il premier Enrico Letta ha ribadito di essere favorevole ad una variazione che tenga conto dei figli e del carico familiare. E sotto il profilo delle tasse sulla casa, il governo ha precisato in merito a vecchie e nuove imposte i circa 4 miliardi previsti come gettito dalla nuova Tasi sono meno dei circa 5 miliardi garantiti dalla vecchia Imu e dalla componente Tares servizi indivisibili, rispondendo così ad un’ennesima discussione sull’ipotesi di una nuova “batosta” evocata da diversi esponenti del Pdl. Il governo dovrà quindi destreggiarsi tra mille richieste cercando di evitare quell’effetto peggiorativo.
Il minor gettito per i Comuni, ha precisato il ministero delle Finanze, è compensato da trasferimenti dallo Stato. In breve i conti della relazione tecnica sono chiari ma innegabilmente “arruffate”, che per la prima volta dopo diversi anni approda in Parlamento sotto forma di testo aperto.
Dal Pd intanto un suggerimento arriva dal candidato alle segreteria Gianni Cuperlo il quale parla
di “alcuni punti irrinunciabili” dei quali si dovrà tenere conto nell’iter parlamentare come l’indicizzazione delle pensioni fino a sei volte il minimo, che deve essere integrale.
Per quanto agli esodati, ha proseguito, non va bene che siano solo seimila quelli messi in sicurezza. Bisogna riconsiderare il varare di una legge che tolga di mezzo il Porcellum di Calderoli, incalza Cuperlo, occorre “una maggioranza più ampia di quella che ora regge il governo”.
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martedì 15 ottobre 2013
Matteo Renzi e gli usi e costumi cambiano “verso”
Oggi la politica inizia con Matteo Renzi che non sta più nella pelle, indossa la corazza ed esce allo scoperto. Per cambiare il “verso” al Pd, all’Italia e all’Europa smussa i toni, nella cadenza della voce, nascono nuovi toni polemici. Il Rottamatore, che fino a un anno si sentiva additato dentro il Pd come un ribelle ora deve selezionare i sostenitori, non rinuncia, lancia da Bari la sua campagna elettorale per il congresso. Il capoluogo pugliese, scelto come prima tappa per conquistare la segreteria del Pd, non era una roccaforte del sindaco di Firenze alle primarie del febbraio scorso contro Bersani. Ora invece annuncia la sua “rivoluzione” dopo vent’anni.
Dice Renzi: “il Paese ha perso tempo e la classe dirigente ha fallito”.
Tutto questo mentre continuano le polemiche sull’ipotesi amnistia, dopo il messaggio alle Camere del Colle, e il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri - in seguito alle proteste del Pdl, colombe comprese – precisa che non era sua intenzione dire che un eventuale atto di clemenza avrebbe escluso il Cav ma solo che, nel passato, i reati di frode fiscale non sono mai entrati nel calderone delle sanatorie.
Il governo, comunque non sta preparando nulla poichè la materia è tutta del Parlamento. Tra favorevoli o contrari, prende posizione anche Matteo Renzi che giudica l’iniziativa “un errore”. Renzi parla a partire dall’affondo contro l’amnistia: “Affrontare oggi il tema dell’amnistia e dell’indulto è un clamoroso errore, un autogol”, attacca chiedendo riforme strutturali e, prima di tutto, l’abolizione delle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi.
In questi giorni il fatto umano più sconcertante: lo sterminio mediatico e umano consumato a Lampedusa è al centro del dibattito politico. Dopo finte lacrime e ipocriti discorsi di solidarietà delle istituzioni italiane ed europee, la Sicilia continua dolorosamente a essere al centro di quei viaggi della speranza, dei nostri fratelli e sorelle africani, che attraversano il Mediterraneo e fanno tappa qui da noi con tragiche conseguenze, fatte di morte.
Sondaggi e appoggi di correnti danno per scontata la vittoria del sindaco di Firenze. Ma lui, un po’ per scongiuro e un po’ per convinzione, non vuole dare niente per scontato e sprona i militanti a “essere protagonisti” e a dare “il nome dei nostri sogni al Paese”.
