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giovedì 10 marzo 2011

Spagna. Il franchismo e le sue istituzioni.


La Costituzione Spagnola è la più giovane, tra quelle degli stati che formano l’unione Europea, ed è il frutto di un periodo storico originale che ha portato un grande paese alla democrazia. La Spagna è stato l’ultimo stato europeo a diventare democratico, ma in compenso lo è diventato senza rivoluzione cruenta e/o guerra. Siamo di fronte ad un passaggio quasi indolore da un sistema totalitario ad uno pluralista. Ciò la differenzia da altre esperienze come quella italiana e tedesca in cui è stato necessaria una guerra e, nel caso italiano una guerra civile per poter approdare ad una democrazia che è comunque giunta sulle baionette di soldati di paesi già democratici. La stessa rivoluzione dei garofani in Portogallo, benché incruenta, ha comportato un sollevamento militare, mentre in Spagna tutto è avvenuto con gradualità e con risparmio della classe dirigente precedente che è stata e si è progressivamente accantonata.
Franco stesso, l’ultimo dittatore dell’Europa occidentale, non è mai stato rimosso ma ha paradossalmente partecipato alla dissoluzione della sua dittatura scegliendo, forse suo malgrado, il suo successore, il Re, figura sicuramente democratica che ha garantito la transizione.
La Costituzione che ne è derivata è quindi la prima che sostituisce un regime di destra senza abbatterlo con la forza, ma riformandolo progressivamente. Tutto ciò è più mirabile se si considera che il Franchismo era sorto da una guerra civile cruentissima in cui erano morti moltissimi spagnoli e in cui la violenza da ambo le parti era stata portata all’eccesso, tanto da essersi trasformata in una specie di mattanza indiscriminata degli avversari e talora degli stessi "amici" se non perfettamente allineati ( vedi i massacri degli Anarchici da parte dei comunisti). Dopo eventi di tali brutalità e le lacerazioni che ne derivano, riuscire a far terminare un regime totalitario senza nuovi massacri è un vanto della Spagna e di tutte le componenti della transizione. Un regime duro e monolitico, dotato tuttavia di un consenso popolare non trascurabile, si è suicidato progressivamente e l’opposizione ha voluto ed ha permesso che ciò avvenisse senza tentare traumatiche accelerazioni del processo, anzi emarginando le frange estremistiche che tentavano di cavalcare la situazione ( ETA ed Estrema Sinistra). Il tutto tenendo presente la necessità di modernizzare un paese che il Franchismo aveva "ingessato" , impedendogli gli seguire il vorticoso sviluppo delle altre economie europee. A ciò si aggiungeva la necessità di realizzare il tutto salvaguardando la convivenza civile in una situazione che era paragonabile ad una polveriera pronta ad esplodere.
Lo sbocco di queste spinte e situazioni in se drammatiche e pericolose è stato un periodo, " la transizione ", che resterà una pagina di vera civiltà per tutti gli spagnoli e una Costituzione che ha saputo essere moderna ed innovativa ed è stata la base del successivo esaltante sviluppo economico, civile, e culturale di una nazione che in pochi anni ha dovuto recuperare nei confronti del resto dell’Europa decenni di immobilismo.
In sintesi la transizione è stato un periodo storico che è impossibile non ritenere originale e straordinario e pertanto meritevole di essere studiato e approfondito.
A queste considerazioni di tipo storico si aggiungono nella mia scelta delle componenti strettamente personali. Infatti nell’estate scorsa ho frequentato i corsi per stranieri dell’Università di Salamanca, allo scopo di approfondire la conoscenza dello spagnolo, che già avevo studiato di mia iniziativa. Ciò mi ha permesso di venire in contatto con la nuova realtà spagnola che mi è parsa quella di una nazione giovane, moderna piena di slanci e volontà di progresso civile e culturale. La Spagna, che nella nostra storia e nell’immaginario comune è spesso associata al barocco e all’idea dell’immobilismo e di decadenza, mi si è presentata invece come una nazione viva e come una società molto più proiettata nel futuro rispetto alla nostra. Tutto ciò mi ha spinto a studiare la storia e in particolare quella del periodo che ha permesso questo profondo cambiamento.
