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domenica 16 novembre 2025

Ritrovare il senso del sacro! Gesù è il Signore!

Ieri ho espresso il mio pensiero riguardo a una coppia omosessuale che ha ricevuto i sacramenti nella Chiesa cattolica. Le reazioni non si sono fatte attendere: “Non giudicare!”, “Non conosci la loro vita!”, “Non sei il loro confessore!”. E poi la solita accusa: che io, come tanti altri cattolici, vorrei escludere qualcuno dall’amore di Dio. Ma questa è una falsità che si ripete da troppo tempo, e che merita una risposta chiara. Non è vero che la Chiesa rifiuta le persone omosessuali. Non è vero che i fedeli desiderano chiudere loro le porte dei sacramenti. E non è vero che chi difende la verità del Vangelo lo fa per mancanza di misericordia. Queste sono menzogne, e chi conosce Cristo sa bene da dove vengono.
Il punto non è l’esclusione, ma la sacralità di Dio, che abbiamo dimenticato. Viviamo in un’epoca in cui l’uomo, nel tentativo di apparire buono, ha reso Dio simile a sé. Lo abbiamo umanizzato, adattato, reso comodo e silenzioso, perché la Sua santità ci mette a disagio. Ci piace parlare di un Dio che accoglie, ma non di un Dio che corregge; di un Dio che perdona, ma non di un Dio che chiede conversione; di un Dio che ama, ma non di un Dio che è anche giusto. Stiamo diventando uomini “buoni” nel senso mondano del termine, ma al prezzo di un Dio ridotto alla nostra misura. E così, mentre ci convinciamo di essere misericordiosi, stiamo perdendo il senso del sacro.

Gesù ha amato tutti, nessuno escluso. Ha abbracciato prostitute, peccatori e lebbrosi, ma ogni incontro con Lui era un punto di svolta. Chi Lo incontrava non tornava indietro alla vita di prima. Cristo non ha mai detto: “Rimani come sei”, ma “Va’ e non peccare più”. L’amore di Gesù non è un sentimento che approva tutto, è una forza che trasforma tutto. Accogliere non significa legittimare il peccato, ma accompagnare verso la verità. La donna samaritana non fu condannata, ma neppure giustificata nella sua confusione: fu amata e, per questo, convertita.

Oggi, invece, abbiamo paura di pronunciare la parola “peccato”. Ci sembra offensiva, antiquata, discriminatoria. Abbiamo più paura di ferire le persone che di ferire Dio. Non vogliamo più dire che qualcosa è sbagliato, e così abbiamo creato una società senza confini morali, dove tutto deve essere accettato, tutto deve essere “compreso”. In nome dell’inclusione, stiamo cancellando la verità. In nome della libertà, stiamo dissolvendo la grazia.

Eppure, la Chiesa non ha mai chiuso le sue porte a nessuno. Ma accostarsi ai sacramenti non è un diritto automatico: è un atto sacro, un incontro con Dio che richiede un cuore purificato. Lo stesso vale per ogni credente, eterosessuale o omosessuale. Per ricevere l’Eucaristia, tutti dobbiamo essere in stato di grazia. Quando lo si ricorda a un eterosessuale, nessuno protesta; ma se lo si dice a un omosessuale, si grida allo scandalo. Perché questa incoerenza? La legge dell’amore divino è la stessa per tutti, perché Dio non fa preferenze di persone.

Ma il vero dramma di oggi non è l’incomprensione di una regola: è la perdita del senso del sacro. Non comprendiamo più che Dio è infinitamente santo, che i Suoi sacramenti sono misteri, non formalità. Gli angeli stessi si coprono il volto davanti alla Sua gloria, mentre noi Lo riceviamo con leggerezza, come se fosse un’abitudine o un simbolo. Il peccato ci separa da Lui, eppure sembriamo non temere più questa distanza. Non vogliamo essere disturbati dalla verità, perché richiede conversione, e la conversione chiede sacrificio.

Vogliamo che tutti siano accolti così come sono — ed è giusto desiderarlo — ma dimentichiamo che Cristo accoglie per cambiare, non per lasciare le persone dove sono. La salvezza non è una pacca sulla spalla, è un cammino di rinuncia, di grazia, di purificazione. E questo cammino passa attraverso una porta stretta, quella di cui parla il Vangelo: una porta che chiede sforzo, coraggio e sacrificio. Ma noi vogliamo una porta larga, comoda, senza croce e senza conversione.

La misericordia di Dio non è permissivismo. È un fuoco che brucia ciò che è impuro, che risana ciò che è ferito, che restituisce la dignità perduta. E proprio perché Dio è amore, Egli non può mentire. L’amore che tace la verità non salva, tradisce. L’amore che non corregge, abbandona.

Non stiamo giudicando nessuno. Stiamo difendendo la santità di Dio e la verità della fede. Stiamo ricordando che il peccato esiste, che la grazia è reale, che la salvezza ha un prezzo: la nostra conversione. Parlare di peccato non è mancare di carità, è testimoniare che la santità è possibile. È tempo di smettere di chiedere a Dio di adattarsi a noi, e di tornare noi a inginocchiarci davanti a Lui, riconoscendo la Sua grandezza. Perché solo quando l’uomo ritrova il senso del sacro, ritrova anche sé stesso.

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