Per evitare di entrare subito in rotta di collisione con il premier, Letta, il sindaco evita affondi. Ma chiarisce che, se diventerà segretario, si rapporterà al governo, a partire dalla Legge di stabilità:
“Il governo non si caratterizza per quanto dura, ma per le cose che fa. Se fa le cose utili, noi lo sosteniamo. Non vogliamo mettere bandierine come Brunetta, ma fare in modo che le cose si facciano”.
È triplice, infatti, la scommessa che Renzi annuncia promettendo che manterrà le promesse con la “coerenza di chi si mette in gioco”. E con l’obiettivo "di restituire la speranza" dopo anni di rassegnazione. Il sindaco di Firenze vuol prima “cambiare verso” al Pd.
Il messaggio è chiaro: ancor prima di scalare il partito, Renzi vuole iniziare a dare le carte, a incidere. E pazienza, come lui stesso ammette, se “per alcuni del Pd la mia candidatura è una sorta di rassegnato abbandono, un male necessario”.
Ricomponendo i temi veniamo a conoscenza che i nostri stessi comportamenti sono cambiati. In pratica stiamo cambiando “verso”.
In vent'anni sono mutati i costumi più che i consumi, secondo una analisi di Confcommercio. Gli Italiani comprano più telefoni e meno auto, meno vestiti e più tecnologia.
Secondo una mia decodificazione, i cambiamenti non sono dovuti solo alla crisi economica, o almeno solo alla crisi. Gli italiani attendono i saldi per rinnovare a sconto l’abbigliamento e l’industria tessile è in crisi.
La spesa per la casa aumenta e con l’avanzare della crisi, crolla il mercato edilizio.
Abbiamo, invece, il “boom” delle telecomunicazioni, dovuto ai progressi tecnici, al calo dei prezzi, alle tariffe stabili. Nell'ultimo quinquennio la spesa per la telefonia cresce di tre quarti e salgono anche gli acquisti di televisori, computer e la banda larga è una priorità in questo periodo per le maggiori città italiane.
Nello stesso tempo, crolla il mercato dell’auto con un meno cinquanta percento. La caduta non dipende solo dalla crisi economica, ma dalla crescente fiscalità del settore auto ed anche dal fatto che l’Italia è al primo posto nel mondo per la densità automobilistica.
Solo ultimamente, gli analisti scoprono l’impatto delle spese “invariabili” sulle famiglie. Le bollette delle utenze domestiche, le spese per la casa e per i trasporti, le assicurazioni, i contributi.
La politica oggi finisce con l'aumento delle spese obbligate che tagliano una grossa fetta di reddito e riducono quello disponibile, che rimane dopo il pagamento delle tasse.
Dice Renzi: “il Paese ha perso tempo e la classe dirigente ha fallito”.
Tutto questo mentre continuano le polemiche sull’ipotesi amnistia, dopo il messaggio alle Camere del Colle, e il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri - in seguito alle proteste del Pdl, colombe comprese – precisa che non era sua intenzione dire che un eventuale atto di clemenza avrebbe escluso il Cav ma solo che, nel passato, i reati di frode fiscale non sono mai entrati nel calderone delle sanatorie.
Il governo, comunque non sta preparando nulla poichè la materia è tutta del Parlamento. Tra favorevoli o contrari, prende posizione anche Matteo Renzi che giudica l’iniziativa “un errore”. Renzi parla a partire dall’affondo contro l’amnistia: “Affrontare oggi il tema dell’amnistia e dell’indulto è un clamoroso errore, un autogol”, attacca chiedendo riforme strutturali e, prima di tutto, l’abolizione delle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi.
In questi giorni il fatto umano più sconcertante: lo sterminio mediatico e umano consumato a Lampedusa è al centro del dibattito politico. Dopo finte lacrime e ipocriti discorsi di solidarietà delle istituzioni italiane ed europee, la Sicilia continua dolorosamente a essere al centro di quei viaggi della speranza, dei nostri fratelli e sorelle africani, che attraversano il Mediterraneo e fanno tappa qui da noi con tragiche conseguenze, fatte di morte.