Franco e il franchismo
Francisco Franco Bahamonde nacque nel 1892 a El Ferrol in una famiglia di classe media tradizionalmente legata alla marina. La sua infanzia non fu molto fortunata: i genitori erano separati e non sembra aver nutrito grande affetto per il padre. Era descritto come introverso e timido.
A 14 anni entrò all’Accademia Militare di Toledo dove era uno dei cadetti più giovani e di minor statura.
Divenne ufficiale a 19 anni e chiese immediatamente di essere incorporato nell’esercito d’Africa, cosa che gli fu concessa nel 1912. Senza dubbio i suoi anni africani ebbero una notevole influenza nella sua vita sia nella formazione del carattere sia nel miglioramento delle capacità professionali. Fu un ufficiale valoroso, che non sfuggiva nelle situazioni di pericolo nelle quali si dice abbia avuto molta fortuna. Fu ferito varie volte e anche gravemente. Grazie al suo valore e al suo impegno divenne presto una figura rilevante nell’ambiente militare.
Nel 1920 entrò nei ranghi della Legione, gruppo di élite militare di volontari, il cui prototipo umano era l’avventuriero. Si fece conoscere per la sua preoccupazione per le necessità dei soldati ma anche per la sua durezza e il culto della disciplina. Fu un consumato maestro nella guerra africana per piccole manovre avvolgenti su terreni accidentati e un ferreo difensore dell’autorità morale dell’esercito.
La sua carriera militare fu brillante: nel 23 divenne tenente colonnello, due anni dopo colonnello e nel 26, a soli 34 anni, generale di brigata.
Durante la dittatura del generale Primo de Rivera ebbe contrasti con lui sulla politica africana e fu nominato direttore dell’Accademia Militare di Saragozza dove molti dei professori erano militari africanisti. Della dittatura di Primo de Rivera criticò la provvisorietà, tuttavia alcuni dei suo collaboratori saranno i pilastri basilari del suo regime. Accolse senza alcun entusiasmo la proclamazione della seconda Repubblica e disapprovò lo scioglimento della Accademia di Saragoza da parte del Governo Repubblicano, i cui vertici lo consideravano l’unico generale veramente pericoloso per l’esperienza socialista-repubblicana. Nonostante ciò, nel secondo biennio il Ministro Radicale Hidalgo lo nominò Capo di Stato Maggiore e la sua prima preoccupazione fu di restaurare lo spirito militare attraverso i Tribunali dell’Onore e il miglioramento delle condizioni materiali dell’esercito.
Collaborò inoltre nella direzione militare della repressione della Rivoluzione delle Asturie del 1934.
Prima della guerra civile tenne una posizione politica molto defilata. Era un professionista dell’esercito e la sua figura si identificava con idee conservatrici ma moderate. Come gli atri militari di guarnigione in Marocco detestava il mondo dei politici professionisti che considerava la causa dei mali della Spagna. Già allora la sua mentalità era antiliberale benché non fosse un estremista. Giudicava i politici "disprezzabili fantocci" e già in uno dei suoi primi proclami del luglio 1936 affermava che gli spagnoli erano "stufi di loro".
Le idee base di Franco prima della guerra civile erano il nazionalismo ad oltranza e l’anticomunismo. In realtà la sua ideologia si cristallizzò tra il 1933 e l 1939: in questo periodo incominciò a manifestare la sua religiosità e la sua semplicissima interpretazione del passato storico della Spagna, concepito come lotta perenne tra alcune forze tradizionali, religiose e patriottiche e altre antinazionali e legate alla massoneria. Contrasse matrimonio con Carmen Polo, di distinta famiglia asturiana.
La sua decisione di intervenire nella guerra civile fu tardiva ma risultò inequivocabile e fin dal principio aspirò a esercitare la suprema responsabilità politica.
Franco non assomiglia a nessun altro personaggio storico dell’epoca contemporanea che ha esercitato il potere in prima persona. Veniva da ambienti umani ed ideologici molto differenti da quelli di Hitler o/e Mussolini, e la capacità oratoria di costoro non si può comparare con la pochezza tanto di gesti come di parola che fu del dittatore spagnolo. Fu soprettutto durante la sua vita un militare. Senza dubbio l’esercito fu per lui la cosa più sacra ed importante e considerò le virtù militari come le migliori.
