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martedì 21 febbraio 2012

Lettera: I ventenni scrivono al premier e al ministro del Lavoro


Cari presidente del Consiglio e ministro del Lavoro,
in queste ore si discute ovunque della riforma del mercato del lavoro. Il contributo di noi studenti ventenni giunge in forma sincera e spontanea, il nostro non è tifo scriteriato né corporativismo generazionale: è serio interesse per il futuro, anche occupazionale, che ci vedrà giocoforza protagonisti. Riteniamo doveroso partecipare al dibattito con le nostre proposte e osservazioni: si ragiona di diritti (che ci sono negati, si potrebbe aggiungere) e vorremmo offrire il nostro modesto punto di vista. Le idee che proviamo a riassumere in questa lettera aperta non trovano spazio nello scontro ideologico in atto, anche perché non germogliano all'interno di esperienze rigidamente consolidate; non ci riteniamo «arruolati» nello schema ottocentesco di sigle ed etichette: anzi ci spiace che le scorciatoie lessicali abbiano avuto la meglio sui contenuti. Siamo colposamente sospesi tra il vuoto di aspettative ed il miraggio di sicurezze, senza possibilità di metterci in gioco con le stesse garanzie che i nostri padri e i nostri nonni si vedono attribuite.

Proprio nelle scorse settimane Lei è intervenuto a proposito della necessità di ridare opportunità concrete a chi oggi rischia di restare senza tutela alcuna. Il mondo cui ci affacciamo ci pare follemente bipartito: da un lato i privilegi acquisiti, dall'altro le occasioni perse. Dal guado in cui rischiamo di essere intrappolati, non tolleriamo che - come troppo spesso accade - le posizioni su un argomento tanto delicato cedano alla banalizzazione del partito preso. Vorremmo essere cittadini maturi di un Paese in cui ci si rivolge ai giovani con un occhio di riguardo e siamo convinti che ora si possa realizzare la tanto agognata inversione di rotta: è tempo di premere l'acceleratore sulle riforme. È inoltre evidente che, solo se si riuscisse a puntare tutto sulla nostra generazione, anche la vicenda economica nazionale ne trarrebbe diretto vantaggio. «Tutelare un po' meno chi è oggi tutelato e tutelare un po' di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce ad entrarci». Concordiamo senza dubbio con le parole del presidente; quanto al metodo, aggiungiamo pure che, in questo momento di trattative serrate, si rischia di lasciare fuori dal tavolo della concertazione un'intera categoria di portatori di interessi: quella di noi giovani. La nostra voce è stata marginalizzata e resa afona, anche per via di nostre comprovate responsabilità: abbiamo subito le decisioni e consentito che la nostra indifferenza lasciasse ampi spazi di manovra a chi non ha avuto a cuore le nostre sorti. Nel sistema economico in cui operiamo, è richiesta la capacità di essere competitivi e dinamici: non abbiamo scritto noi le regole del gioco ma siamo tenuti a rispettarle per vincere la sfida della crescita. Anche le imprese italiane quindi, per offrire nuova occupazione e competere a livello internazionale, devono poter «stare sul mercato». Abbiamo forti speranze ed una notevole fiducia in questo esecutivo, crediamo insomma che sia il momento giusto per osare. Chiediamo che si rinunci definitivamente al clima di discriminazione nei confronti dei giovani. È un errore cui occorre porre rimedio, in fretta: spostare la bilancia del futuro dal privilegio al merito è l'impegno con cui vorremmo si cimentassero in questo momento le istituzioni patrie. Sappiamo che il dibattito è attorcigliato attorno a temi abusati, rinunciamo dunque a parlarne per evitare l'autoreferenzialità del già detto.

Non ci scandalizza che si cominci a ragionare del cosiddetto «motivo economico o organizzativo per il licenziamento», nell'ottica di una intelligente spinta riformatrice. Oggi imprenditore e lavoratore si muovono nella stessa direzione e condividono i medesimi obiettivi, entrambi vogliono il bene dell'azienda. Si aggiunga che il «nanismo» del settore imprenditoriale è anche cagionato da norme oggi superate, che hanno finito per imporre un regime di incertezze in cui risulta vincente il precariato come modello d'impiego, specie per i giovani. Non ci stiamo: proprio perché crediamo di valere molto, ci diciamo pronti alla sfida. Si valutino merito, creatività e talento: si premino i più bravi attraverso un nobile sistema di incentivi economici e sociali. Quella che auspichiamo è anche una riforma culturale, i nostri padri oggi vivono nella bambagia delle tutele grazie ad un «dispetto generazionale»: siamo costretti noi tutti a soccombere rispetto alle mille garanzie che le generazioni che ci hanno preceduti si sono arbitrariamente assegnate. È tempo di ristabilire le priorità e allocare con equità i necessari sacrifici: l'egoismo dei protetti, l'ingordigia dei privilegiati sono malattie che rischiano di ammorbare il nostro avvenire. Scommettiamo senza indugio nella flessibilità e distribuiamo lealmente le tutele: sono queste le nostre richieste, in sintesi.

