La valanga di “sì” al referendum del 12 13 giugno 2011 dimostrano che non solo fra gli elettori di centrosinistra, anche fra quelli di centrodestra, soprattutto se cattolici, è diffusa la paura per l’installazione in Italia di centrali nucleari (che del resto è condivisa anche dai tedeschi che peraltro coprono già il loro fabbisogno di risorse energetiche per l’elettricità con un 20 per cento di energie alternative solari e del vento) e la preoccupazione che l’acqua diventi preda di business monopolistici di compagnie internazionali.
Al centrodestra ora compete di spiegare che l’energia nucleare è necessaria per l’Italia, ma che per evitare i timori che la sua produzione comporta se le centrali vengono realizzate sul nostro territorio, sovraffollato, converrà cercare i siti per i nostri investimenti all’estero, in luoghi idonei. Sicuramente costa di meno la individuazione di siti idonei fuori di Italia che in Italia, e poiché il costo del kwh nucleare dipende in gran parte dalla spesa di investimento e dal know how tecnologico il fatto di installare le centrali all’estero, anziché in Italia non determinerà un prezzo del kwh maggiore di quello che esso sarebbe costato se le centrali fossero state fatte in Italia. Rimane però da osservare che la sinistra italiana si è opposta sistematicamente alla Tav Torino Lione, al Ponte sullo Stretto e all’energia nucleare, configurandosi sempre più come un movimento politico socialmente ed eticamente progressista cioè liberal nel senso nordamericano del termine, ma economicamente conservatore e dirigista cioè illiberale.
E’ la sinistra vendoliana e santoriana che avanza, quella socialpopulista e relativista, assieme alla destra-sinistra e demagistriana dipietrista. Non credo che Bersani, insieme ai presunti liberali della sinistra ne debba gioire, dato che oramai la contraddizione fra il PD e la linea di privatizzazioni e liberalizzazioni è palese. E’ evidente che il PD con questa operazione dei quattro sì ha unito l’utile al dilettevole. Infatti, ora si diletta a sostenere che questo referendum dimostra che l’attuale governo non ha il consenso nel paese, mentre è chiaro che il sì abrogativo per il nucleare e l’acqua lo hanno dato anche molti elettori del centro destra, che sono favorevoli alle privatizzazioni dei servizi pubblici locali, ma non ad avventure pericolose, quali quelle che sono state descritte dal PD con la campagna mistificatoria per cui il referendum serve a far sì che l’acqua rimanga un bene pubblico, mentre ciò che è in gioco è, al massimo, la gara per la cessione ai privati del 40% della società pubblica del servizio idrico integrato.
Il PD unisce a questo presunto successo politico, frutto di un imbroglio propagandistico cui si è prestata anche la lobby finanziaria antiberlusconiana, l’utile consistente nel conservare le sue posizioni di potere e di clientela nelle imprese pubbliche locali controllate dalle loro giunte comunali, che assicurano loro anche una ampia base elettorale, tramite i loro dipendenti. La vittoria di De Magistris a Nopoli si deve in parte alla sua abilità di leader peronista, ma in parte anche alle solide clientele del Pd, che hanno, nelle aziende ex municipalizzate una delle loro roccaforti. Gli elettori, che hanno votato due “sì” nel presunto referendum sull’acqua non si sono resi conto che sono stati imbrogliati da questi finti liberali, che desiderano tenere strette le loro aziende ex municipalizzate. Infatti, in virtù del sì che abroga la norma sulla privatizzazione almeno parziale delle ex municipalizzate, l’obbligo di fare la gara sparisce per tutte queste imprese e i loro appalti possono andare alle coop rosse e agli amici della giunta municipale. E ciò non solo per le aziende dell’acqua, ma per qualsiasi altra. Ciò, peraltro, violando la giurisprudenza dell’Alta Corte di Giustizia della Comunità Europea.
Il governo Berlusconi farà bene a dire che rispetta il referendum, e non fa una nuova legge di adeguamento alla normativa comunitaria. Il federalismo fiscale comporta che ogni ente locale si assuma le sue responsabilità e che siano i suoi cittadini a pagare i costi dei suoi servizi e dei suoi disservizi. C’è un altro “sì” che urta contro le regole dell’economia di mercato, quello che abolisce la norma della legge Ronchi-Fitto per cui l’investimento idrico integrato deve essere remunerato al suo costo, nel prezzo dell’acqua. Con la abrogazione di questa norma, ogni comune è libero di porre un prezzo pari a tale costo o ad esso inferiore. In questo secondo caso, la differenza la pagheranno i contribuenti del comune. Se la maggioranza degli italiani vuole stabilire che essi, come contribuenti, pagheranno il prezzo politico dell’acqua, sono liberi di farlo, purché si stabilisca che ogni comune deve avere il bilancio in pareggio e che i trasferimenti statali ai comuni riguardano solo quelli a basso reddito per garantirne i servizi essenziali di natura gratuita, così come nelle norme sul federalismo fiscale municipale e sul patto di stabilità interno, ora in vigore. E’ bene che i cittadini imparino a pagare i costi del proprio voto riguardante i servizi pubblici locali e la politica energetica italiana e che Berlusconi ne prenda atto.
Fonte: di Forte Francesco.
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