Sondaggi e appoggi di correnti danno per scontata la vittoria del sindaco di Firenze. Ma lui, un po’ per scongiuro e un po’ per convinzione, non vuole dare niente per scontato e sprona i militanti a “essere protagonisti” e a dare “il nome dei nostri sogni al Paese”.
Per evitare di entrare subito in rotta di collisione con il premier, Letta, il sindaco evita affondi. Ma chiarisce che, se diventerà segretario, si rapporterà al governo, a partire dalla Legge di stabilità:
“Il governo non si caratterizza per quanto dura, ma per le cose che fa. Se fa le cose utili, noi lo sosteniamo. Non vogliamo mettere bandierine come Brunetta, ma fare in modo che le cose si facciano”.
È triplice, infatti, la scommessa che Renzi annuncia promettendo che manterrà le promesse con la “coerenza di chi si mette in gioco”. E con l’obiettivo "di restituire la speranza" dopo anni di rassegnazione. Il sindaco di Firenze vuol prima “cambiare verso” al Pd.
Il messaggio è chiaro: ancor prima di scalare il partito, Renzi vuole iniziare a dare le carte, a incidere. E pazienza, come lui stesso ammette, se “per alcuni del Pd la mia candidatura è una sorta di rassegnato abbandono, un male necessario”.
Ricomponendo i temi veniamo a conoscenza che i nostri stessi comportamenti sono cambiati. In pratica stiamo cambiando “verso”.
In vent'anni sono mutati i costumi più che i consumi, secondo una analisi di Confcommercio. Gli Italiani comprano più telefoni e meno auto, meno vestiti e più tecnologia.
Secondo una mia decodificazione, i cambiamenti non sono dovuti solo alla crisi economica, o almeno solo alla crisi. Gli italiani attendono i saldi per rinnovare a sconto l’abbigliamento e l’industria tessile è in crisi.
La spesa per la casa aumenta e con l’avanzare della crisi, crolla il mercato edilizio.
Abbiamo, invece, il “boom” delle telecomunicazioni, dovuto ai progressi tecnici, al calo dei prezzi, alle tariffe stabili. Nell'ultimo quinquennio la spesa per la telefonia cresce di tre quarti e salgono anche gli acquisti di televisori, computer e la banda larga è una priorità in questo periodo per le maggiori città italiane.
Nello stesso tempo, crolla il mercato dell’auto con un meno cinquanta percento. La caduta non dipende solo dalla crisi economica, ma dalla crescente fiscalità del settore auto ed anche dal fatto che l’Italia è al primo posto nel mondo per la densità automobilistica.
Solo ultimamente, gli analisti scoprono l’impatto delle spese “invariabili” sulle famiglie. Le bollette delle utenze domestiche, le spese per la casa e per i trasporti, le assicurazioni, i contributi.
La politica oggi finisce con l'aumento delle spese obbligate che tagliano una grossa fetta di reddito e riducono quello disponibile, che rimane dopo il pagamento delle tasse.
domenica 13 ottobre 2013
Il miscuglio di entrate-spese della Legge di stabilità
Si va componendo il miscuglio di entrate-spese della Legge di stabilità che a metà mese sarà varata dal Cdm e trasmessa al Parlamento e a Bruxelles. L’impatto sarà tra i 10 e i 16 miliardi. Di seguito le principali ipotesi ad oggi.
SERVICE TAX. Nelle intenzioni del governo dovrebbe “drenare” meno dai portafogli rispetto alla somma di Imu e Tares. Sarebbe destinata ai Comuni. Molte le polemiche sull’idea di farla pagare in parte pure agli inquilini che usufruiscono dei servizi relativi all’immobile.
PENSIONI ALTE. Arriverebbe un nuovo blocco delle rivalutazioni Istat. La misura ha soprattutto connotazioni politiche di equità.
SPENDING REVIEW. Carlo Cottarelli arriva dal Fmi come commissario per garantire i tagli alla spesa. Nel mirino anche gli “scontI” fiscali e i finanziamenti alle imprese. Molto spazio per i risparmi su una spesa pubblica che supera gli 800 mld.