Amante della disciplina la praticò e la pretese nella politica che considerava come un compimento del proprio dovere. Altri aspetti del suo carattere furono la serenità e la tranquillità che includeva la sua freddezza, che contrastava fortemente con gli impeti e gli entusiasmi di molti protagonisti della vita pubblica. Il modo di agire di Franco consisteva quasi sempre nel non affrettare le cose. A fronte dell’azione brillante, contraddittoria e spesso confusa che caratterizzò la dittatura di Primo de Rivera, Franco applicò ai problemi il metodo di tergiversare e di lasciare che il passare del tempo li risolvesse.
Ciò contribuisce a spiegare la lunga durata del suo potere.
Risulta sorprendente che, non essendo Franco un politico di professione, ma odiando questo tipo umano egli abbia avuto una abilità che normalmente propria dei professionisti della politica. Dimostrò abilità manovriera e astuzia nel maneggio della piccola politica, applicata soprattutto al mantenimento della disciplina sotto il comando dei settori politici e sociali che risultarono vincitori della guerra civile, esercitando un arbitraggio su tutti coloro che venivano in contrasto con il passare del tempo. Ciò gli fu permesso dal suo prestigio militare e dal non essersi schierato in nessun raggruppamento politico prima della guerra civile. Non ebbe una ideologia chiara e si mostrò sempre ambiguo, il che faceva sì che persone di differenti opinioni lo credessero dalla loro parte. Tutto ciò gli permise di mantenere la stabilità del suo regime. Nella formazione dei suoi governi applicò una mescolanza attenta delle distinte tendenze che esistevano in quel momento. In questo modo si mantenne al potere evitando contrasti ideologici e la polarizzazione delle opinioni , che è l’essenza del liberalismo e della democrazia.
A queste sorprendenti capacità in un terreno che non era il suo si sommano ovvie limitazioni. Fu carente di una ideologia ferma e non ebbe una preparazione politica di ampio respiro. Il suo orizzonte vitale era quello di un ufficiale della guerra del Marocco la cui massima aspirazione sarebbe stata quella di trasformarsi nell’Alto Commissario della Colonia. Le sue opinioni sulla politica e sulla economia erano semplificazioni nate dalla mancanza di cultura specifica, dalla mentalità ristretta e dalla mediocrità del suo orizzonte biografico. Come tante persone con i suoi limiti ebbe un’estrema avarizia del suo potere politico che non permise mai cadesse nelle mani di altri nelle decisioni fondamentali. La sua principale preoccupazione fu di far tesoro e di conservare ciò che aveva ottenuto a seguito di una gravissima tragedia nazionale.
I suoi peggiori difetti furono di indole morale. Meraviglia la sua indifferenza o carenza di pietà davanti alle sofferenze dei vinti e la sua incapacità di concepire un superamento effettivo del clima di guerra civile che in realtà durò tutta la sua vita.
L’arbitraggio sulle distinte tendenze esistenti diede a Franco una preponderanza che risultò decisiva nella vita politica spagnola. L’esaltazione della sua figura contribuì a convertirlo in " Caudillo" e a farlo considerare l’uomo mandato dalla provvidenza per salvare un popolo.
Senza dubbio per i franchisti egli era una persona provvidenziale ed egli stesso si considerò la sentinella che vegliava sul bene del paese mentre gli altri dormivano. Su ciò fondava il suo diritto a esercitare il potere in Spagna, visto che aveva ottenuto la vittoria con il favore divino, che era caduto provvidenzialmente su di lui . Solo dopo la crisi finale del regime, negli ultimi anni della vita di Franco si generalizzarono i giudizi negativi della sua opera. Dopo la sua morte la sua figura ha continuato a deteriorarsi nel giudizio della pubblica opinione.
