Il mare è silenzio, c’è solo il frusciare delle onde. E quel tipico suono provocato dall’acqua quando schiaffeggia la pancia delle barche, che se ne stanno abbandonate al loro dondolare in mare aperto. Cielo e acqua si confondono in un solo blu. Mentre il sole riverbera dappertutto, accecante. Laggiù sul fondale, immersi a 15 metri sott’acqua, tre sub della Guardia costiera stanno depositando una corona di fiori ai piedi della statua della Madonna del mare.
Siamo ai margini dell’area marina protetta dell’Isola dei conigli, immersi in una di quelle giornate di piena estate che solo la natura che Dio ha donato a quest’isola, così lontana da tutto e da tutti, sa regalare a chi la viene a visitare, come ha fatto ieri il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Tre fischi di sirena, partiti dalle motovedette della Guardia costiera, lacerano l’aria, marinai e ufficiali d’ogni arma presenti sul naviglio, si mettono sull’attenti per un minuto di silenzio. Il cardinale Bagnasco, insieme al cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana, e all’arcivescovo di Agrigento monsignor Francesco Montenegro, si raccolgono in preghiera sulla plancia della motovedetta «C.p. 290». Ecco che i fischi si susseguono: vogliono ricordare i morti del mare, i tantissimi migranti che si sono persi nel nulla, morendo nei naufragi rimasti senza un titolo sui giornali, durante le traversate del Canale di Sicilia. Nel tentativo di raggiungere l’Italia, le braccia aperte di Lampedusa e dei lampedusani, per entrare nell’Europa della speranza.
Così, con questa cerimonia del ricordo, si è conclusa la visita del cardinale, atterrato ieri mattina a Lampedusa – ha detto rivolto ai lampedusani – «per incrociare il vostro sguardo e dirvi grazie per l’esempio di accoglienza cristiana che date, gesti concreti fatti secondo le vostre possibilità». Parole che il porporato pronuncia durante la sua omelia nella chiesa di San Gerlando, nella Messa che apre il viaggio: Lampedusa «un esempio per tutti, specialmente per quanti parlano molto e fanno poco».
Parole ferme, decise, riferite – avrà modo poi di spiegare ai giornalisti che gli chiedono ragguagli – «a tutti i livelli, sia per quanto riguarda il nostro Paese sia per gli altri Paesi che, ho l’impressione, non avvertono ancora in modo radicale che confini dell’Italia e di Lampedusa sono confini ormai dell’Europa». Bagnasco non ha poi potuto recarsi, come era previsto, nel Centro di accoglienza per immigrati, a causa di momenti di tensione suscitati da un gruppo di immigrati. Venuti a conoscenza della visita e della presenza dei giornalisti, essi hanno protestato contro i rimpatri, provocandosi, in cinque, lievi ferite da taglio. Per evitare incidenti, le autorità hanno deciso di annullare il passaggio dal Cie.
In precedenza, campane a festa e generosi applausi, con i bambini delle elementari nei loro grembiuli azzurri, avevano accolto l’arrivo del presidente della Cei. E ancora più lungo l’applauso di una chiesa affollatissima di fedeli e operatori umanitari, molte donne, madri e mogli, e tanti giovani e adulti, senza più una sedia libera, quando Bagnasco era entrato in parrocchia.
Il senso della visita del cardinale è stato quello di «portare la solidarietà della Chiesa italiana a una comunità particolarmente provata dalle attuali vicende legate ai fenomeni migratori dal Nord Africa». «L’accoglienza semplice e cordiale dei lampedusani, fatta di gesti concreti, è esempio per tutti, specialmente per quelli che parlano molto e fanno poco – ha sottolineato Bagnasco –. Di fronte ad una emergenza di proporzioni inedite e tempi imprevedibili serve una risposta con prospettive più ampie e risolutive».
Nel dare il suo benvenuto al presidente della Cei, monsignor Montenegro ha sottolineato come «Lampedusa chieda aiuto nella preghiera e nella solidarietà per essere forte, ma soprattutto lanci un appello ai responsabili della cosa pubblica per sforzarsi di coniugare il diritto all’accoglienza alle esigenze vitali di una piccola comunità minacciata dagli sconvolgimenti degli ultimi mesi». Prima di lasciare l’isola, il cardinale ha rinnovato il suo appello a Italia e Europa.
