Nel caso del contratto di lavoro subordinato la cessione può essere effettuata solo dal datore di lavoro, col consenso del lavoratore. Il lavoratore continua la prestazione della propria attività alle dipendenze del nuovo datore di lavoro, conservando l'applicazione del contratto di lavoro precedentemente in essere.
La cessione del contratto
L'istituto della cessione del contratto è disciplinato dal nostro codice civile al titolo II – contratti in generale, capo VIII (della cessione del contratto) art. 1406 c.c. e ss.
La nozione generale introduce a detto istituto, definendo che “ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta”.
Partendo da questa definizione, si può affermare, dunque, che nella cessione del contratto si configura una situazione in cui un soggetto (denominato cedente), con il consenso del soggetto contraente(ceduto), cede posizione giuridica di questi ad un soggetto terzo, così di fatto garantendogli il subentro nei rapporti giuridico-patrimoniali derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive non ancora eseguite.
Il perfezionamento di tale condizione configura il totale trasferimento in capo al cessionario di tutte le situazioni giuridiche del cedente, ivi compresi i diritti potestativi, non ammettendosi infatti la possibilità di una cessione parziale del contratto.
Requisiti
La cessione del contratto necessita della sussistenza di alcuni requisiti per ritenersi legittima, e più specificatamente:
- la corrispettività della prestazione;
- il consenso del soggetto ceduto;
- la non esecuzione delle prestazioni previste.
In ambito giuslavoristico, la cessione del contratto di lavoro non prevede diversa regolamentazione ma trova medesima disciplina codicistica, in quanto ritenuta (fondatamente) che tale modalità risponda alla funzione economica di eliminare dispendiose e farraginose rinnovazioni del contratto.
La cessione del contratto di lavoro subordinato
La cessione del contratto di lavoro subordinato, come sopra anticipato, non prevede una diversa disciplina ma si richiama a quella codicistica di cui agli art. 1406 c.c. e ss. ed, analogamente a quanto avviene in caso di trasferimento d'azienda, non configura alcuna interruzione del precedente rapporto di lavoro. Infatti, stipulando un accordo tra il datore di lavoro cedente ed il lavoratore, si configura in automatico la continuazione del rapporto di lavoro sotteso senza soluzione di continuità con il nuovo datore di lavoro (cessionario), mantenendo invariate condizioni retributive, contrattuali, scatti di anzianità maturate nel precedente rapporto di lavoro. In buona sostanza, il contratto di lavoro non subisce alcuna variazione salvo il fatto che vi sia un soggetto diverso come datore di lavoro.
La corrispettività e la non esecuzione della prestazione rappresentano, dunque, requisiti oggettivi della cessione del contratto di lavoro.
In generale, e salvo diversa pattuizione tra le parti interessate, il datore di lavoro cedente deve trasferire al nuovo datore di lavoro (cessionario) la provvista delle retribuzioni maturate dal lavoratore ceduto, fino alla data dell'avvenuta (e perfezionata) cessione, non ancora corrisposte, e più dettagliatamente:
- ferie maturate e non godute;
- permessi retribuiti e non goduti;
- eventuali premi di produttività riconosciuti;
- TFR maturato suddiviso tra quanto presente in azienda e quanto versato al fondo di previdenza complementare.
Il consenso del lavoratore, invece, rappresenta requisito soggettivo degno di più ampio approfondimento.
Il consenso del lavoratore
La cessione del contratto di lavoro subordinato si inquadra, a tutti gli effetti, in un rapporto giuridico trilaterale il cui perfezionamento prescinde dalla manifestazione del consenso del dipendente ceduto. Anzi, per meglio dire, il consenso del lavoratore ceduto è elemento costitutivo di tale rapporto.
Partendo da tale presupposto, si evidenzia che il consenso del lavoratore può essere reso contestualmente o successivamente alla cessione del contratto di lavoro, posto che, ai sensi e per l'effetto dell'art 1407 c.c., detto consenso può essere reso anche preventivamente all'atto di cessione del contratto di lavoro subordinato intervenuto tra datore cedente e datore cessionario, la cui efficacia decorre dal momento in cui è avvenuta la comunicazione allo stesso lavoratore ceduto, ovvero gli sia stata notificata ed abbia manifestato la volontà di essere ceduto.
