«Parole… soltanto parole, parole tra noi», cantava Mina qualche tempo fa. E sembra proprio che abbia ancora ragione, in quanto spesso la comunicazione viene sminuita a chiacchiera banale o a semplice proclama d’intenti che lascia il tempo che trova. Cadono in questa trappola molti discorsi politici o di circostanza e persino molte prediche fatte in chiesa o ai figli. Dello stesso tenore sono il diffuso gossip di molti giornali, i talkshow, i realityshow, le notizie spettacolarizzate della televisione, le confidenze ostentate in molti blog, su Youtube e nei social network. Da qui nasce l’invito di Benedetto XVI agli operatori della comunicazione a basare ogni loro “annuncio” sulla “verità dei fatti” e a rafforzarlo con la propria “autenticità di vita”. Il Papa lo ribadisce da tempo: i media devono essere strumenti di umanizzazione «organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali» (Caritas in veritate n. 73). Su queste fondamenta umane noi cristiani siamo poi chiamati a innestare i perni dello specifico “annuncio cristiano” che è la parola perenne e reale di Gesù di Nazaret. Una “parola di verità” che ha il suo cuore in un Dio che incontra gli uomini e con essi parla “come ad amici” (Cfr. Gv 15,13-15) e che oggi ci onoriamo di annunciare con gli ultimi ritrovati tecnologici che l’era digitale mette a disposizione.
Tarcisio Cesarato, massmediologo
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