Le sigle politiche che hanno guidato il Paese negli ultimi decenni, anche per via di un ossequio screanzato verso la propria base elettorale, hanno totalmente escluso il tema del lavoro dall'agenda di governo. Hanno così prevalso le forze della conservazione costringendo il Paese a rinunciare alla sua anima «solida» e «solidale». Fate presto, vi scongiuriamo. Sappiamo che la squadra di governo è al lavoro per ridisegnare i contorni normativi della materia, ci piacerebbe tenesse conto dei nostri spunti. Signor presidente, non neghi neppure ai giovani la chance di ripartenza e «rimuova gli ostacoli di ordine economico e sociale» che hanno finito per realizzare l'attuale regime di apartheid occupazionale fra protetti e non protetti. Buon lavoro da tutti noi.
Antonio Aloisi, Milano
Annalaura Sbrizzi, Napoli
Matteo Scattola , Durham (Uk)
Piero Majolo, Vicenza
Matteo Leffi , Trieste
Francesca Luvisotti, Roma
Ilaria Lezzi , Lecce
Timoteo Carpita, Roma
Luca Signorello , Trapani
Flavio Morrone, Salerno
Giulio Giannelli , Gorizia
Riccardo Vurchio, Modena
Amedeo Enna , Udine
Filippo Caiuli, Potenza
Francesco Perin , Venezia
Nicolò Politi, Catania
Luigi De Maria , Perugia
Ester Madonia, Catania
Maria Dora Maresca , Avellino

Tratto da il corriere della sera.it

mercoledì 1 febbraio 2012

Come funziona il finanziamento pubblico ai partiti?

