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mercoledì 25 settembre 2013

La Große Koalition (grande coalizione) Germania come l’Italia?

Angela Merkel è al bivio della storia europea.

Dopo la strepitosa vittoria conseguita domenica dalla sua Cdu-Csu alle urne si è messa subito alla ricerca di un alleato per formare il nuovo governo del suo terzo mandato.
La caccia, però, potrebbe rivelarsi non facile: l’opzione più probabile è una grande coalizione con la Spd, ma i socialdemocratici potrebbero voler “osteggiare” la grande coalizione.

Altri quattro anni al potere a Berlino, come la “Lady di ferro” hanno la possibilità di incidere in profondità sui destini economici e politici europei.

La Merkel ha la possibilità ora di tracciare, insieme agli alleati europei, la strada nuova per l’Ue, una strada di coraggio e di ambizione, di solidarietà e di apertura. Certo, una strada diversa da quella a cui la Germania ha costretto l’Europa fino ad oggi. E' l’unico capo di governo a sedere al tavolo del Justus Lipsius a Bruxelles sin da prima della crisi, ben dodici anni. E saranno dodici, proprio come l’altra grande donna che ha attraversato la politica europea, la Thatcher, amata o odiata senza mezze misure e che dal 1979 al 1990 stravolse il tessuto economico e sociale del suo Paese, tirò fuori definitivamente la Gran Bretagna dal consesso europeo e aprì la strada, insieme a Ronald Reagan, alla deregulation finanziaria che ha certo contribuito a portare poi il mondo alla devastante crisi attuale.

Ce da precisare che ci sono molte differenze tra Margaret Thatcher e Angela Merkel.
Per esempio è dura e spigolosa la prima, più flessibile e riflessiva la seconda, ma non per questa più debole. Antieuropea nell’anima la Thatcher: «I want my money back» è una frase (riferita ai contributi britannici all’Ue) che rimarrà nella storia come molte altre del primo ministro britannico, al quale va dato atto di non aver mai avuto paura di seguire fino in fondo le sue idee e convinzioni, contro tutti e contro tutto.
Europeista convinta la Merkel, anche se negli ultimi anni la crisi economica e la ricerca di consenso interno hanno offuscato la sua immagine. La Merkel sa muoversi su più fronti strappando consensi grazie a una diplomazia innata, più nei modi che nella sostanza. Le sue idee, in realtà, sono molto chiare e nette.

Entrambe hanno avuto un punto in comune: nei lunghi anni al potere entrambe hanno avuto in mano le chiavi delle decisioni sul futuro europeo.

La prima donna cancelliera della Bundesrepublik viene confermata per un terzo mandato ed entra così nella ristretta galleria dei “grandi” cristiano democratici che vantano lo stesso primato: Konrad Adenauer e Helmut Kohl. Tutti gli altri, dal francese Nicolas Sarkozy al britannico Gordon Brown, ma anche lo spagnolo José Luis Zapatero e Silvio Berlusconi, non sono più stati riconfermati. E nemmeno sono “rimasti in vita”, anzi, sono stati i primi a cadere, i premier dei Paesi crollati sotto la crisi del debito, da Grecia a Irlanda e Portogallo, e infine la Spagna.

La riconferma di Angela Merkel era attesa a Bruxelles, ma non la valanga di voti con cui la cancelliera, unico leader politico europeo a essere sopravvissuto alla crisi, è stata rieletta. E le reazioni dei leader Ue arrivano con il contagocce, e con toni laconici fiduciosi nell’«impegno europeo» di Berlino. Di fronte hanno infatti la conferma della popolarità dell’approccio “pugno di ferro” finora seguito dalla Germania nella gestione della tempesta economico-finanziaria che ha colpito l’eurozona. E ciò vuol dire che, a prescindere da quella che sarà la composizione del futuro governo tedesco, la linea politica di Berlino sui temi europei - dall’Unione bancaria alle politiche per l’occupazione e la crescita - non subirà modifiche sostanziali.

domenica 22 settembre 2013

Il Papa: Signore, insegnaci a lottare per il lavoro​

Il denaro è un idolo, un sistema economico senza etica, che ruba la speranza e la dignità umana. Ed è la ragione più profonda della crisi profonda che il mondo sta vivendo e che mangia posti di lavoro, creando disoccupazione e sofferenza. Per questo occorre «dire no» a questo idolo ingiusto e «rimettere al centro l’uomo».