Nel caso in cui il lavoratore, invero, manifesti la volontà di non essere ceduto, la cessione di contratto di lavoro deve ritenersi nulla.
Ma non solo. Tale illegittimità travolge anche eventuali atti successivi posti in essere dalle parti contraenti. Così, ad esempio, in caso di eventuale licenziamento di un lavoratore che abbia manifestato il dissenso alla cessione del contratto di lavoro, deve ritenersi illegittima tanto la cessione del contratto stesso, quanto inefficace il successivo provvedimento espulsivo irrogato nei confronti di quest'ultimo.
Forma del consenso
In via generale, il consenso deve essere manifestato in forma scritta, ovvero nella forma del contratto ceduto. Il lavoratore ceduto può (o meglio, deve) comunicare l'avvenuta conoscenza della cessione del suo contratto di lavoro e la sua volontà (dissenso o consenso) attraverso raccomandata a/r.
Giova rilevare che la volontà del lavoratore ceduto può manifestarsi anche in forma tacita, ovvero de facta concludentia, purché venga manifestata in maniera adeguata la volontà di porre in essere una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro (Cass. 6 novembre 1999 n. 12384).
Casistica giurisprudenziale
Di seguito, si riportano alcune pronunce giurisprudenziali in tema di cessione del contratto di lavoro subordinato, avuto riguardo ai temi trattati:
a) In tema di trasferimento inter vivos delle situazioni giuridiche tra soggetto cedente e ceduto:
“ Il mutamento di titolarità dell'azienda non interferisce con i rapporti di lavoro già intercorsi con il cedente che continuano a tutti gli effetti con il cessionario il quale subentra in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al primo; la natura precaria dell'effetto estintivo del licenziamento intimato prima del trasferimento dell'azienda e l'ipotetico ripristino, in caso di suo annullamento, del rapporto di lavoro fra le parti originarie, determina la legittimazione passiva del cessionario e rispetto all'impugnativa di quel licenziamento.” (Cass. 12 aprile 2010 n. 8641).
b) I n tema di consenso del lavoratore ceduto:
“L'esecuzione conforme del rapporto di lavoro alle dipendenze del cessionario del ramo di azienda per circa sette anni, senza avanzare alcuna riserva o contestazione, è idonea a integrare adesione per comportamento concludente alla prosecuzione del rapporto con il nuovo datore di lavoro” (Trib. Roma 23 ottobre 2008).
“Il consenso del lavoratore alla cessione del proprio contratto, che può essere espresso anche successivamente alla stipulazione del negozio, non deve risultare da forme solenni e può essere, oltre che espresso, anche tacito, purché manifesti la volontà di porre in essere una modificazione soggettiva del rapporto, con la conseguenza che la sua esistenza può anche essere desunta dalla lunga inerzia del lavoratore nell'opporsi alla cessione del suo rapporto che ha avuto, invece, regolare espressione presso il cessionario”(Trib. Milano 18 settembre 2008).
Conclusioni
Alla luce di quanto esaurientemente esposto, in ipotesi di cessione del contratto di lavoro subordinato, il datore cedente e quello cessionario, al fine di non incorrere nella illegittimità del negozio giuridico disciplinato dall'art. 1406 c.c. e ss, devono necessariamente:
a) assicurarsi, salvo diversa pattuizione con il lavoratore ceduto, che non vi siano modificazioni del trattamento economico e di quello giuridico, garantendo allo stesso lavoratore l'applicazione del contratto di lavoro precedentemente in essere con il datore cedente;
b) che sia stato rispettato il diritto di informazione in favore del lavoratore ceduto, alla cessione del contratto di lavoro;
c) che abbiano garantito il diritto di manifestazione al consenso, ovvero dissenso, al dipendente ceduto, e che questi lo abbia esercitato in forma espressa o tacita senza alcun vizio o violenza della volontà.
art. 1406 c.c.
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