Fautore della costruzione europea in visione
federalista è stato primo ministro del Lussemburgo per 19 anni e per 8
ha guidato l'Eurogruppo.
Il democristiano Jean-Claude Juncker è un veterano dell’Europa delle
istituzioni e un federalista ostile a molte delle esenzioni chieste
dagli inglesi. Juncker, che è stato nominato oggi presidente della
Commissione dal Consiglio Ue, è fautore della costruzione europea in
visione federalista che gli è valso nel 2006 il prestigioso premio Carlo
Magno per l’unificazione europea.
«Per me l’Europa – ha avuto spesso modo di dire – è un insieme di
azioni concrete e di convinzioni forti» anche se «le convinzioni forti
non aggiungono niente quando non si dà prova di pragmatismo».
Primo ministro del Lussemburgo per ben 19 anni dal 1995 al 2013,
Juncker ha conosciuto tutti i dirigenti europei dai tempi di François
Mitterand e Helmut Kohl. Ha dunque vissuto le profonde trasformazioni
che in questi anni ha avuto l’Unione europea, il fallimento del trattato
costituzionale nel 2005 e l’entrata in vigore del trattato di Lisbona 4
anni più tardi, ma anche la nascita della moneta unica, la crisi del
debito sovrano e il salvataggio dell’euro, un obiettivo a cui si è
dedicato con grande impegno negli 8 anni passati alla testa
dell’Eurogruppo.
Nato il 9 dicembre del 1954 in uno dei sei Stati fondatori
dell’Unione, un piccolo paese situato tra la Francia e la Germania,
cristiano sociale abituato alle coalizioni con i socialisti con i quali
ha sempre governato, ha dato prova in tutti questi anni delle sue
abilità di mediatore e negoziatore attento al compromesso.
Figlio di un operaio siderurgico, ha lasciato la guida del governo in Lussemburgo alla fine del 2013, quando
uno scandalo legato ai servizi segreti lo ha costretto ad uscire di
scena, non è chiaro con quanti rimpianti visto che la sua attività
europea eclissava di gran lunga quella nel Granducato.
Sono molti i politici europei che gli riconoscono non solo
un’approfondita conoscenza dei meccanismi comunitari ma anche il fatto
che non ci sia persona che Juncker non conosca tanto più che è l’unico
in questo momento a poter fare una sintesi tra la destra sociale e la
sinistra social democratica e ha una doppia cultura sia francese che
tedesca.
Il primo ministro inglese David Cameron, che ha condotto una vera
crociata contro la sua candidatura, lo accusa di essere un uomo del
passato e la peggior persona per guidare l’esecutivo europeo. Oltre
manica Juncker è stato al centro di una violenta campagna di stampa: è
stato accusato di avere un debole per l’alcool e alcuni tabloids
inglesisono arrivati persino a trattare suo padre, arruolato a forza
nella Wermacht durante la seconda guerra mondiale, come un nazista.
Rilanciato sulla scena europea dopo la sua esclusione dal potere nel
suo paese, Jean-Claude Juncker è apparso all’inizio della campagna come
il candidato alla presidenza del consiglio europeo, che nel 2009 non era
riuscito a conquistare, piuttosto che della Commissione con i suoi
ritmi sfrenati.
Durante la campagna elettorale per le europee Juncker, che era il
candidato del Ppe e che compirà 60 anni alla fine dell’anno, ha avuto
difficoltà ad entusiasmare nei suoi discorsi. Nel corso degli anni è
stato spesso giudicato per il suo umorismo spigoloso e per il suo
parlare franco al punto da non esitare di usarlo contro le grandi
capitali quando rifiutò il dictat franco-tedesco sull’Europa chiedendo a
Parigi di rispettare i suoi impegni in tema di deficit o invitando
Berlino a una maggiore solidarietà nei confronti dei paesi in crisi.
Nel giugno del 2005 denunciò «gli interessi meschini e sordidi» che
si nascondevano dietro l’opposizione britannica al progetto del suo
super Stato europeo, nel corso di un discorso al parlamento europeo
considerato come un violento attacco anti britannico.