Papa Francesco ha lanciato da Cagliari (in una terra profondamente toccata da povertà e precarietà occupazionale) il suo nuovo “manifesto” sociale, schierandosi dalla parte dei lavoratori e chiedendo in preghiera a loro nome che non manchi per nessuno la possibilità di «portare a casa il pane guadagnato con il lavoro». «Signore Gesù – ha invocato - dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro». Sono queste le istantanee della prima parte della visita del Pontefice nel capoluogo sardo, dove è arrivato alle 8,15 e dove ha tenuto un memorabile discorso a braccio nel primo incontro della giornata (quello con il mondo del lavoro riunito a Largo Carlo Felice), prima di celebrare la Messa e recitare l’Angelus all’esterno del Santuario della Vergine di Bonaria.
Straordinaria la partecipazione della folla (120-150mila persone nei diversi appuntamenti) che ha tributato al Papa un lungo e caloroso abbraccio. Commovente l’incontro con i lavoratori, partecipata e raccolta (nonostante i numeri imponenti) l’Eucaristia domenicale. Estremamente affettuoso il saluto a circa 1300 ammalati, che hanno trovato posto nella Basilica della Bonaria. Ma ciò che resta nella memoria di questa mattinata sono soprattutto le parole sulla questione lavoro.

Il lavoro è dignità

Dopo aver ascoltato il saluto accorato di un operaio cassintegrato, di un’imprenditrice e di un agricoltore, Francesco ha praticamente messo da parte il discorso scritto e si è lasciato guidare dal cuore. «Con questo incontro ha esordito - desidero soprattutto esprimervi la mia vicinanza, specialmente alle situazioni di sofferenza: a tanti giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie, agli imprenditori e commercianti che fanno fatica ad andare avanti». Quindi ha ricordato che anche nella sua famiglia, prima della sua nascita, si era vissuta una situazione del genere. «Io non l'ho visto, ma ho sentito in casa parlare di questa sofferenza. Conosco bene questo». Di qui il suo appoggio. Devo dirvi: “Coraggio!”. Ma sono cosciente che devo fare di tutto, perché questa parola “coraggio” non sia una bella parola di passaggio! Non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della Chiesa che viene e vi dice: “Coraggio!”. No! Questo non lo voglio! Io vorrei che questo coraggio - ha affermato il Papa interrotto ripetutamente dagli applausi - venga da dentro e mi spinga a fare di tutto come pastore, come uomo». «Coraggio! – ha ripetuto - Dobbiamo affrontare con solidarietà e intelligenza questa sfida storica».
La mancanza di lavoro, infatti, «porta a sentirti senza dignità». «Dove non c’è lavoro, manca la dignità», - ha proseguito Francesco. E quindi, allargando lo sguardo, ha aggiunto: «Questo non è un problema della Sardegna soltanto - ma è forte qui! - non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Paesi di Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia; un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro. Dio ha voluto - ha osservato il Pontefice - che al centro del mondo, non ci sia un idolo, ma ci sia l’uomo, l’uomo e la donna, che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo. Ma adesso in questo sistema, senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatro di questo "dio denaro". Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo».
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. «Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli ultimi, cadono gli anziani, perché in questo mondo non c’è posto per loro! Alcuni parlano di eutanasia nascosta - ha proseguito il Pontefice - di non curarli, di non averli in conto. E cadono i giovani che non trovano il lavoro, la dignità. Ma un mondo dove i giovani - due generazioni di giovani - non hanno lavoro non ha futuro».