E si è detto dispiaciuto di non aver potuto visitare gli immigrati presenti nel Centro di accoglienza.
Siamo ai margini dell’area marina protetta dell’Isola dei conigli, immersi in una di quelle giornate di piena estate che solo la natura che Dio ha donato a quest’isola, così lontana da tutto e da tutti, sa regalare a chi la viene a visitare, come ha fatto ieri il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Tre fischi di sirena, partiti dalle motovedette della Guardia costiera, lacerano l’aria, marinai e ufficiali d’ogni arma presenti sul naviglio, si mettono sull’attenti per un minuto di silenzio. Il cardinale Bagnasco, insieme al cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana, e all’arcivescovo di Agrigento monsignor Francesco Montenegro, si raccolgono in preghiera sulla plancia della motovedetta «C.p. 290». Ecco che i fischi si susseguono: vogliono ricordare i morti del mare, i tantissimi migranti che si sono persi nel nulla, morendo nei naufragi rimasti senza un titolo sui giornali, durante le traversate del Canale di Sicilia. Nel tentativo di raggiungere l’Italia, le braccia aperte di Lampedusa e dei lampedusani, per entrare nell’Europa della speranza.
Così, con questa cerimonia del ricordo, si è conclusa la visita del cardinale, atterrato ieri mattina a Lampedusa – ha detto rivolto ai lampedusani – «per incrociare il vostro sguardo e dirvi grazie per l’esempio di accoglienza cristiana che date, gesti concreti fatti secondo le vostre possibilità». Parole che il porporato pronuncia durante la sua omelia nella chiesa di San Gerlando, nella Messa che apre il viaggio: Lampedusa «un esempio per tutti, specialmente per quanti parlano molto e fanno poco».
Parole ferme, decise, riferite – avrà modo poi di spiegare ai giornalisti che gli chiedono ragguagli – «a tutti i livelli, sia per quanto riguarda il nostro Paese sia per gli altri Paesi che, ho l’impressione, non avvertono ancora in modo radicale che confini dell’Italia e di Lampedusa sono confini ormai dell’Europa». Bagnasco non ha poi potuto recarsi, come era previsto, nel Centro di accoglienza per immigrati, a causa di momenti di tensione suscitati da un gruppo di immigrati. Venuti a conoscenza della visita e della presenza dei giornalisti, essi hanno protestato contro i rimpatri, provocandosi, in cinque, lievi ferite da taglio. Per evitare incidenti, le autorità hanno deciso di annullare il passaggio dal Cie.
In precedenza, campane a festa e generosi applausi, con i bambini delle elementari nei loro grembiuli azzurri, avevano accolto l’arrivo del presidente della Cei. E ancora più lungo l’applauso di una chiesa affollatissima di fedeli e operatori umanitari, molte donne, madri e mogli, e tanti giovani e adulti, senza più una sedia libera, quando Bagnasco era entrato in parrocchia.
Il senso della visita del cardinale è stato quello di «portare la solidarietà della Chiesa italiana a una comunità particolarmente provata dalle attuali vicende legate ai fenomeni migratori dal Nord Africa». «L’accoglienza semplice e cordiale dei lampedusani, fatta di gesti concreti, è esempio per tutti, specialmente per quelli che parlano molto e fanno poco – ha sottolineato Bagnasco –. Di fronte ad una emergenza di proporzioni inedite e tempi imprevedibili serve una risposta con prospettive più ampie e risolutive».
Nel dare il suo benvenuto al presidente della Cei, monsignor Montenegro ha sottolineato come «Lampedusa chieda aiuto nella preghiera e nella solidarietà per essere forte, ma soprattutto lanci un appello ai responsabili della cosa pubblica per sforzarsi di coniugare il diritto all’accoglienza alle esigenze vitali di una piccola comunità minacciata dagli sconvolgimenti degli ultimi mesi». Prima di lasciare l’isola, il cardinale ha rinnovato il suo appello a Italia e Europa.
E si è detto dispiaciuto di non aver potuto visitare gli immigrati presenti nel Centro di accoglienza.
Da Avvenire
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