Tuttavia questo navigato uomo politico europeo ha dato prova di saper
coniugare il suo idealismo con un solido senso di realismo, anche se
per molti alla guida dell’Eurogruppo ha contribuito a elaborare e a
mettere in pratica le politiche di austerità imputate in seguito alla
Commissione.
English version.
European Union leaders have chosen former Luxembourg Prime Minister Jean-Claude Juncker to become the 28-nation bloc's new chief executive.
EU Council President Herman Van Rompuy said Friday in a Twitter message that leaders nominated Juncker as the next President of the European Commission, the bloc's powerful executive arm.
Juncker's nomination is breaking with a decades-old tradition of choosing the Commission president by consensus because Britain opposed him.
Juncker still needs to be confirmed by the European Parliament before starting his term later in the year, taking over from Jose Manuel Barroso.
British Prime Minister David Cameron said earlier Friday he would vote against Juncker because he views the 59-year-old as the embodiment of a pro-integration, consensus-favoring, empire-building Brussels clique that won't return power to member nations.
Europaquotidiano.com
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sabato 28 giugno 2014
martedì 24 giugno 2014
lunedì 16 giugno 2014
"Lettera aperta a Matteo Renzi" = Apertura del M5S
Volevo spiegare ai miei lettori più attenti che il Movimento 5 Stelle
apre al Presidente del Consiglio Matteo Renzi: proponendo il
"Democratellum".
Il M5S presenta, con una
lettera aperta a Renzi pubblicata sul blog di Grillo, il
“Democratellum”, la proposta di legge elettorale su cui cercare
un accordo con il governo.
Con questa lettera,
pubblicata di sotto, il Movimento chiede un incontro in streaming con
il premier Matteo Renzi. La proposta prevede un sistema
proporzionale, voto di preferenza e la garanzia sulla governabilità.
La proposta “garantirebbe a una forza che ottiene il 40% dei voti
di avere oltre il 50% dei seggi in Parlamento”. “Noi facciamo sul
serio”, ha detto Grillo su Facebook.
Il M5S annuncia: dialogo
con Renzi? Per evitare limbo “Non ci impicchiamo alla presenza di
uno o di un altro. Aspettiamo la risposta alla lettera inviata alla
presidenza del Consiglio”.
Così il vice presidente
della Camera, Di Maio (nella conferenza stampa sulla proposta di
riforma elettorale del M5S), sulla presenza di Renzi e Grillo al
confronto col governo “Prima eravamo convinti che avremmo potuto
far cadere il governo Renzi. Ora, dopo il risultato delle europee, si
prospetta una vita più lunga delle forze politiche”.
La scelta di dialogare è,
dice Di Maio, per evitare “il limbo”.
Lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
sono passati ormai sei mesi da quando la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle principali disposizioni della legge per l’elezione della Camera e del Senato. A seguito di tale sentenza, risulta oggi in vigore una legge elettorale marcatamente proporzionale che prevede la possibilità di esprimere un voto di preferenza.
Lei ha più volte manifestato la volontà di modificarla, perché essa non sarebbe in grado di garantire la governabilità. Per raggiungere questo obiettivo, Lei ha concordato con Forza Italia una proposta di riforma, l’Italicum, che ripropone i profili di incostituzionalità del Porcellum: premio di maggioranza abnorme e impossibilità per i cittadini di esprimere la propria preferenza.
Il MoVimento 5 Stelle nei giorni scorsi ha depositato alla Camera e al Senato la propria proposta di legge elettorale, che per semplicità riferiremo come Democratellum. È il frutto di un intenso lavoro portato avanti da decine di migliaia di cittadini che per mesi hanno contribuito direttamente a determinarne le caratteristiche. La nostra proposta assicura la rappresentatività del Parlamento e rafforza il rapporto tra eletti ed elettori. Infatti, si tratta di un sistema proporzionale in circoscrizioni di dimensioni intermedie che, pur essendo sensibilmente selettivo, grazie alla formula del divisore corretta, consente l’accesso al Parlamento anche alle forze politiche piccole. Inoltre, prevede la possibilità per gli elettori non solo di esprimere un voto di preferenza, ma anche di penalizzare i candidati sgraditi, favorendo in questo modo una più diretta responsabilità degli eletti nei confronti degli elettori.