La preghiera per il lavoro

Un'autentica ovazione ha sottolineato questo passo del discorso. «Lavoro, lavoro, lavoro», ha scandito la folla. E il Papa ha risposto: «Questa è la preghiera. E’ una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare. Per difendere questo sistema economico idolatrico si istaura la “cultura dello scarto”: si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”. Noi dobbiamo dire: “Vogliamo un sistema giusto. un sistema che ci faccia andare avanti tutti”. Dobbiamo dire: “Noi non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male!”. Al centro devono esserci l’uomo e la donna come Dio vuole, e non il denaro!». Quindi ha aggiunto: «A tutti, a tutti voi, quelli che avete lavoro e quelli che non avete lavoro, vi dico: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Forse la speranza è come la brace sotto le ceneri: aiutiamoci con la solidarietà, soffiando sulle ceneri, perché il fuoco venga ravvivato. Ma la speranza ci porta avanti. Quello non è ottimismo, è un’altra cosa. Ma la speranza - ha detto - non è di uno: la speranza la facciamo tutti. Per questo vi dico: “Non lasciatevi rubare la speranza!”. Ma siamo furbi - ha osservato - perché il Signore ci dice che gli idoli sono più furbi do noi. In questo momento, nel nostro sistema economico, nel nostro sistema globalizzato di vita, al centro c’è un idolo e questo non si può fare! Lottiamo tutti insieme perché al centro, almeno della nostra vita, ci siano l’uomo e la donna, la famiglia, tutti noi, perché la speranza possa andare avanti. Non lasciatevi rubare la speranza». ha ripetuto Papa Francesco, congedandosi con una preghiera. «Signore Dio guardaci! Guarda questa città, questa isola. Guarda le nostre famiglie. Signore, a Te, non è mancato il lavoro, hai fatto il falegname, eri felice. Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciare soli. Aiutaci ad aiutarci fra noi, facendoci dimenticare un po’ l’egoismo per sentire nel cuore il “noi”, noi, popolo, che vuole andare avanti. Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi».

La Messa sotto lo sguardo di Maria

Nel discorso scritto (che si dà per letto ed è stato consegnato all’arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio) il Papa spiegava che «la crisi non è solo economica, ma etica, spirituale e umana. E alla radice c’è un tradimento del bene comune, sia da parte di singoli, che di gruppi di potere. E’ necessario quindi togliere centralità alla legge del profitto e della rendita». Successivamente, nell’omelia della Messa, Francesco ha completato il concetto: «E’ necessaria la collaborazione di tutti, con l’impegno delle istituzioni, per assicurare alle persone e alle famiglie i diritti fondamentali, e far crescere una società più fraterna e solidale». Quindi, rivolgendosi alla Vergine della Bonaria, patrona della Sardegna (che tra l’altro ha dato il nome a Buenos Aires), il Papa ha detto: «Madre, donaci il tuo sguardo». Lo sguardo della Madonna, infatti, «ci aiuta a guardarci tra noi in modo fraterno». E’ lo sguardo che ci insegna ad «accogliere, accompagnare, proteggere i più abbandonati, i malati, coloro che non hanno di che vivere, coloro che non conoscono Gesù, i giovani che non trovano lavoro». Soprattutto, ha auspicato Francesco, «il nostro cuore di figli sappia difendere quello sguardo da tanti parolai che promettono illusioni; da coloro che hanno uno sguardo avido di vita facile, di promesse che non si possono compiere». Al termine della celebrazione, ha detto a nome di tutti l’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, «ci siamo sentiti amati in modo tutto particolare. Sappia che i sardi non dimenticano mai chi vuole loro bene. Con la sua visita nasce una speciale parentela spirituale e affettuosa tra lei e la Sardegna».

