Il Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga si è spento ieri 17/08/2010 alle 13:18 al Policlinico Gemelli di Roma, all’età di 82 anni. Le sue condizioni di salute erano drasticamente peggiorate negli ultimi giorni. Era ricoverato da nove giorni nel reparto di terapia intensiva per una grave insufficienza cardio-respiratoria. Sedato e intubato, la sua respirazione si era fatta sempre più difficile negli ultimi giorni, fino al precipitare della situazione nella tarda mattinata di oggi. Il premier Berlusconi ha commentato: "Piango un amico carissimo, affettuoso, generoso. Mi mancheranno il suo affetto, la sua intelligenza, la sua ironia, il suo sostegno. Ai suoi figli l'impegno della mia vicinanza". Se n'è andato nello stile che lo contraddistingueva: ha lasciato tre lettere in un plico sigillato dirette alle massime autorità dello Stato, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quello del Senato Renato Schifani e al premier Silvio Berlusconi. Le lettere, secondo le disposizioni di Cossiga, dovevano essere consegnate solo dopo la sua morte.
Cossiga è stato uno degli uomini politici italiani più autorevoli, longevi e controversi. Nato il 26 luglio 1928 a Sassari, a diciassette anni era già iscritto alla Democrazia Cristiana. A 28 diventa segretario provinciale. Due anni dopo, nel 1958, entra a Montecitorio. Ha ricoperto tutti gli incarichi di governo possibili, da ministro dell'Interno a presidente del Consiglio. È stato Presidente del Senato e il più giovane e votato Presidente della Repubblica. È stato anche il più giovane sottosegretario alla Difesa nel terzo governo guidato da Aldo Moro, il più giovane ministro dell'Interno e il più giovane Presidente del Consiglio nel 1979: aveva 51 quando ricoprì la carica.
Probabilmente il momento più difficile della sua carriera politica fu il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. L'uccisione dello statista democristiano lo costrinse alle dimissioni, dopo aver ricevuto accuse pesantissime sulla gestione dell'"affaire" dalle quali si difese sempre con estrema tenacia. Veniva considerato un depositario di molti misteri italiani degli anni del terrorismo.
Presidente del Consiglio nel 1979, il suo governo cade nel 1980, impallinato dai "franchi tiratori" democristiani che bocciarono il 'decretone' che avrebbe dovuto benedire l'accordo fra Nissan e Alfa Romeo. Per un voto Cossiga fu costretto alle dimissioni e con lui saltò anche l'intesa. Nel 1985 viene eletto Presidente della Repubblica, succedendo a Sandro Pertini, con una maggioranza senza precedenti: 752 voti su 977 votanti. A votarlo Dc, Psi, Pci, Pri, Pli, Psdi e Sinistra Indipendente.
Nei prima anni Novanta si guadagna il soprannome di "Picconatore": attacca il Csm, la Corte Costituzionale e il sistema dei partiti. Lo fa, dice, per "togliersi qualche sassolino dalle scarpe". Sollecita una grande riforma dello Stato e se la prende con diversi esponenti politici. C'è chi arriva a dargli del matto, ma lui risponde di "farlo, non di esserlo". Nello stesso anno, quando Giulio Andreotti rivela l'esistenza di "Gladio" (la struttura segreta dell’Alleanza Atlantica che doveva difendere il nostro Paese dal comunismo), Cossiga si vede in qualche modo coinvolto e reagisce attaccando, prendendosela con il suo partito dal quale si sente "scaricato". Il Pds chiede la procedura di impeachment, Cossiga attende le elezioni del 1992 e poi rassegna le dimissioni con un discorso televisivo di 45 minuti. Esce di scena volontariamente: tutto il sistema che critica e accusa da due anni crollerà pochi mesi dopo sotto i colpi del pool di magistrati di "Mani pulite" che segue le inchieste su Tangentopoli.
Ricompare a sorpresa nell'autunno del 1998, al momento della crisi del governo Prodi. Fonda l'Udr (Unione Democratica per la Repubblica) e dà un sostegno decisivo alla nascita del governo di Massimo D'Alema. Ma l'idillio dura poco. Alle elezioni politiche del 2001 dà l'appoggio a Silvio Berlusconi, tuttavia in seguito, in Senato, non voterà la fiducia. Da allora non ha mai mancato di intervenire nei momenti cruciali dell'attività parlamentare e del governo dispensando critiche, ma anche consigli, ai presidenti del Consiglio e ai capi di Stato che si sono succeduti in questi anni.