Il Democratellum favorisce la governabilità, senza presentare profili di incostituzionalità. Il suo impianto limita la frammentazione dei partiti e avvantaggia le forze politiche maggiori. Il sistema non richiede coalizioni preelettorali e così evita che i partiti debbano annacquare la propria proposta elettorale a causa di alleanze tattiche obbligate, che, nell’esperienza italiana, si sono rivelate meri espedienti elettorali incapaci di reggere alla prova del governo del Paese. Sulla base della nostra proposta, inoltre, una forza politica che ottenga un deciso consenso elettorale potrà governare anche da sola, senza che sia necessario raggiungere la maggioranza assoluta dei voti.
In estrema sintesi sono questi gli obiettivi cui il Democratellum è diretto. Esso non è avanzato per favorire il MoVimento 5 Stelle ma per perseguire una democrazia compiuta ed un sistema politico più utile ai cittadini. Non si tratta infatti di un proporzionale puro, bensì di un sistema che consente a una forza politica che ottenga attorno al 40% dei consensi di avere oltre il 50% dei seggi.
Per queste ragioni, constatando la necessità di avere in Italia una legge elettorale in tempi brevi come auspicato da anni dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Le chiediamo di fissare un incontro, naturalmente in streaming per ragioni di trasparenza, così da poterne discutere direttamente.
In attesa di un gentile riscontro, Le porgiamo i nostri migliori saluti."
M5S Camera e Senato
sabato 14 giugno 2014
"A proposito dell'euro"
7 quesiti che possono aiutarci a fare
chiarezza sulla moneta unica
Quali sono stati i principali difetti
nella costruzione iniziale dell’euro?
Al
momento del lancio, nel 1999, l’euro prevedeva un’unione
monetaria completa – con i tassi di inte-ressi fissati dalla BCE di
Francoforte per l’intera zona – ma non prevedeva una
corrispondente unione economica, visto che le politiche economiche e
fiscali rimanevano in larga misura prive di un coordi-namento tra gli
Stati membri. La crisi ha rilevato le carenze insite in tale
costruzione.
Questo
insufficiente coordinamento delle politiche economiche nella zona
euro ha portato a un proli-ferare incontrollato di squilibri
macroeconomici. Le regole messe in atto per assicurare solide
politiche di bilancio si sono rivelate troppo deboli e spesso non
sono state rispettate. La supervisione finanzia-ria è stata in
massima parte lasciata alla responsabilità dei singoli Stati. Quando
la crisi ha colpito la zona euro tali carenze si so-no palesate,
provocando una crisi di fiducia degli investitori riguardo all’euro,
che molti hanno criticato definendolo una costruzio-ne troppo fragile
per i periodi di crisi. Dal 2010 la Commissione ha intrapreso misure
decise per rimediare a tali carenze e raffor-zare le fondamenta
dell’euro.
Perché chi ha progettato la moneta
unica non ha previsto i problemi che tali carenze avrebbero
provocato?
Tutti
i rapporti pubblicati sulla moneta unica (come il Rapporto Werner o
il Rapporto Delors ) sottolineavano la necessità di raffor-zare il
coordinamento economico e disporre di regole relative ai bilanci
nazionali, problemi di cui si è tenuto conto sin dall’inizio nella
progettazione dell’Unione economica e monetaria. Ma gli Stati
membri si sono mostrati riluttanti nel cedere la propria sovra-nità
in materia di politica economica, e questo ha portato a una maggiore
gradualità nella costruzione dell’unione economica. Le regole
relative ai bilanci non sono state sempre rispettate da tutti gli
Stati membri.
In che modo si è rimediato a tali
carenze?
A partire dal 2010, la zona euro
dispone di un coordinamento rafforzato in materia economica e di
bilancio, che agisce su diversi piani:
- Le norme in materia di bilancio dell'area dell'euro sono state rafforzate. Ora l'accento si è spostato sull'azione preventiva in tempi non di crisi, per esempio tenendo sotto controllo la spesa e istituendo organi nazionali indipendenti incaricati di monitorare le politiche di bilancio dei governi.