Mimmo Muolo Fonte: Avvenire.it

mercoledì 18 settembre 2013

I neolaureati e il primo impiego. Gli errori, le chance e le imprese.

Quello che i giovani non dovrebbero mai fare quando entrano per la prima volta in azienda. E quello che le aziende dovrebbero invece fare quando li accolgono. Le figure professionali che risentiranno di meno della flessione economica. Le potenzialità dei nuovi strumenti di selezione e i consigli a chi si mette alla ricerca di un lavoro nell'intervista a Isabella Covili Faggioli vice Presidente AIDP, associazione italiana della direzione del personale.

Qual è secondo lei l’errore che fanno più di frequente i neolaureati quando si avvicinano al mondo delle imprese?
Studiare non è un esercizio banale, è duro e faticoso, e quando si arriva alla laurea si pensa di aver raggiunto la soglia del paradiso. Il primo errore è non mettere in preventivo che si ricomincia da capo. Tutto quello che è stato imparato sarà importante più avanti. Il primo passo è entrare in un’azienda con umiltà, capirne le dinamiche, capire che chi è lì da anni può essere un patrimonio di conoscenze da acquisire e che un tutor è il bene più prezioso che si possa trovare e utilizzarlo può fare felice lui e molto pro ai giovani.
C’è secondo lei invece un errore che le imprese fanno più di frequente quando accolgono un neolaureato tra la propria forza lavoro?
Tutti in azienda, purtroppo, lottano con il tempo e molte volte si abbandonano, per questo, i giovani che entrano a loro stessi. Questo è l’errore più grande perché non si ottimizzano le risorse. Con un piccolo investimento di tempo si può avere un ritorno più veloce e più motivato. Occorre anche parlare di più con i giovani che entrano in azienda anche perché parlando con loro si scoprono loro potenzialità non dichiarate.
 
Quali saranno secondo lei le figure professionali che nei prossimi mesi risentiranno di meno della flessione economica?
Penso che la flessione economica colpirà un po’ tutte le figure professionali. Ci saranno meno opportunità. Ma proprio perché parlo di un minor numero, significa che qualche opportunità ci sarà. E sarà diretta alle candidature eccellenti. L’Amministratore Delegato di una multinazionale mi confermava, pochi giorni fa, che dall'esterno oggi devono arrivare solo high performer o high potential per dare stimoli alle persone già presenti nella struttura. Se non si trovano queste caratteristiche nei candidati, allora vale la pena di far crescere chi in azienda è già presente in modo da avere riscontri positivi sul clima interno. Quindi significa che oggi oltre ad avere un’ottima preparazione di base e conoscenze linguistiche ed informatiche occorre avere conoscenza del mondo, aver diversificato le esperienze e mirato attentamente il proprio percorso. Queste figure difficilmente sentiranno la crisi soprattutto se sono nell'ambito commerciale o con specializzazioni specifiche. Chi, comunque, sente meno la crisi oggi è il tecnico in senso stretto di ogni settore merceologico: il manutentore per il metalmeccanico o il modellista per l’abbigliamento, per fare alcuni esempi.
Quali saranno invece le figure professionali che secondo lei avranno più difficoltà?
Ci sono molte aziende che sono nate nel dopoguerra e che sono cresciute o comunque hanno mantenuto fino ad oggi la loro posizione sul mercato, ma che dichiarano già difficoltà. Il personale di quelle aziende, che è magari in quel contesto da molti anni perché l’azienda ha privilegiato la fedeltà riconoscendola anche economicamente, avrà le difficoltà maggiori se si deve rimettere sul mercato. Ed oggi vediamo molti di questi esempi. Questo personale si deve riqualificare perché ha sempre visto un solo modo di operare e molte volte ha un ruolo costruito sulle capacità personali e sulla conoscenza acquisita più che sull'organizzazione in senso stretto. Occorre aiutare questi lavoratori a riadattare la professionalità alle esigenze di altre aziende in modo che queste nuove competenze unite a qualche agevolazione per l’azienda che assume possano essere la chiave di volta per la ricollocazione. 
 