Un tema tornato prepotentemente d'attualità proprio col caso Lusi, ma già dibattuto a tutti i livelli in passato è il finanziamento pubblico ai partiti, che tecnicamente non esiste più ed è stato più o meno indirettamente sostituito dai rimborsi elettorali. Generalmente ha sempre provocato indignazione fra le persone, ha dato adito ad accese critiche della stampa, della gente comune e di svaraiati parti politicher. Nonostante tutto questo e un vecchio referendum abrogativo esso esiste ancora, ed è una voce del bilancio pubblico decisamente non trascurabile. Senza dilungarci troppo, proviamo a spiegare come funziona:
Il finanziamento pubblico ai partiti venne introdotto dalla legge 195/1974, dietro la proposta di Flaminio Piccoli (DC). All'epoca la proposta (messa in pratica in 16 giorni) venne giustificata pubblicamente come la soluzione per evitare collusione e corruzione con i grandi poteri economici dell'epoca. Venne infatti introdotto il divieto di ricevere sostegni da strutture pubbliche e l'obbligo (penalmente sanzionato) di pubblicità e di iscrizione a bilancio dei finanziamenti provenienti da privati, se superiori ad una certa cifra.
La legge 659/1981 modificò lievemente il finanziamento, raddoppiandolo nelle cifre e introducendo un nuovo sistema di bilancio pubblico che però non prevedeva controlli effettivi. Inoltre partiti e politici (eletti, candidati o aventi cariche di partito) ebbero il divieto di ricevere finanziamenti dalla pubblica amministrazione, da enti pubblici o a partecipazione pubblica.
Nel dicembre 1993 i Radicali Italiani promossero un referendum abrogativo durante la stagione della sfiducia data da Tangentopoli, vinse infatti l'abrogazione del finanziamento con una quota dei voti superiore al 90%.
A dicembre dello stesso anno però venne modificato un sistema che è quello tutt'ora esistente: il rimborso elettorale.
Una sorta di finanziamento pubblico venne introdotta poi con la legge 2/1997 tramite l'istituzione del 4 per mille ai partiti e formazioni politiche, una possibile scelta che i contribuenti potevano fare al momento della dichiarazione dei redditi ma senza poter indicare una preferenza per una precisa forza politica.
I radicali promotori del precedente referendum tentarono il ricorso per il mancato rispetto della volontà referendaria ma la Corte Costituzionale non lo accettò.
Con la legge 157/1999, il rimborso cambiò moltissimo in quanto si discostò dalle spese elettorali reali per diventare un compenso in base al numero di voti presi.
Questa legge prevedeva 5 fondi (ancora oggi esistenti) per le svariate elezioni: Camera, Senato, Parlamento Europeo, Regionali e per i referendum. L'erogazione dei rimborsi però veniva interrotta in caso di fine precoce della legislatura.
Con la legge 157/1999, il rimborso cambiò moltissimo in quanto si discostò dalle spese elettorali reali per diventare un compenso in base al numero di voti presi.
Questa legge prevedeva 5 fondi (ancora oggi esistenti) per le svariate elezioni: Camera, Senato, Parlamento Europeo, Regionali e per i referendum. L'erogazione dei rimborsi però veniva interrotta in caso di fine precoce della legislatura.
La legge 156/2002 trasformò il fondo per il rimborso in annuale, abbassando poi il quorum per ottenerlo dal 4 all'1%.
Venne pressoché raddoppiato il compenso per le elezioni del Parlamento.
Con l'ultima modifica introdotta dalla legge 51/2006, l'erogazione dei rimborsi è divenuta quinquennale anche in caso di fine precoce della legislatura. Questa è una delle principali questioni da tenere in considerazione in quanto ha portato ad una sovrapposizione di fondi enorme dopo la crisi politica del 2008.
Alla fine le modifiche sopra elencate hanno portato ovviamente ad un dispendio di soldi pubblici, che è andato aumentando in maniera esponenziale.
Partendo dalle elezioni del 1994, la "torta" da spartirsi all'epoca era di circa 47.000.000 di Euro in una unica soluzione.
Con l'introduzione del 4 per mille, nel 1997 venne istituito un fondo transitorio per l'anno in corso di circa 82.000.000 di Euro.
Per la modifica del 1999, per le elezioni del 2001 il fondo dei rimborsi fu di 193.713.000 di Euro, erogati ai partiti in rate annuali, che vennero poi più che raddoppiati arrivando a circa 468.000.000 di Euro.

Grazie a questa serie di erogazioni, anche i partiti esclusi dal Parlamento riescono a sopravvivere, e persino quelli che non raggiunsero l'1% dei voti hanno qualche possibilità grazie alle erogazioni precedenti.
I voti venivano inizialmente contati 800 lire l'uno, passando poi nel 2002 ad 1 € e aumentando via via fino ad arrivare a 5 €.
Lo studio dell'ARES ha calcolato la spartizione della "torta dei rimborsi" per le elezioni del 2008.
Per questioni di successo elettorale, il più premiato risulta il PDL con 160.446.990 Euro, da sommare ai circa 170 milioni della tornata del 2006 guadagnati da AN e Forza Italia e che verranno erogati fino al 2011.
IL PD si è guadagnato una cifra simile di 141.998.246 €, da sommare ovviamente ai vecchi rimborsi del 2006.
Lega Nord, più piccola, ha diritto ad una cifra di 35.339.331 a cui vanno sommati circa 21 milioni della tornata precedente.
Avendo superato l'1%, il Movimento per le autonomie riceverà 4.670.297 Euro.
L'UDC potrà ricevere 24.018.774 Euro (più i 32 milioni precedenti), l'IDV 18.427.608 euro (con i 12 milioni circa del 2006).
I partiti della Sinistra Arcobaleno e La Destra, pur rimanendo fuori dal Parlamento hanno diritto rispettivamente a 13.356.565 (più i 51 milioni di prima) e 9.629.998 €.
Uno studio dell'ARES (Agenzia di ricerca economico-sociale) ha poi calcolato i soldi percepiti dai singoli partiti nel 2008, denunciando un giro di soldi di proporzioni enormi.
407.488.386 Euro (che vede un calo rispetto a quanto scritto prima per via di una riduzione simbolica in una legge finanziaria) sono i soldi riferiti alle elezioni politiche del 2008, che si vanno a sommare ai precedenti fondi della legislatura precedente preocemente interrotta.

Lo studio dell'ARES è di aprile 2008, riporta anche altre cifre (in caso si mantenga questo sistema), stimando circa il miliardo di Euro per le altre elezioni, tra cui le europee del 2009. Inoltre questo studio stima che non più del 40% di questi soldi vengono usati per le spese elettorali effettive.