LAVORO. Si parla di ulteriori incentivi per favorire il lavoro giovanile. Una strada potrebbe essere tagliare di più il cuneo fiscale per le imprese che assumono giovani. Si punta anche a sgravi fiscali per le start-up innovative e al rafforzamento dell’Ace per incentivare la patrimonializzazione delle imprese e gli investimenti.
CIG. Va rifinanziata per tutto il 2014 dopo che già nel 2013 è stata più volte rimpinguata. Secondo il Def nel 2014 ci saranno 3,2 miliardi di maggiore spesa per finanziare, tra l’altro, Cig e missioni di pace.
REDDITO MINIMO. Non è chiaro quanto costerebbe la misura, ma se fosse molto estesa avrebbe un peso insostenibile per le casse pubbliche.
SPESE INDIFFERIBILI. Sono quelle che vengono rifinanziate ogni anno: tra queste i contratti con le grandi società di trasporti o servizi, e le missioni internazionali.
REVISIONE IVA. Secondo il governo dovrebbe essere solo un restyling delle vecchie aliquote. Ma c’è chi è pronto a giurare che la revisione potrebbe non essere indolore.
TICKET SANITÀ. Il governo ha già annunciato che sta lavorando per impedire l’aumento dei ticket che potranno subire solo dei piccoli adeguamenti in attesa di una revisione complessiva.
PRIVATIZZAZIONI. Il governo dovrebbe dare il via a un programma di dismissioni immobiliari e privatizzazioni e razionalizzazione delle società controllate, statali e locali.
CUNEO FISCALE. È l’intervento cardine per agganciare la ripresa: ridurre la differenza tra quanto le imprese pagano e quello che in effetti arriva in busta paga. Si pensa a un intervento “selettivo” di 5 mld. Ma le imprese chiedono che si arrivi almeno a 10. Con 5 mld finirebbero in busta paga, in unica soluzione, circa 250-300 euro.
SERVICE TAX. Nelle intenzioni del governo dovrebbe “drenare” meno dai portafogli rispetto alla somma di Imu e Tares. Sarebbe destinata ai Comuni. Molte le polemiche sull’idea di farla pagare in parte pure agli inquilini che usufruiscono dei servizi relativi all’immobile.
PENSIONI ALTE. Arriverebbe un nuovo blocco delle rivalutazioni Istat. La misura ha soprattutto connotazioni politiche di equità.
SPENDING REVIEW. Carlo Cottarelli arriva dal Fmi come commissario per garantire i tagli alla spesa. Nel mirino anche gli “scontI” fiscali e i finanziamenti alle imprese. Molto spazio per i risparmi su una spesa pubblica che supera gli 800 mld.
LAVORO. Si parla di ulteriori incentivi per favorire il lavoro giovanile. Una strada potrebbe essere tagliare di più il cuneo fiscale per le imprese che assumono giovani. Si punta anche a sgravi fiscali per le start-up innovative e al rafforzamento dell’Ace per incentivare la patrimonializzazione delle imprese e gli investimenti.
CIG. Va rifinanziata per tutto il 2014 dopo che già nel 2013 è stata più volte rimpinguata. Secondo il Def nel 2014 ci saranno 3,2 miliardi di maggiore spesa per finanziare, tra l’altro, Cig e missioni di pace.
REDDITO MINIMO. Non è chiaro quanto costerebbe la misura, ma se fosse molto estesa avrebbe un peso insostenibile per le casse pubbliche.
SPESE INDIFFERIBILI. Sono quelle che vengono rifinanziate ogni anno: tra queste i contratti con le grandi società di trasporti o servizi, e le missioni internazionali.
REVISIONE IVA. Secondo il governo dovrebbe essere solo un restyling delle vecchie aliquote. Ma c’è chi è pronto a giurare che la revisione potrebbe non essere indolore.
TICKET SANITÀ. Il governo ha già annunciato che sta lavorando per impedire l’aumento dei ticket che potranno subire solo dei piccoli adeguamenti in attesa di una revisione complessiva.
PRIVATIZZAZIONI. Il governo dovrebbe dare il via a un programma di dismissioni immobiliari e privatizzazioni e razionalizzazione delle società controllate, statali e locali.