Ritiene che in Italia i siti di social network possano svolgere già un ruolo significativo per la selezione di nuovo personale? E perché?
I siti di social networking stanno avendo un successo incredibile come strumento di conoscenza. In questo senso possono essere utilizzati, come strumento ulteriore, per conoscere eventuali opportunità od eventuali interessati ad una opportunità. Lasciatemi dire però che solo il colloquio reale e non virtuale e la conoscenza della persona porta a capire la coerenza tra quanto viene proposto dalle aziende e le attese e le esperienze del candidato.
Pensa che in futuro vedremo molto video-curriculum o interesseranno un piccolo segmento di professioni?
Se bastasse leggere le competenze per capire che ci sono e se bastasse leggere le attese ed i desiderata per capire quali sono, basterebbero i video curriculum. Opero da molti anni con le risorse umane, ho incontrato decine di migliaia di persone, candidati e dipendenti, e mi sento di dire che, la persona è ancora il soggetto più difficile. Possiamo utilizzare gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione con grande efficacia, l’importante è che questi rimangano strumenti.
Qual è il consiglio che si sente di dare a un neolaureato che si mette alla ricerca di un impiego per la prima volta?
Per mettersi alla ricerca di un lavoro occorre, a mio avviso, avere chiaro un obiettivo, sapere dove si vuole andare ed in base a quello concentrare la ricerca sulle aziende che sono coerenti con il proprio obiettivo e nel momento in cui si contattano cercare di essere chiari e spiegare il perché si vorrebbe entrare in contatto con loro. E per fare questo è bene attivare tutte le conoscenze che si hanno per capire se il disegno che si ha in testa è corretto e tentare di inviare il curriculum alla persona più adeguata in azienda. Un errore da non fare è poi quello di sottovalutare le opportunità che capitano. Molte volte si snobbano per non conoscenza del tipo di attività e di contesto. Anche qui cercare di avere informazioni da chi ne sa di più è utile e tante volte illuminante.

 Il lavoro: quando è gratificante...

È scontato e semplicistico affermare che si lavora per far fronte alle proprie esigenze economiche. Ma il lavoro, perché sia gratificante, va visto con altri occhi. Spesso non ci fermiamo a riflettere sui ritorni positivi che il lavoro ha su ognuno di noi.

Dal mio punto di vista, chi vuole avere un giusto approccio col mondo del lavoro deve vedere in esso la realizzazione di una parte importante della propria persona e trovare nel lavoro un'auto-gratificazione, come persona inserita in un contesto produttivo e sociale. Ognuno di noi è un anello della catena della vita e deve dare il proprio contributo, cercando di mantenere un buon equilibrio interiore e un buon rapporto con gli altri.

Per stare bene una persona deve sentirsi soddisfatta del proprio lavoro e vedere riconosciute ed apprezzate le proprie capacità nel contesto in cui opera. L’autostima di ciascuno di noi è legata a diverse aree:

    la sfera affettiva

    la sfera lavorativa

    la sfera sociale

queste si intrecciano per formare l’immagine che ognuno di noi ha di se stesso. Anche chi per varie circostanze non ha “bisogno” di lavorare per vivere, vuole comunque essere parte attiva ed integrante della società e si fa promotore di attività utili a se stesso e a chi lo circonda. Chi viceversa si sente costretto a lavorare solo sulla base del bisogno o fa qualcosa che non lo gratifica in alcun modo, finisce per sentirsi frustrato e rendere il proprio lavoro sterile.

Un’altra parte importante della vita lavorativa è la socializzazione che avviene nel momento in cui si instaura un regime di interscambio tra le persone: dare e ricevere informazioni per un arricchimento reciproco. Non solo è importante continuare a ricercare nuove conoscenze per migliorarsi, ma lo è altrettanto trasmettere agli altri quanto si è appreso per creare valore aggiunto. Il coinvolgimento nella circolazione delle idee all’interno del gruppo di lavoro è la testimonianza principale di un buon funzionamento dello stesso.


