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mercoledì 28 luglio 2010

...ESSELUNGA E LA COOP...

Per la seconda domenica consecutiva, il patron di Esselunga Bernardo Caprotti ha comprato pagine di pubblicità sui principali quotidiani per spiegare come funzionano le cose in materia di «concorrenza e libertà» nelle regioni rosse. La settimana scorsa, il caso Modena: prima le Coop pagano un terreno cinque volte il suo valore commerciale per ostacolare l’insediamento di un supermercato Esselunga, poi il comune completa l’opera decidendo di trasformare l’area da commerciale a residenziale. Così il supermercato non verrà mai costruito, né a marchio Coop ma soprattutto non a marchio Esselunga. E chi ci rimette di più? Per capirlo basta osservare lo specchietto pubblicato ieri mattina: a Modena le catene legate a Legacoop possiedono l’88,1 per cento della superficie di vendita, Caprotti appena il 3,4. Ora si apre un capitolo inedito del fortunatissimo Falce e carrello: il caso Livorno. Che presenta varie analogie con Modena. Anche sulla costa toscana ci sono giunte rosse, le Coop monopoliste (il 72,2 per cento degli spazi commerciali della grande distribuzione è dei marchi Legacoop) e un terreno commerciale conteso. Il proprietario è il cavaliere del lavoro Marcello Fremura, 80 anni, armatore e spedizioniere marittimo. La superficie fa parte di un grande lotto in cui verranno realizzati 700 appartamenti, uffici, servizi e appunto un ipermercato (unico sito cittadino disponibile per una nuova apertura) con annesso centro commerciale e megastore non alimentare. Due anni fa Fremura trova l’accordo con il Comune per avviare i lavori. Partono i contatti per rivendere i 41mila metri quadrati dell’area commerciale. Lo scorso aprile sul tavolo di Fremura si trovano tre proposte. Le Coop propongono 30 milioni di euro, qualcosa in più la Airaudo costruzioni, mentre Caprotti ne mette sul piatto 40. Vincono le Coop.

Faccenda «inconsueta e singolare» osserva Esselunga senza eccepire la regolarità delle procedure. Perché rinunciare a un’offerta più alta di un terzo? Fremura, attraverso la nipote Antonella Boccardo (che guida la società Le Ninfee creata per gestire l’operazione), fa sapere che l’offerta di Caprotti è giunta in ritardo. Strano, replica Esselunga, visto che è stata presentata il giorno dopo un colloquio a Livorno tra i due imprenditori, e non è ipotizzabile che Fremura abbia ricevuto Caprotti avendo già chiuso l’affare. «Delle sue buone maniere non è dato dubitare», si legge in una nota di Esselunga. D’altra parte, il rogito con le Coop è stato firmato davanti al notaio Poma di Firenze il primo luglio scorso mentre la lettera di Esselunga è del 9 aprile. Il tempo per trovare l’accordo c’era tutto. Ma Caprotti punta il dito sul clima nel quale è avvenuta la compravendita. Due anni fa Sergio Costalli, amministratore delegato di Unicoop Tirreno, aveva dichiarato: «Siamo determinati a non lasciare spazio a nessun concorrente in Toscana». Un anno dopo aveva ripetuto: «L’importante è che non si insedi la concorrenza». Lo scorso febbraio, nei giorni cruciali delle trattative con Fremura, il presidente della società Marco Lami aveva lanciato l’ennesimo avvertimento: «Livorno è nostra». Segnali, messaggi, avvertimenti. E infatti Antonella Boccardo ha spiegato così la scelta di incassare 30 milioni di euro targati Coop invece che i 40 di Caprotti: «C’è stata una riunione di famiglia ed è stata presa una decisione. Ma soprattutto abbiamo deciso che non saremmo più tornati indietro. Ed è quello che faremo: noi a Livorno ci viviamo e lavoriamo». Caprotti non ci vive e non riesce ancora a lavorarci, con buona pace di centinaia di livornesi che su Facebook hanno aderito al gruppo «Vogliamo l’Esselunga a Livorno» con tanto di indicazioni stradali per arrivare al supermercato di Pisa. E poi Caprotti non ci sta a passare per bersaglio di false accuse, come l’agnello nell’apologo di Fedro che viene citato nella pubblicità sui giornali. In difesa di Esselunga è sceso il coordinatore del Pdl e ministro Sandro Bondi: «Qualcuno raccolga l’ennesimo appello-denuncia. In una parte d’Italia, che grossomodo coincide con le regioni rosse, l’intreccio tra potere politico ed economia raggiunge livelli impensabili. Se la magistratura se ne occupasse si rivelerebbe un sistema di illegalità impressionante».

Tratto da Il Giornale.

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