CUNEO FISCALE. È l’intervento cardine per agganciare la ripresa: ridurre la differenza tra quanto le imprese pagano e quello che in effetti arriva in busta paga. Si pensa a un intervento “selettivo” di 5 mld. Ma le imprese chiedono che si arrivi almeno a 10. Con 5 mld finirebbero in busta paga, in unica soluzione, circa 250-300 euro.
sabato 5 ottobre 2013
Decadenza del Cavaliere con il via della Giunta
In seguito alla bocciatura della tesi del relatore Augello del Pdl, che aveva chiesto un parere della Consulta sulla presunta non retroattività della legge Severino, il Decreto Legislativo del 31 dicembre 2012, n. 235, vale a dire il testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, la Giunta si è riunita esprimendosi a favore del “decadimento”.
Berlusconi, dopo i “si” dei senatori, 15 Si e 8 No, della Giunta del Senato, guarda oltre la “trappola” giuridica. Entro due settimane a partire da ieri, da regolamento, l'aula del Senato dovrà pronunciarsi con un giudizio definitivo, i quali lo priveranno del rango di parlamentare, nonchè di senatore.
Quasi in coincidenza con il termine del 15 ottobre 2013 entro cui Berlusconi dovrà decidere se scontare la condanna ai domiciliari e in affidamento ai servizi sociali. Quattro giorni dopo la vicenda giudiziaria si spostera a Milano, dove la Corte d’appello dovrà riformare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Il cavaliere continua a replicare: “E’ una sentenza politica”, continuando a dissentire su tutta la linea la condanna in Cassazione per frode fiscale.
“Questi giudici sono irresponsabili insiste nelle interviste, in riferimento ai componenti della Giunta hanno obiettivi politici mentre l’organo ha poteri solo giurisdizionali”.
E continua dicendo “sono convinto che otterrò dalla Corte di giustizia europea la revisione del processo e l’annullamento della sentenza”. Infatti il Cavaliere ha chiarito che ormai ripone speranza solo sulla Corte di giustizia europea.
Berlusconi, dopo i “si” dei senatori, 15 Si e 8 No, della Giunta del Senato, guarda oltre la “trappola” giuridica. Entro due settimane a partire da ieri, da regolamento, l'aula del Senato dovrà pronunciarsi con un giudizio definitivo, i quali lo priveranno del rango di parlamentare, nonchè di senatore.
Quasi in coincidenza con il termine del 15 ottobre 2013 entro cui Berlusconi dovrà decidere se scontare la condanna ai domiciliari e in affidamento ai servizi sociali. Quattro giorni dopo la vicenda giudiziaria si spostera a Milano, dove la Corte d’appello dovrà riformare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Il cavaliere continua a replicare: “E’ una sentenza politica”, continuando a dissentire su tutta la linea la condanna in Cassazione per frode fiscale.
“Questi giudici sono irresponsabili insiste nelle interviste, in riferimento ai componenti della Giunta hanno obiettivi politici mentre l’organo ha poteri solo giurisdizionali”.
E continua dicendo “sono convinto che otterrò dalla Corte di giustizia europea la revisione del processo e l’annullamento della sentenza”. Infatti il Cavaliere ha chiarito che ormai ripone speranza solo sulla Corte di giustizia europea.
venerdì 4 ottobre 2013
Angelino favorito da un'inversione di marcia
“Berlusconi arretra nella crisi politica, si legge sul New York Times, inverte la sua posizione dopo essere stato sfidato da un’inattesa ribellione del suo stesso partito”.
Così che ha fatto il giro del mondo in pochi minuti “l’inversione di marcia” di Silvio Berlusconi, così definita dalla maggior parte dei siti di informazione esteri. Un dietrofront che ha spiazzato cronisti e osservatori internazionali, alle prese con l’ardito compito di spiegare i processi medioevali della politica italiana.
Un colpo di scena, da prestigiatore logorato dagli anni. Se l’intento era di spiazzare tutti, il Cavaliere c’è riuscito giocandosi la reputazioni oramai oggi “decaduta”. Ha sorpreso prima i suoi uomini tra Cicchitto e Giovanardi con tanti interrogativi sospesi qua e là.