- Abbiamo introdotto nuove regole volte a individuare e correggere gli squilibri macroeconomici. Avevamo infatti consta-tato che sviluppi economici insostenibili, ad esempio sul mercato immobiliare, possono destabilizzare un'intera economia e avere ripercussioni sul resto dell'area dell'euro.
- La crisi finanziaria ha posto in evidenza la necessità di regolamentare e monitorare con maggiore efficacia il settore bancario. Per questo motivo, a partire dal 2010 la Commissione ha proposto quasi 30 normative per assicurare che tutti gli istitu-ti, i prodotti e i mercati finanziari siano adeguatamente regolamentati e monitorati. La crisi ha aggiunto una nuova dimensione. Infatti, ha messo in luce il circolo potenzialmente vizioso fra banche e debito sovrano, motivo per cui abbiamo adottato con deter-minazione le misure necessarie per costituire una vera e propria "unione bancaria".
- Infine, è stata creata una solida barriera finanziaria protettiva, il Meccanismo europeo di stabilità per erogare assistenza finanziaria di emergenza agli Stati membri in difficoltà che, da parte loro, si impegnano a realizzare le riforme necessarie per pro-muovere una crescita economica durevole e l'occupazione.
Le decisioni prese sono sufficienti per
rimediare ai difetti dell'euro?
Queste
decisioni hanno reso l'euro una moneta molto più solida e credibile
di quanto fosse prima della crisi. Ciò non significa che il lavoro
sia finito, infatti la strada da percorre è stata delineata nel
piano per un'Unione economica e monetaria autentica e appro-fondita
(pubblicato a novembre 2012), che prevede misure progressive da
adottare nel breve, medio e lungo periodo (vedi comunicato stampa e
memo).
Ora
la priorità assoluta è completare l'Unione bancaria e assicurare la
vigilanza e la risoluzione adeguata delle banche secondo norme
comuni, in modo da evitare gli errori del passato. È un passo
fondamentale per ripristinare la fiducia nel sistema bancario e
creare le condizioni perché le famiglie e le PMI abbiano migliore
accesso al credito bancario.
L'euro ha avuto qualche beneficio reale
o è stato solo una spinta politica dei federalisti?
Già
prima della crisi i benefici dell'euro erano evidenti: maggiore
integrazione commerciale, più investimenti e prezzi più stabili,
oltre agli effetti positivi sulla creazione di posti di lavoro per un
lungo periodo. Detto questo, l'Unione economica e monetaria (UEM)
presentava delle carenze nella progettazione iniziale, carenze che
hanno aggravato l'esposizione della zona euro alla crisi finanziaria
mondiale. L'UEM 2.0 per la quale stiamo lavorando dal 2010 affronta
questi problemi in modo determinante e fornisce un quadro solido per
la crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro e per il
mantenimento di finanze pubbliche sane.
Dall'euro ha tratto vantaggio solo la
Germania, mentre per gli altri paesi dell'eurozona è stato un
disastro?
Assolutamente
no. È vero che il ritorno della Germania al successo economico ha
coinciso con l'esistenza dell'euro, ma la Ger-mania ha realizzato
riforme sostanziali che le hanno permesso di adeguarsi ai cambiamenti
dell'economia globale. Anche altri paesi hanno raggiunto risultati
simili. Gli sforzi che molti paesi hanno incontrato per adattarsi
alle sfide della globalizzazione sa-rebbero stati necessari comunque,
con o senza l'euro.
In che modo gli Stati membri possono
reagire agli shock economici quando non possono svalutare la loro
moneta?
Innanzitutto
la svalutazione non è una panacea - può essere una soluzione a
breve termine, ma non può essere la cura definitiva per problemi
economici cronici e non rinforza le fondamenta dell'economia di un
paese.
I
paesi devono adottare riforme strutturali per garantire che le loro
economie siano sufficientemente flessibili e competitive. Questo vale
in particolar modo – ma non solo – per i paesi che condividono
una moneta comune.