A tutt'oggi il Partito Radicale (contraroi da sempre), Beppe Grillo e svariati giornalisti (tra cui anche Marco Travaglio) continuano ad esprimere sdegno per questo sistema, e i primi due movimenti politici a quanto pare hanno deciso di rinunciare a questi rimborsi.
La questione dei rimborsi ai partiti è stata ampiamente trattata all'interno del famoso libro "La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili" di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, due giornalisti del "Corriere della sera".

Per dare un'idea dell'entità - e suddivisione - dei finanziamenti ottenuti dalle formazioni politiche italiane, pubblichiamo un estratto dalla"GazzettaUfficiale"dello scorso luglio, che riporta il "Piano di ripartizione della rata 2011 dei rimborsi per le spese elettorali sostenute dai movimenti e partiti politici per il rinnovo dei consigli regionali del 28-29 marzo 2010".IL POPOLO DELLA LIBERTA' € 10.296.054,85

PARTITO DEMOCRATICO € 9.980.992,38

LEGA NORD € 4.663.877,06

ITALIA DEI VALORI LISTA DI PIETRO € 2.697.463,48

UDC € 2.159.098,24

RENATA POLVERINI PRESIDENTE € 1.150.795,23

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' € 709.129,44

RIFONDAZIONE COMUNISTA - SINISTRA EUROPEA - COMUNISTI ITALIANI € 580.754,03

MPA - NUOVO PSI - PRI - ITALIANI NEL MONDO € 268.039,19

LA PUGLIA PRIMA DI TUTTO € 242.894,00

LA DESTRA € 219.405,52

SCOPELLITI PRESIDENTE € 201.009,30

LA PUGLIA PER VENDOLA € 190.739,73

ALLEANZA PER L'ITALIA € 187.446,82

MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT EMILIA-ROMAGNA € 186.259,71 - HA RINUNCIATO

PARTITO PENSIONATI € 171.006,64

LIBERTA' E AUTONOMIA NOI SUD € 166.995,72

I PUGLIESI PER ROCCO PALESE € 165.711,13

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - PSE € 162.753,81

POPOLARI UDEUR € 155.682,30

FEDERAZIONE DELLA SINISTRA - VERDI € 148.427,86

LISTA MARCO PANNELLA - EMMA BONINO € 143.668,14

AUTONOMIA E DIRITTI - LOIERO PRESIDENTE € 141.940,65

MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT PIEMONTE € 128.067,14 - HA RINUNCIATO

CAMPANIA LIBERA € 116.583,73

INSIEME PER BRESSO € 113.046,05

ALLEANZA DI CENTRO-DEMOCRAZIA CRISTIANA € 108.483,56

MODERATI € 106.690,13

INSIEME PER LA CALABRIA (PRI - UDEUR - NUOVO PSI) € 104.439,34

PARTITO SOCIALISTA ITALIANO € 84.062,35

LISTE CIVICHE PER BIASOTTI PRESIDENTE € 77.863,16

FEDERAZIONE DEI VERDI € 73.438,92

LISTA CIVICA CITTADINI/E PER BONINO € 71.371,16

ALLEANZA DI POPOLO € 66.081,26

VERDI-VERDI € 61.404,42

UNIONE NORD EST € 58.468,91

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' - FEDERAZIONE DEI VERDI € 55.539,36

NOI CON BURLANDO € 47.420,16

POPOLARI UNITI € 32.171,82

ALLEANZA RIFORMISTA (Movimento Repubblicani Europei - Partito Socialista Italiano - Democrazia Cristiana Marche Unione Popolare Cristiana) € 32.058,99

SOCIALISTI E RIFORMISTI PER L'UMBRIA € 27.434,10

PER LA BASILICATA LISTA PER PAGLIUCA € 23.537,79

IO AMO LA LUCANIA € 20.301,30

MOVIMENTO PER LE AUTONOMIE € 14.373,67

INSIEME PER IL PRESIDENTE (Movimento Autonomo Piceno - Italia Centro - Partito Repubblicano Italiano - Movimento per l'Italia) € 15.525,01

Totale € 36.428.507,56

DECADUTI:
ALLEANZA DI POPOLO
POPOLARI UNITI

HANNO RINUNCIATO AL RIMBORSO:
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT PIEMONTE
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT EMILIA-ROMAGNA

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