Poi Alfano, ad esempio, considerato un traditore dal “Il Giornale” farà la volta buona per una svolta politica del centrodestra? Quindi ci sarà un nuovo gruppo all’interno del Pdl, oppure no?
Lo stesso discorso del presidente del Consiglio Letta ha avuto un sapore di democristianità. Aprire e chiudere l’intervento con due bellissime citazioni dei liberali Luigi Enaudi: “bisogna saper cogliere l’attimo” e Benedetto Croce:“ciascuno di noi nella profonda coscienza non si procuri uno struggente rimorso”, è quanto di democristiano si possa pensare.
Un invito a liberarsi da ogni convinto, se non propria invasata ideologia personalizzata.
A reagire c'è sempre lo zampino del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che dichiara: il «quotidiano gioco al massacro non sarà più tollerato». Basta perdere tempo, si governi e per il bene del paese si facciano le riforme e si facciano con la più ampia maggioranza possibile. Poi si vedrà come si comporteranno i partiti alla prova dei fatti.
Giorgio Napolitano tira le somme della giornata con un commento durissimo con il quale definisce
vinti e vincitori, alza un vero muro di protezione dai prossimi agguati confermando così, seppur tacitamente, che sono temuti pericolosi colpi di coda, e indica nella “fermezza” l’arma vincente che ha permesso al premier Enrico Letta di fare propria questa ennesima sfida.
In attesa di vedere se Angelino Alfano riuscirà a prendersi il partito. O come dichiara la pitonessa Santanchè se “non farà la stessa fine di Gianfranco Fini”.
martedì 1 ottobre 2013
Sul porcellum Enrico Letta mente ai cittadini.
La polemica tra Beppe Grillo ed Enrico Letta è andata talmente avanti che non poteva non intervenire colui che indirettamente l’ha innescata: Roberto Giachetti. Ovvero, il firmatario della mozione per tornare al Mattarellum che venne lasciato solo qualche mese fa dal suo partito (il Pd) all’atto del voto. E Giachetti non concorda molto con Letta, visto che sul suo sito scrive: “A prescindere da ogni valutazione sul concetto di accelerazione, dopo anni in cui si chiacchiera inutilmente di abolizione del Porcellum, anche in questo caso parlano i fatti. Stoppare quella iniziativa è servito solo a farci trovare nell’attuale situazione d’impasse”.
Tutto era cominciato l'altra sera con la partecipazione di Enrico Letta alla trasmissione Che Tempo Che fa: nella trasmissione di Fabio Fazio Letta aveva parlato di un Partito Democratico favorevole al Mattarellum:
Ma a correggere Letta arriva proprio Giachetti, il primo firmatario della mozione bocciata. Il deputato del Partito Democratico ce l’ha proprio con il presidente del Consiglio:
Io penso che in politica, al di là delle dichiarazioni (sono anni che inseguiamo dichiarazioni roboanti sulla volontà di cancellare il Porcellum), delle buone o delle cattive intenzioni, contano i fatti. Ed i fatti purtroppo parlano chiaro: quando più di quattro mesi fa 100 deputati di quasi tutti i gruppi misero a disposizione del Parlamento la possibilità di passare dalle parole ai fatti, cioè di cancellare il Porcellum, Letta chiese al Pd di votare contro quella mozione, ponendo sostanzialmente una questione di fiducia; il Pd si sottomise a quella richiesta e quella mozione fu votata solo da Sel, dal Movimento 5 stelle, dal deputato PDL Martino e dal sottoscritto. Questi sono i fatti. Avrei tanto voluto che i fatti stessero in altro modo. Oggi non saremmo in queste condizioni ed in questa trappola. Oggi Enrico, per replicare a Grillo, spiega che il Pd non era contro nel merito ma sul metodo. Mi viene da sorridere: l’accusa sarebbe quella che 4 mesi fa occuparsi di legge di salvaguardia sarebbe stata un’accelerazione impropria visto l’avvio del percorso delle riforme istituzionali. A prescindere da ogni valutazione sul concetto di accelerazione, dopo anni in cui si chiacchiera inutilmente di abolizione del Porcellum, anche in questo caso parlano i fatti. Stoppare quella iniziativa è servito solo a farci trovare nell’attuale situazione d’impasse. Oggi tutti mi spiegano che per cambiare il Porcellum non ci sarebbero i numeri e che quindi si potrà fare solo qualche correzione (legata ai possibili interventi della Corte Costituzionale) e quindi, addirittura, peggiorare l’attuale legge elettorale. Non so se sarà così ma certamente questo ragionamento vale per l’oggi. Il 28 maggio vi erano le condizioni per farlo e se non lo si è fatto è perché Letta, Franceschini, Finocchiaro e vertici del PD non hanno voluto. La conseguenza, temo di non sbagliarmi, è che torneremo a votare con questa legge o con una peggiore senza aver per lo meno garantito quello che tutti gli italiani si attendono: scegliere i propri rappresentanti. Ed i primi responsabili di questo siamo noi.