Fonte: miojob.it e newjoblog.wordpress.com


lunedì 16 settembre 2013

"L'Italia che risorge" la nave che ritorna in mare

Simbolicamente vedrei questa operazione come "l'Italia che risorge"

 

Ricordo le vittime di questa brutta tragedia, avvenuta lo scorso 13 Gennaio 2012 sull'isola del Giglio. Interpreto con ottimismo questa difficile rotazione, e simbolicamente vedrei questa azione come l'inizio di un "Italia che risorge", bello no! Guardare in piedi una struttura nata come nave da crociera rende l'idea del fatto che, tutto ritornerà come prima, sempre simbolicamente parlando.

Rasserenato dal fatto che l'incubo per gli isolani sia finito, ora è arrivato il momento di guardare al futuro pensando a questa rotazione/riemersione come un risollevamento sociale, che deve far riflettere l'intera opionione pubblica.
Esempio per chi crede che non ci si possa risollevare dagli incubi, trazione di energia umana richiesta per reimpostare un enorme struttura cioè la nostra "fauna" politica/marittima, stimolo di forza e di coraggio che deve far riflettere soprattutto la struttura politica che ci governa.

E' un pensiero rivolto a chi, continuamente parla degli "spiccioli" e dei temi perditempo. Frutto di un governo delle larghe intese tra Pd e Pdl. Poichè ancora effettivamente si parla di IMU e di risparmio di 4 miliardi di euro, considerando che il nostro PIL è di 1600 miliardi, in effetti hanno spostato un rametto di albero in un sottobosco "intrecciato".

Ci sono ancora, anzi siamo ancora in 9 milioni di disoccupati che aspettano che la variante alla enorme tassazione alle imprese cessi. Quindi che l'intera struttura istituzionale si attrezzi di corde d'acciaio e di salvagenti per recuperare i superstiti ancora a galla. Perchè non eliminare le pensioni d'oro riportandoli ad una quota annuale di 50.000 Euro e non di 600.000 Euro l'anno?

Bisognerebbe risollevarsi da questo incidente evitando di aumentare le tasse per i contributi IRPEF, ci vorrebbero meno tasse per i redditi che non superano una certa soglia di spesa, e magari qualche pacchetto di solidarietà sociale, questi provvedimenti risanerebbero, a questo punto risolleverebbero, le sorti economiche e sociali di questo paese.

Simbolicamente vedrei questa operazione come "l'Italia che risorge"
Simbolicamente vedrei questa operazione come "l'Italia che risorge"
Simbolicamente vedrei questa operazione come "l'Italia che risorge"

"Stabilità politica e decadenza ad personam, aspettando i 101"

Può mai decidersi la “stabilità politica” in un giorno "fatidico"?
Cioè Mercoledì prossimo, 18 settembre. In quel giorno la Giunta per le elezioni e per le immunità del Senato, voterà la relazione di Augello (Pdl) sul caso Berlusconi. Ora, facciamoci le domande giuste.