Ora
disponiamo di uno strumento efficace, la Procedura per gli squilibri
macroeconomici, per individuare e, se necessario, correg-gere gli
squilibri che interessano uno o più paesi dell'UE, soprattutto
nell'area dell'euro. Questo è un enorme passo avanti rispetto alla
situazione precedente alla crisi.
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venerdì 13 giugno 2014
"Diktat bulgaro per l'uomo Civatiano del PD Mineo"
"A Palazzo Chigi al
lavoro sul Consiglio dei Ministri di oggi #buongiorno".
Così Matteo Renzi,
rientrato nella notte a Roma dopo la missione in Vietnam e in Cina,
twitta in vista del Consiglio dei Ministri di oggi pomeriggio, che approverà la riforma
della pubblica amministrazione e i poteri al commissario
anti-corruzione Raffaele Cantone.
L'ufficio di presidenza
dei senatori Pd a Palazzo Madama ha deciso ieri di sostituire Mineo
in Commissione Affari Costituzionali con il capogruppo Zanda.
La decisione è giunta
dopo il rifiuto più volte manifestato dal 'civatiano' Mineo di
votare il ddl di riforma istituzionale. Il commento di Mineo: "E'
un autogol per il governo e il partito far passare le riforme con un
muro contro muro". Secondo fonti Pd, Mineo non era membro
permanente: aveva sostituito Minniti andato al governo. Entrano anche
Cociancich e Migliavacca, per Pizzetti e Chiti. Analoga sostituzione
nel gruppo. Per l'Italia, con il 'dissidente' Mauro sostituito dal
capogruppo Lucio Romano. Mineo critica e accusa: "Ritengo la mia
rimozione, insieme a quella di altri colleghi, un clamoroso autogol
di Renzi". Mineo, senatore del Pd, contesta la sua sostituzione
come componente della commissione affari costituzionali del Senato.
"Se nel Pd non c'è
la possibilità di parlare e neppure in Parlamento, allora io non ci
sto", sostiene. Chiti, altro senatore sostituito in Commissione,
dice: "Io sto bene nel Pd, se vogliono mi cacciano", si
rischia "un partito autoritario". Critica il voto della
Camera sulla responsabilità civile dei magistrati. "Meno male
che il Senato c'è!", osserva.
Civati, esponente della
minoranza del Pd, solidarizza con il senatore Mineo, che contesta il
progetto di riforma istituzionale del governo e si è autosospeso con
altri quattordici colleghi. Civati critica la sostituzione di Mineo nella
commissione affari costituzionali del Senato dice che “è un editto
bulgaro tipo ex cav.”: "E' una decisione di Renzi perché oggi
lo stesso premier l'ha rivendicata dalla Cina". Fa un parallelo
tre Renzi e Berlusconi: "A volte queste cose venivano dalla
Bulgaria, ma evidentemente siamo ancora più esotici". Slitta
l'incontro Zanda-dissidenti del Pd.
Mentre Renzi risponde
dalla Cina: "Le riforme non si annunciano, si fanno, e non
lasciamo a nessuno il diritto di veto. Contano più i voti degli
italiani che il diritto di veto di qualche politico". Così il
premier Renzi, incontrando la comunità d'affari italiana a Pechino.
"Noi non molliamo di mezzo centimetro, siamo convinti nel
cambiare il paese", ha sottolineato.
"Non ne possiamo più
di un'Italia rannicchiata, impaurita, c'è fame di Italia nel mondo,
dobbiamo smettere di dividerci e fare finalmente gioco di squadra,
andremo avanti a testa alta", ha detto Renzi prima di lasciare
Pechino alla volta di Astana, in Kazakhstan, ultima tappa del suo
tour asiatico.
Tuttavia il Presidente
del Consiglio Matteo Renzi si prepara a dare battaglia ai senatori
dissidenti del Pd che criticano il progetto del governo sulle riforme
istituzionali. Il Pd è davanti a un bivio,"non ho preso il 41%
dei voti per lasciare il futuro del Paese a Mineo",
dice il presidente del
Consiglio rientrando in Italia dall'Asia e ricordando il successo
alle elezioni europee. E' stupefacente che Mineo parli di epurazione,
osserva il segretario del Pd. Un partito non è un taxi che uno
prende per farsi eleggere, sostiene.