E per Enrico Letta la strada della polemica con Beppe Grillo adesso diventa impraticabile.
Tutto era cominciato l'altra sera con la partecipazione di Enrico Letta alla trasmissione Che Tempo Che fa: nella trasmissione di Fabio Fazio Letta aveva parlato di un Partito Democratico favorevole al Mattarellum:
“Il mio partito è stato sempre favorevole al Mattarellum, Grillo vuole il proporzionale o il Porcellum, il PdL non vuole il Mattarellum: ci vuole consenso riguardo la legge elettorale”, continua Letta spiegando che oggi ci sarebbero i voti per cambiarla. Fazio gli chiede di Barbara Berlusconi e della sua domanda a Ballarò sul perché il Pd è al governo con uno che chiama “delinquente”.Grillo aveva pubblicato un post che invece ricordava come il Pd avesse votato contro la riproposizione del Mattarellum proposta dal suo deputato Roberto Giachetti:
Ma a correggere Letta arriva proprio Giachetti, il primo firmatario della mozione bocciata. Il deputato del Partito Democratico ce l’ha proprio con il presidente del Consiglio:
Io penso che in politica, al di là delle dichiarazioni (sono anni che inseguiamo dichiarazioni roboanti sulla volontà di cancellare il Porcellum), delle buone o delle cattive intenzioni, contano i fatti. Ed i fatti purtroppo parlano chiaro: quando più di quattro mesi fa 100 deputati di quasi tutti i gruppi misero a disposizione del Parlamento la possibilità di passare dalle parole ai fatti, cioè di cancellare il Porcellum, Letta chiese al Pd di votare contro quella mozione, ponendo sostanzialmente una questione di fiducia; il Pd si sottomise a quella richiesta e quella mozione fu votata solo da Sel, dal Movimento 5 stelle, dal deputato PDL Martino e dal sottoscritto. Questi sono i fatti. Avrei tanto voluto che i fatti stessero in altro modo. Oggi non saremmo in queste condizioni ed in questa trappola. Oggi Enrico, per replicare a Grillo, spiega che il Pd non era contro nel merito ma sul metodo. Mi viene da sorridere: l’accusa sarebbe quella che 4 mesi fa occuparsi di legge di salvaguardia sarebbe stata un’accelerazione impropria visto l’avvio del percorso delle riforme istituzionali. A prescindere da ogni valutazione sul concetto di accelerazione, dopo anni in cui si chiacchiera inutilmente di abolizione del Porcellum, anche in questo caso parlano i fatti. Stoppare quella iniziativa è servito solo a farci trovare nell’attuale situazione d’impasse. Oggi tutti mi spiegano che per cambiare il Porcellum non ci sarebbero i numeri e che quindi si potrà fare solo qualche correzione (legata ai possibili interventi della Corte Costituzionale) e quindi, addirittura, peggiorare l’attuale legge elettorale. Non so se sarà così ma certamente questo ragionamento vale per l’oggi. Il 28 maggio vi erano le condizioni per farlo e se non lo si è fatto è perché Letta, Franceschini, Finocchiaro e vertici del PD non hanno voluto. La conseguenza, temo di non sbagliarmi, è che torneremo a votare con questa legge o con una peggiore senza aver per lo meno garantito quello che tutti gli italiani si attendono: scegliere i propri rappresentanti. Ed i primi responsabili di questo siamo noi.