Il più profondo cordoglio per la scomparsa del presidente emerito della Repubblica è stato espresso dalla maggior parte dei colleghi politici e amici. "Oggi perdo un amico affettuoso e leale", così il senatore a vita Emilio Colombo, esponente di primo piano della Dc e più volte ministro. "Cossiga è stato sempre un convinto assertore della politica sociale – aggiunge Colombo – che riuscì con perseveranza a tradurre nelle molteplici e importanti esperienze istituzionali e nella lunga vita nella Democrazia cristiana". Anche Massimo D’Alema lo ha ricordato con commozione: "Con lui abbiamo avuto momenti di incontro così come aspri conflitti, vissuti sempre con rispetto reciproco e lealtà. In questi ultimi anni – ha detto – ci ha unito un'intensa amicizia, della quale gli resterò grato".
Mario Landolfi, componente della Direzione nazionale del Pdl, lo ha ricordato così: "Francesco Cossiga è stato un grande e coraggioso presidente: ha sfidato la partitocrazia, ha rischiato l'impeachment minacciato dai comunisti pur di sostenere la necessità di aggiornare la Costituzione, ha chiesto scusa alla destra italiana per aver definito 'fascista' la strage di Bologna. Con la sua morte – ha concluso Landolfi – la politica perde un inimitabile protagonista che non ha mai fatto mancare il suo originalissimo e qualificatissimo contributo, fatto spesso di paradossi e di formidabili provocazioni. Ci mancheranno le sue picconate".
Con Francesco Cossiga "l'Italia perde una parte della sua storia e un conoscitore profondo delle sue istituzioni". Il Presidente del Senato Renato Schifani, ha così espresso il cordoglio, suo e del Senato, per la morte dell'ex Presidente della Repubblica. "La sua figura, la sua passione politica e civile, il suo atteggiamento schietto nei confronti della realtà – sottolinea – rimarranno sempre vivi nel nostro ricordo e continueranno a esserci d'esempio". "Da Senatore di diritto e a vita – si legge ancora nel messaggio di Schifani – Francesco Cossiga non ha cessato il suo impegno, incarnando il ruolo di coscienza critica di questi ultimi difficili tempi: tutti ricordiamo i suoi interventi appassionati nell'Aula di Palazzo Madama, le sue argomentazioni lucide, la sua lettura originale e illuminante dei fatti e delle circostanze". Addio Presidente ci mancheranno le sue "picconate".
Cossiga è stato uno degli uomini politici italiani più autorevoli, longevi e controversi. Nato il 26 luglio 1928 a Sassari, a diciassette anni era già iscritto alla Democrazia Cristiana. A 28 diventa segretario provinciale. Due anni dopo, nel 1958, entra a Montecitorio. Ha ricoperto tutti gli incarichi di governo possibili, da ministro dell'Interno a presidente del Consiglio. È stato Presidente del Senato e il più giovane e votato Presidente della Repubblica. È stato anche il più giovane sottosegretario alla Difesa nel terzo governo guidato da Aldo Moro, il più giovane ministro dell'Interno e il più giovane Presidente del Consiglio nel 1979: aveva 51 quando ricoprì la carica.
Probabilmente il momento più difficile della sua carriera politica fu il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. L'uccisione dello statista democristiano lo costrinse alle dimissioni, dopo aver ricevuto accuse pesantissime sulla gestione dell'"affaire" dalle quali si difese sempre con estrema tenacia. Veniva considerato un depositario di molti misteri italiani degli anni del terrorismo.
Presidente del Consiglio nel 1979, il suo governo cade nel 1980, impallinato dai "franchi tiratori" democristiani che bocciarono il 'decretone' che avrebbe dovuto benedire l'accordo fra Nissan e Alfa Romeo. Per un voto Cossiga fu costretto alle dimissioni e con lui saltò anche l'intesa. Nel 1985 viene eletto Presidente della Repubblica, succedendo a Sandro Pertini, con una maggioranza senza precedenti: 752 voti su 977 votanti. A votarlo Dc, Psi, Pci, Pri, Pli, Psdi e Sinistra Indipendente.