Dunque quali margini di manovra bisogna utilizzare per evitare una crisi di governo?
Primo, il premier Enrico Letta dal palco di Scelta Civica, a Caorle, lancia un messaggio ai cittadini, «dietro le quinte, remano contro il governo: basta vergognarsi delle larghe intese perché in tutti i paesi europei le grandi coalizioni nascono con l’obiettivo di fare quelle riforme che nessun partito, da solo, può realizzare.» A cominciare dall’ammodernamento di quella Carta costituzionale che è certamente «la più bella del mondo» nella sua prima parte, ma non nella seconda visto che contiene alcune «follie» come ad esempio il bicameralismo perfetto.
Il premier rivendica il diritto-dovere di ammodernare la Costituzione, contro il «conservatorismo istituzionale».
Ribatte poi la necessità di cambiare la legge elettorale, sottolineando di non voler restare a palazzo Chigi unicamente perché non si può andare a votare con il “porcellum”. Promette che la Service Tax, che dall’anno prossimo sostituirà l’Imu, sarà più «equa» e «giusta».
E rassicura Mario Monti sul fatto che proseguirà sulla strada del risanamento, puntando però ad una maggiore crescita. Il cuore del suo intervento è sulla necessità di credere in quello che si sta facendo.
Un richiamo soprattutto a quelle componenti del Pd - renziani senz'altro, ma anche dalemiani e bersaniani, che mal digeriscono l’alleanza con il Pdl e che (forse è proprio questo il timore inconfessato di Letta) potrebbero decidere di puntare al voto a marzo spartendosi segreteria e governo.
«A volte - avvisa Letta in uno dei passaggi più applauditi - ho l’impressione di essere un campo di battaglia in cui se le danno di santa ragione. Così non funziona, non si va da nessuna parte». Bisognerebbe al contrario usare questo «percorso fino in fondo» per cercare di«trovare compromessi» cha facciano avanzare il Paese. «Nessuno - aggiunge ironico – si prenderà un virus o sarà contagiato: non dobbiamo vergognarci di quello che stiamo facendo» perchè stiamo lavorando per il cambiamento del Paese con «risultati potenzialmente rivoluzionari».
Che la situazione sia recuperabile e che vi siano ancora le condizioni per andare avanti, esce rafforzata, ma non a lungo.

Cosa fa il capo dello stato?
Secondo, Giorgio Napolitano, dal Quirinale, osserva attivamente l’evolvere della situazione pur mostrando la consueta serenità attraverso una serie di incontri istituzionali da tempo programmati. Ciò che è certo, riferiscono fonti parlamentari, è che il presidente non ha gradito l’accelerazione dei lavori in corso i lavori della Giunta, ritenendo che un tempo congruo alla tesi di Berlusconi andasse concesso.
C'è molta preoccupazione del Colle, condivisa anche a palazzo Chigi, è quella che si materializzi il peggiore degli scenari cioè la situazione si stringe al di là delle intenzioni dei singoli protagonisti. «È un po’ come quando il pilota, convinto di riuscire a riportare l’aereo in quota, all’ultimo momento perde il controllo e finisce per schiantarsi», spiega un deputato, attribuendo la metafora ai palazzi più alti della politica. Pareri che si ritrovano anche nel messaggio che Napolitano recapita ad una delegazione del comune di Barletta, per il 70esimo anniversario della ribellione all’occupazione nazista. «Se noi non teniamo fermi e consolidiamo questi pilastri della nostra convivenza nazionale tutto è a rischio, tutto può essere a rischio», rimarca il capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Nel cantone dell'economia?
Terzo, anche se direi "primo", la Bce arriva di nuovo interpellandoci sul deficit, visto come un avvertimento dell’Europa all’Italia: gli ultimi dati sulla crescita non piacciono (-0,2% nel secondo trimestre), preoccupa l’instabilità politica che potrebbe bloccare la ripresa e l’Eurogruppo chiede all’Italia chiarimenti anche sulle ultime misure come ad esempio l’abolizione dell’Imu. E il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni spiega, rassicura, illustra le coperture, ribadisce gli impegni assunti con l’Europa, il rispetto degli obiettivi di bilancio. In attesa del momento della verità che arriverà prima con l’aggiornamento del Def (documento economico finanziario) il 20 settembre e poi con le nuove previsioni economiche della Commissione Ue a novembre che terranno anche conto di tutte le ultime misure. Una considerazione condivisa anche dal presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem: «Per l’Italia la cosa più importante è la stabilità politica», avverte prima di entrare e ripete uguale anche al termine della riunione in cui la Commissione europea chiede all’Italia chiarimenti su vari aspetti.