E per Enrico Letta la strada della polemica con Beppe Grillo adesso diventa impraticabile.
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venerdì 27 settembre 2013
Giovane per la pensione e vecchio per il lavoro?
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mercoledì 25 settembre 2013
La Große Koalition (grande coalizione) Germania come l’Italia?
Dopo la strepitosa vittoria conseguita domenica dalla sua Cdu-Csu alle urne si è messa subito alla ricerca di un alleato per formare il nuovo governo del suo terzo mandato.
La caccia, però, potrebbe rivelarsi non facile: l’opzione più probabile è una grande coalizione con la Spd, ma i socialdemocratici potrebbero voler “osteggiare” la grande coalizione.
Altri quattro anni al potere a Berlino, come la “Lady di ferro” hanno la possibilità di incidere in profondità sui destini economici e politici europei.
La Merkel ha la possibilità ora di tracciare, insieme agli alleati europei, la strada nuova per l’Ue, una strada di coraggio e di ambizione, di solidarietà e di apertura. Certo, una strada diversa da quella a cui la Germania ha costretto l’Europa fino ad oggi. E' l’unico capo di governo a sedere al tavolo del Justus Lipsius a Bruxelles sin da prima della crisi, ben dodici anni. E saranno dodici, proprio come l’altra grande donna che ha attraversato la politica europea, la Thatcher, amata o odiata senza mezze misure e che dal 1979 al 1990 stravolse il tessuto economico e sociale del suo Paese, tirò fuori definitivamente la Gran Bretagna dal consesso europeo e aprì la strada, insieme a Ronald Reagan, alla deregulation finanziaria che ha certo contribuito a portare poi il mondo alla devastante crisi attuale.
Ce da precisare che ci sono molte differenze tra Margaret Thatcher e Angela Merkel.
Per esempio è dura e spigolosa la prima, più flessibile e riflessiva la seconda, ma non per questa più debole. Antieuropea nell’anima la Thatcher: «I want my money back» è una frase (riferita ai contributi britannici all’Ue) che rimarrà nella storia come molte altre del primo ministro britannico, al quale va dato atto di non aver mai avuto paura di seguire fino in fondo le sue idee e convinzioni, contro tutti e contro tutto.
Europeista convinta la Merkel, anche se negli ultimi anni la crisi economica e la ricerca di consenso interno hanno offuscato la sua immagine. La Merkel sa muoversi su più fronti strappando consensi grazie a una diplomazia innata, più nei modi che nella sostanza. Le sue idee, in realtà, sono molto chiare e nette.
Entrambe hanno avuto un punto in comune: nei lunghi anni al potere entrambe hanno avuto in mano le chiavi delle decisioni sul futuro europeo.
La prima donna cancelliera della Bundesrepublik viene confermata per un terzo mandato ed entra così nella ristretta galleria dei “grandi” cristiano democratici che vantano lo stesso primato: Konrad Adenauer e Helmut Kohl. Tutti gli altri, dal francese Nicolas Sarkozy al britannico Gordon Brown, ma anche lo spagnolo José Luis Zapatero e Silvio Berlusconi, non sono più stati riconfermati. E nemmeno sono “rimasti in vita”, anzi, sono stati i primi a cadere, i premier dei Paesi crollati sotto la crisi del debito, da Grecia a Irlanda e Portogallo, e infine la Spagna.
La riconferma di Angela Merkel era attesa a Bruxelles, ma non la valanga di voti con cui la cancelliera, unico leader politico europeo a essere sopravvissuto alla crisi, è stata rieletta. E le reazioni dei leader Ue arrivano con il contagocce, e con toni laconici fiduciosi nell’«impegno europeo» di Berlino. Di fronte hanno infatti la conferma della popolarità dell’approccio “pugno di ferro” finora seguito dalla Germania nella gestione della tempesta economico-finanziaria che ha colpito l’eurozona. E ciò vuol dire che, a prescindere da quella che sarà la composizione del futuro governo tedesco, la linea politica di Berlino sui temi europei - dall’Unione bancaria alle politiche per l’occupazione e la crescita - non subirà modifiche sostanziali.
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