Il regime politico che ebbe la Spagna tra il 1939 e il 1975 può essere definito come la dittatura Franchista. Il franchismo non fu tuttavia un sistema politico originale. Nelle sue concezioni e nei suoi comportamenti fu l’espressione di un desiderio di dittatura che mutuò evidenti somiglianze con gli altri regimi assoluti dell’Europa e dell’America. La vera peculiarità del regime fu che durante la vita del generale Franco, pur senza cambiare di forma sostanziale, esso passò dalla somiglianza a un tipo di dittatura all’altra mantenendo sempre come riferimento la medesima persona.
Durante gli anni Trenta predominò nella destra spagnola l’impronta cattolica conservatrice e tradizionalista con un chiaro sfondo reazionario, mancante del rivoluzionalismo verbale dei fascisti.
Durante la seconda guerra mondiale il termine di paragone della dittatura franchista non fu la Germania di Hitler ma i regimi pseudofascisti o semifascisti, compreso il fascismo italiano.
Come in Italia il totalitarismo non fu assoluto per l’esistenza di poteri autonomi come l’esercito e la Chiesa, realtà fondamentali della società spagnola.
Passati gli anni Trenta e Quaranta, la dittatura di destra divennero non totalitarie nel senso che la politica non occupava la totalità della società e permetteva un certo pluralismo interno, benché ciò non avesse niente a che vedere con la democrazia. In questo tipo di dittatura non totalitaria si può classificare il regime di Franco, che a partire da un certo momento, negli anni Sessanta, utilizzò come argomento principale della sua propaganda l’esistenza di uno sviluppo economico che analogamente si ebbe nelle altre dittature similari. In questo periodo il Franchismo fu una dittatura burocratico–amministrativa più che fascista.
La dittatura franchista ebbe tuttavia tratti fondamentali che rimasero inalterati durante tutta la sua esistenza.
Una prima caratteristica si riferisce al ruolo dell’ideologia politica nel regime.
Il franchismo ebbe più fonti ideologiche, tutte di destra, che lo influenzavano in successione.
Proibì la libera circolazione delle opinioni e la libertà di espressioni caratteristiche della società liberale ed ebbe sempre una visione autoritaria di base in un contesto clericale e autoritario. Non si diede un corpo dottrinale concreto ed elaborato.
Evitò la componente utopiche delle dottrine di estrema destra che il franchismo utilizzò solo per rompere con il passato e per stabile una apparenza di struttura istituzionale che serviva solo per nascondere un potere personale. Fu una dittatura personale e non collettiva di un partito o di una classe militare.
Il franchismo non cercò di istituzionalizzarsi tanto è vero che non si diede una costituzione se non trenta anni dopo essere nato. Il Caudillo esercitò un arbitraggio su una coalizione conservatrice con componenti molto distinte e contraddittorie.
Nei governi franchisti comparvero le distinte famiglie del regime cattolici, carlisti, falangisti.
Un tratto caratteristico del regime dittatoriale è il pretendere il consenso popolare mobilitando i cittadini. In questo il franchismo si comportò come i regimi fascisti. Quando si considerava in pericolo Franco ricorreva alla mobilitazione popolare. Tuttavia a partire dagli anni cinquanta si adoperò per costruire una società aliena completamente dalla politica . Almeno la metà della popolazione per vari motivi rimase sempre al margine della politica non schierandosi mai ne a favore ne contro Franco.
Nei primi anni della dittatura la Falange cercò di essere l’unica entità nello scenario politico ma questa pretesa fu stroncata da Franco. La Falange non poté avere una milizia dominare l’amministrazione, la giustizia o la diplomazia come fece il partito nazista in Germania. Venne burocratizzata e divenne una parte dell’apparato dello Stato che forniva servizi sociali alla popolazione. Ebbe sempre una importanza nello scenario politico, ma mai una egemonia assoluta.
Nel Franchismo non ci fu una distinzione tra il potere esecutivo e quello legislativo perché il primo ebbe sempre il predominio. Le Cortes servivano solo come cassa di risonanza per le grandi decisioni di Franco. In quanto all’esecutivo tutte le decisioni fondamentali erano nelle mani del Caudillo che dava una ampia libertà ai suoi ministri per la realizzazione dei provvedimenti minori. Inizialmente i collaboratori di Franco furono scelti nell’esercito o nel partito, nel periodo finale vennero soprattutto dall’Amministrazione.

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