Nei prima anni Novanta si guadagna il soprannome di "Picconatore": attacca il Csm, la Corte Costituzionale e il sistema dei partiti. Lo fa, dice, per "togliersi qualche sassolino dalle scarpe". Sollecita una grande riforma dello Stato e se la prende con diversi esponenti politici. C'è chi arriva a dargli del matto, ma lui risponde di "farlo, non di esserlo". Nello stesso anno, quando Giulio Andreotti rivela l'esistenza di "Gladio" (la struttura segreta dell’Alleanza Atlantica che doveva difendere il nostro Paese dal comunismo), Cossiga si vede in qualche modo coinvolto e reagisce attaccando, prendendosela con il suo partito dal quale si sente "scaricato". Il Pds chiede la procedura di impeachment, Cossiga attende le elezioni del 1992 e poi rassegna le dimissioni con un discorso televisivo di 45 minuti. Esce di scena volontariamente: tutto il sistema che critica e accusa da due anni crollerà pochi mesi dopo sotto i colpi del pool di magistrati di "Mani pulite" che segue le inchieste su Tangentopoli.
Ricompare a sorpresa nell'autunno del 1998, al momento della crisi del governo Prodi. Fonda l'Udr (Unione Democratica per la Repubblica) e dà un sostegno decisivo alla nascita del governo di Massimo D'Alema. Ma l'idillio dura poco. Alle elezioni politiche del 2001 dà l'appoggio a Silvio Berlusconi, tuttavia in seguito, in Senato, non voterà la fiducia. Da allora non ha mai mancato di intervenire nei momenti cruciali dell'attività parlamentare e del governo dispensando critiche, ma anche consigli, ai presidenti del Consiglio e ai capi di Stato che si sono succeduti in questi anni.
Il più profondo cordoglio per la scomparsa del presidente emerito della Repubblica è stato espresso dalla maggior parte dei colleghi politici e amici. "Oggi perdo un amico affettuoso e leale", così il senatore a vita Emilio Colombo, esponente di primo piano della Dc e più volte ministro. "Cossiga è stato sempre un convinto assertore della politica sociale – aggiunge Colombo – che riuscì con perseveranza a tradurre nelle molteplici e importanti esperienze istituzionali e nella lunga vita nella Democrazia cristiana". Anche Massimo D’Alema lo ha ricordato con commozione: "Con lui abbiamo avuto momenti di incontro così come aspri conflitti, vissuti sempre con rispetto reciproco e lealtà. In questi ultimi anni – ha detto – ci ha unito un'intensa amicizia, della quale gli resterò grato".
Mario Landolfi, componente della Direzione nazionale del Pdl, lo ha ricordato così: "Francesco Cossiga è stato un grande e coraggioso presidente: ha sfidato la partitocrazia, ha rischiato l'impeachment minacciato dai comunisti pur di sostenere la necessità di aggiornare la Costituzione, ha chiesto scusa alla destra italiana per aver definito 'fascista' la strage di Bologna. Con la sua morte – ha concluso Landolfi – la politica perde un inimitabile protagonista che non ha mai fatto mancare il suo originalissimo e qualificatissimo contributo, fatto spesso di paradossi e di formidabili provocazioni. Ci mancheranno le sue picconate".
Con Francesco Cossiga "l'Italia perde una parte della sua storia e un conoscitore profondo delle sue istituzioni". Il Presidente del Senato Renato Schifani, ha così espresso il cordoglio, suo e del Senato, per la morte dell'ex Presidente della Repubblica. "La sua figura, la sua passione politica e civile, il suo atteggiamento schietto nei confronti della realtà – sottolinea – rimarranno sempre vivi nel nostro ricordo e continueranno a esserci d'esempio". "Da Senatore di diritto e a vita – si legge ancora nel messaggio di Schifani – Francesco Cossiga non ha cessato il suo impegno, incarnando il ruolo di coscienza critica di questi ultimi difficili tempi: tutti ricordiamo i suoi interventi appassionati nell'Aula di Palazzo Madama, le sue argomentazioni lucide, la sua lettura originale e illuminante dei fatti e delle circostanze". Addio Presidente ci mancheranno le sue "picconate".
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