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domenica 20 giugno 2010

Basilea 3.

La crisi finanziaria esplosa nell’estate del 2007 negli Stati Uniti e che ha investito il sistema bancario europeo nell'autunno del 2008 ha dimostrato in modo evidente la necessità di un rafforzamento delle difese da parte degli istituti di credito, al fine di evitare il ripetersi di situazioni drammatiche come quelle vissute negli ultimi due anni e che hanno portato alla peggiore recessione dell’economia mondiale dal dopoguerra ad oggi.

In questa direzione sono orientate le proposte elaborate dal Comitato di Basilea e dalla Commissione Europea, che hanno come obiettivo quello di accrescere la consistenza del patrimonio delle banche e di migliorarne la qualità.

Tuttavia, se da un lato sono attese e auspicabili modifiche legislative che possano in futuro evitare il ripetersi di fenomeni degenerativi che hanno poi determinato la crisi dei mercati finanziari, dall’altro risulta di fondamentale importanza comprendere bene chi possono essere i destinatari di tali riforme e gli effetti sull’economia reale.

Proprio su questi ultimi due punti controversi negli ultimi mesi si è sviluppato il dibattito alla luce delle proposte circolanti in materia di direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD) e dell’entrata in vigore, probabilmente, dal 2013 delle nuove regole fissate da Basilea 3.

Infatti, le indicazioni fornite dal Comitato di Basilea sono orientate verso una più accurata e restrittiva definizione del capitale proprio, che, nelle intenzioni, dovrebbe tenere conto della presenza di titoli rappresentativi con diritti amministrativi diversi da quelli dell’azione ordinaria e che dovrebbe estendere alle partecipazioni bancarie e verso altri intermediari finanziari le voci in bilancio da escludere per il calcolo del patrimonio di vigilanza.

Per soddisfare tali requisiti le banche italiane dovranno, quindi, necessariamente raddoppiare i loro sforzi per accrescere il proprio livello di patrimonializzazione. Un processo, questo che, come sottolineato dal Direttore generale della Banca d’Italia Saccomanni e dal Ministro dell’Economia Tremonti porterà, inevitabilmente, alla nascita e diffusione di fenomeni di credit crunch.

Queste preoccupazioni sono state oggetto di discussione nel corso della IV Convention sulle Banche Cooperative Europee, svolta a Bruxelles, presso la sede del Parlamento Europeo, lo scorso aprile e presieduta dall’onorevole Gianni Pittella, Primo Vice presidente del Parlamento Europeo e membro del Comitato Affari Economici e Monetari. Dalla Convention è emerso come le misure proposte dal G20, dal Financial Stability Board e dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria dovrebbero essere mirate a ridurre gli effetti prociclici, evitando quindi un accesso al credito troppo disinvolto nelle fasi economiche espansive e, al contrario, troppo restrittivo nelle fasi recessive. In linea con tale orientamento, la Commissione Europea si è impegnata a presentare al Consiglio e al Parlamento Europeo eventuali misure per ridurre la prociclicità ipotizzando una quarta revisione della direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD4) che dovrebbe includere, tra l’altro, la questione dell’accantonamento dinamico.

Se tali modifiche saranno sufficienti ad evitare ripercussioni negative sull’economia reale e la nascita di fenomeni di credit crunch resta, comunque, aperta la questione su quali soggetti finanziari dovranno essere sottoposti alla nuova disciplina regolamentare.

Infatti, se l’obiettivo è quello di stabilizzare il sistema creditizio, sarebbe opportuno distinguere tra le diverse realtà bancarie presenti in Europa quelle che più si sono adoperate per sostenere anche nei momenti più difficili le famiglie e le PMI e che hanno continuato a mantenere immutato il proprio ruolo e il proprio modo di essere e fare banca indipendentemente dalle fasi del ciclo economico, come nel caso della Cooperazione Bancaria e che, al contrario potrebbero essere maggiormente colpite dall’introduzione di ulteriori provvedimenti restrittivi per la definizione dei requisiti patrimoniali.

È necessario, in definitiva, che le autorità preposte alla supervisione bancaria siano consapevoli che le banche sono corpi sostanzialmente diversi tra loro, a seconda che si rivolgano nella loro attività quotidiana alle piccole imprese, o alle grandi imprese se non addirittura, come nel caso delle grandi banche d’affari statunitensi, esclusivamente ai mercati finanziari.

Il pluralismo nell'attività bancaria e la diversità dei prestatori di servizi sono condizioni indispensabili per la concorrenza in tutto il mercato bancario, come nel caso della Cooperazione Bancaria che offre un contributo sostanziale al finanziamento dell'economia a livello locale, e proprio per questo motivo tali differenze devono essere tenute in debita considerazione in qualunque proposta di revisione e modifica regolamentare se si vuole mantenere questo patrimonio di conoscenze e di specificità.

* Segretario Generale Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

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