Se si votasse per la decadenza di Silvio Berlusconi?
Quarto, dopo il voto sulla relazione di Augello, per la quale è effettivamente scontata la bocciatura visto che Pd, M5S, Sel e Sc sono per il rispetto della legge Severino che prevede la decadenza dal mandato di parlamentare, per chi venga colpito da condanna definitiva superiore a due anni, il lavoro della Giunta continuerà. Poichè ci sarà il così detto verdetto finale in aula ai primi di ottobre.


In quella sede (al Senato) si voterà o no con il voto palese? O continueranno a votare segretamente?
Io non lo so, so solamente che bisognerebbe evitare un altro caso di 101 franchi tiratori del Pd. Gli stessi  che “permisero” la non elezione di Romano Prodi finendo la sua aspettativa di diventare Presidente della Repubblica, franchi tiratori del Pd, cioè del suo stesso partito, così come era avvenuto il giorno prima per Franco Marini. Io domanderei a Pippo Civati, sostenitore degli stessi: cosa farebbero adesso quelli dei 101? Voterebbero a favore di Silvio?


martedì 10 settembre 2013

Fermiamo questa follia, salviamo il Paese

Far cadere il governo per favorire gli interessi di un uomo solo porterebbe alla dissoluzione, con pesanti conseguenze per le famiglie e le imprese. Affossarlo prima del tempo sarebbe masochismo nazionale.


Le gente non ne può più di polemiche sterili e dannose per il Paese. Da mesi, ormai, non si fa altro che parlare, in modo ossessivo, della decadenza di Berlusconi da senatore, dopo una condanna di terzo grado per frode fiscale. Quasi fosse l’unico problema dell’Italia, alle prese con una crisi che ancora morde duramente. E nonostante, appena fuori i nostri confini, il mondo tenga il fiato sospeso per il rischio di una guerra che dalla Siria può allargarsi, a macchia d’olio, dal Medio Oriente al resto del mondo. Le dichiarazioni di responsabilità si sprecano, ma sono solo parole vuote. Di responsabilità ce n’è davvero ben poca. Qualsiasi persona di buon senso capisce che gettare oggi il Paese nell’instabilità politica è un’insana follia che porta al caos e alla dissoluzione, del tanto peggio tanto meglio, con pesanti conseguenze sui bilanci delle famiglie e delle imprese che cominciano a intravvedere un barlume di speranza e di ripresa.

Per non dire del giudizio internazionale e dei mercati che approfitterebbero di questa congenita inaffidabilità italiana per colpire con durezza. E tutto ciò, proprio quando il governo Letta, pur con i tanti limiti e sotto continui ricatti, è riuscito a conseguire qualche buon risultato, nazionale e internazionale. Affossarlo prima del tempo, prima del semestre europeo a guida italiana, senza che sia stata varata una nuova legge elettorale al posto del deprecato “porcellum”, (che tutti però si tengono stretto, Grillo incluso), sarebbe il massimo del masochismo nazionale, che al bene dei cittadini fa prevalere interessi particolari. Ancora di recente in un’intervista a Famiglia Cristiana, il presidente dei vescovi italiani, cardinale Bagnasco, ha ammonito che chi, in questo momento, si impunta per far cadere il governo sarà segnato a “futura memoria”.

Sarà difficile chiedere nuova fiducia agli elettori dopo averli penalizzati. L’”accanimento terapeutico” per salvare il “soldato Silvio” dopo una condanna definitiva, rischia di gettare il Paese nel caos istituzionale e sociale. Senza sbocchi certi per nessuno. A chi giova? Non certo alle famiglie e ai giovani che vedono il loro futuro sempre più incerto. Eppure, quando fu varato il governo Letta, Berlusconi dichiarò che le sue vicende personali non avrebbero influito sulle sorti del governo. Forse, abbiamo capito male, pazienza.

Don Antonio Sciortino
Famiglia Cristiana del 10 Settembre 2013

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