Ieri, prima di partire
dalla Cina aveva sottolineato che "contano più i voti degli
italiani che il diritto di veto di qualche politico".
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mercoledì 4 giugno 2014
"Venezia arrestati sindaco e politici"
M5S all'attacco: larghe intese in manette - "Il
Movimento 5 Stelle si occupa del Mose da quando è nato, su quell'opera
abbiamo sempre mostrato preoccupazioni in merito ad utilità e meccanismi
d'appalti. Come per l'Expo e la Tav. Cos'altro devono fare questi
partiti per non meritare più il voto dei cittadini italiani?", si chiede
Luigi Di Maio, deputato M5S, su Facebook. Il suo post è stato ripreso
anche dal blog di Grillo. "Auspicando che il Parlamento si esprima
quanto prima per dare l'autorizzazione a procedere all'arresto nei
confronti dell'ex ministro Galan chiediamo che il ministro Lupi
riferisca in tempi rapidi sull'attuale stato delle commesse degli
appalti veneti". Lo affermano i deputati M5S, commentando l'inchiesta
sui fondi neri per la realizzazione del Mose a Venezia.
Articolo intero su Ansa.it vai al link diretto
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martedì 3 giugno 2014
"Tasso di disoccupazione al massimo storico dal 1977"
Disoccupazione giovanile record, al 46%.
Tasso di disoccupazione ad aprile al 12,6%, stabile su marzo, ma in aumento di 0,6 punti su base annua.Questi i dati provvisori e destagionalizzati Istat.
Nel 1° trimestre 2014 il dato raggiunge il 13,6%,in aumento di 0,8 punti sullo stesso periodo dell'anno. Si tratta di un massimo storico dal 1977.
Ed è record anche per il tasso di disoccupazione per i giovani tra i 15 e i 24 anni che sale nel 1° trimestre 2014 al 46%, il valore più alto dal 1977. Picco nel sud: nel 1à trim. il dato vola al 21,7%, per i giovani al 60,9%.
Lavoro, Poletti: cambio rotta entro 2014 "A fine anno l'obiettivo che abbiamo è procedere per produrre il cambio di segno". Così il ministro del Lavoro, Poletti, commentando i dati Istat sulla disoccupazione ancora in crescita. Il ministro spiega che comunque parliamo "degli esiti riferiti al trimestre in cui il Pil è sceso dello 0,1%". "E' chiaro che l'occupazione parte se c'è uno scatto forte nella capacità produttiva". Il piano 'Garanzia giovani'?"Sta andando bene", assicura. Mentre resta il nodo della cassa integazione in deroga: il governo integri le risorse.
Tasso di disoccupazione ad aprile al 12,6%, stabile su marzo, ma in aumento di 0,6 punti su base annua.Questi i dati provvisori e destagionalizzati Istat.
Nel 1° trimestre 2014 il dato raggiunge il 13,6%,in aumento di 0,8 punti sullo stesso periodo dell'anno. Si tratta di un massimo storico dal 1977.
Ed è record anche per il tasso di disoccupazione per i giovani tra i 15 e i 24 anni che sale nel 1° trimestre 2014 al 46%, il valore più alto dal 1977. Picco nel sud: nel 1à trim. il dato vola al 21,7%, per i giovani al 60,9%.
Lavoro, Poletti: cambio rotta entro 2014 "A fine anno l'obiettivo che abbiamo è procedere per produrre il cambio di segno". Così il ministro del Lavoro, Poletti, commentando i dati Istat sulla disoccupazione ancora in crescita. Il ministro spiega che comunque parliamo "degli esiti riferiti al trimestre in cui il Pil è sceso dello 0,1%". "E' chiaro che l'occupazione parte se c'è uno scatto forte nella capacità produttiva". Il piano 'Garanzia giovani'?"Sta andando bene", assicura. Mentre resta il nodo della cassa integazione in deroga: il governo integri le risorse.
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lunedì 2 giugno 2014
Il taglio dei rimborsi e il rapporto Deficit/PIL
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