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lunedì 20 agosto 2012

Lavoro: quanti morti sulla coscienza?


E’ morto, all’alba di ieri 19 Agosto, Angelo di Carlo, 54 anni, originario di Roma ma da anni trasferitosi a Forlì. L’uomo, lo scorso 11 agosto, si era dato fuoco davanti a Montecitorio in segno di protesta contro la mancanza di lavoro. Da allora, Angelo era ricoverato all’ospedale Sant’Eugenio di Roma con ustioni sull’85% del corpo. Poi a Torino un'altra vittima che non trovava lavoro e non ce l'ha più fatta: un uomo si è cosparso di liquido infiammabile e si è dato fuoco. È morto così, in un campo di Torino, quell'uomo aveva 48 anni. A Montecitorio, a Torino, ancora quante persone, mi chiedo, devono spingersi oltre? Ancora quante vittime del sistema dei licenziamenti devono starci? Ancora quante persone devono togliersi la vita per quel “maledetto” lavoro che non c’è e che serve per sopravvivere al sistema? Ancora quanti gesti di questo genere devono presentarsi agli occhi e alle orecchie degli italiani? Forse non vediamo, forse non sentiamo, ma quell’uomo ci ha lanciato un messaggio? Forse non riusciamo a percepire più niente e ci lasciamo andare alle critiche ostiche pure nell’esprimerle. Io mi appello all’articolo 1 della Costituzione che si esprime in questi termini: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Disponiamo della nostra unica e potente arma: quella del voto, che ci rende capaci di scegliere la politica più adatta, quella che capisce in quale direzione dirigersi. Ricordo San Paolo (Ef 5,16): «Svègliati, o tu che dormi, dèstati dai morti e Cristo ti illuminerà»…. “profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi.” I giorni sono cattivi questo è il punto! C’è chi non si è svegliato dai morti, c’è chi non vede in Cristo la luce. In quei giorni cattivi Angelo ha visto il buio ed è stato cattivo consigliero, si è lasciato andare alla disperazione, nell’assurdo di un gesto che lo si può solo immaginare, nella rabbia e nei termini durkheimiani del suicidio sociale, e che non è possibile attuare tra chi non ha coraggio. Forse Angelo aveva troppo coraggio da vendere, quel gesto è pieno di significato ricordiamocelo. I suoi amici lo hanno espresso accendendo le candele, quelle che esprimono la luce nella notte e ricordando il silenzio dell’anima. Gli amici: una “veglia silenziosa di lutto in piazza a Forlì, “senza slogan e senza bandiere, per ricordare quanto abbiamo bisogno ancora di uomini dal cuore grande come Angelo.”

Come è morto Angelo di Carlo? Era l’una di notte quando l’operaio arrivò in piazza Montecitorio, tirò fuori una bottiglia colma di liquido infiammabile e se lo versò addosso, poi con un accendino si diede fuoco. Avvolto dalla fiamme si lancio verso l’ingresso della Camera dei Deputati. I carabinieri, sempre presenti nella piazza, intervennero con gli estintori riuscendo a spegnere quel corpo diventato una torcia. L’uomo venne ricoverato in prognosi riservata al Sant’Eugenio con ustioni di secondo e terzo grado sull’85 per cento del corpo. L’operaio, vedovo, aveva grosse difficoltà economiche a causa della perdita del lavoro, ed era impegnato in un contenzioso con i tre fratelli per un’eredità. Nello zainetto che aveva con sé c’erano, due lettere, una per il figlio, a cui ha lasciato 160 euro. Questi giorni si presenteranno più angusti che mai non solo per Angelo ma anche per coloro i quali gli stavano accanto. Lo dimostra l’affetto dimostratogli dagli amici ieri sera in Piazza Saffi, pieni di sofferenza e pieni di silenzio che distrugge l’anima.

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