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martedì 7 dicembre 2010

Perchè sono a favore della riforma universitaria. Cambierà in meglio il nostro futuro.

Siamo dalla sua parte in molti e questo non riescono a capirlo tanti miei colleghi dell'Università di scienze politiche di Forlì "Roberto Ruffilli". Siamo dalla sua parte perchè la riforma cerca di entrare in quel tunnel ormai chiuso del mondo universitario che favorisce solamente i parenti e gli amici di questi parenti. Dalla parte del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini perché ammiriamo il coraggio con cui ha sfidato una montagna. Quella dei privilegi e delle caste, su cui per anni si è ingessato il sistema universitario italiano. Un sistema che ha fatto perdere competitività ai nostri atenei rispetto al resto d’Europa e che ha penalizzato, tra gli studenti e i professori, i più bravi e meritevoli. Era da tempo che si attendeva una riforma simile. E anche se siamo tutti consapevoli che si tratta solo di un primo passo e che molto può essere ancora fatto per migliorarla, siamo pronti a difenderla e soprattutto a fare la nostra parte per farne comprendere il significato vero agli studenti.

A tutti i ragazzi che stanno inscenando contestazioni e proteste, mi piacerebbe a questo punto chiedere se davvero hanno compreso il valore di questo provvedimento. Perché che sorga qualche dubbio in proposito è più che lecito. Se i ragazzi sono scesi in piazza contro la riforma per difendere il loro futuro probabilmente non la conoscono o non ne hanno compreso i contenuti. Perché protestare, altrimenti, contro qualcosa che si propone di affermare i principi dell’autonomia, della responsabilità e della meritocrazia? Perché protestare contro la possibilità di ridurre gli sprechi che hanno portato il sistema universitario al collasso, mortificando quelle eccellenze che pure esistono? Perché protestare contro la possibilità prevedere strumenti diversi di reclutamento dei docenti, basati sull’efficienza e la razionalità? Tanti aspetti, quest’ultimo specialmente, che vale la pena sottolineare. Soprattutto in una fase storica come quella che stiamo vivendo, in cui si fa un gran parlare di rivoluzione meritocratica. Se così è, come si può protestare contro una riforma che vuole finalmente legare la progressione di carriera e di retribuzione dei docenti a criteri meritocratici? E lo stesso discorso vale per i finanziamenti agli atenei e ai vari dipartimenti. Per essere erogati si devono raggiungere concreti risultati in termini di didattica e di ricerca, la cui qualità sarà verificata dall’Agenzia nazionale di valutazione. Mi ha colpito la definizione che qualche commentatore ha utilizzato per descrivere la riforma predisposta dalla Gelmini: “una robusta cura di efficienza gestionale, in un ambiente che della sana e prudente gestione delle risorse non ha mai fatto una priorità”. Era ora, dunque, che il concetto di valutazione cominciasse a bussare anche ai portoni delle università, dando la possibilità di premiare gli atenei virtuosi. La crisi economica impone a tutti un impegno maggiore. Il Paese ha bisogno di competitività. Lavorare in questo senso è una responsabilità che coinvolge tutti. Rendite di posizione, nepotismi, bilanci in rosso, sono stati i virus che hanno infettato non solo le università, ma l’intero sistema produttivo italiano. Solo superando queste incrostazioni potrà ripartire l’ascensore sociale che, nel caso delle università, può dare spazio ai giovani ricercatori. E se i ragazzi non sono in grado di comprendere che si tratta di una sfida, che se vinta, cambierà il loro futuro, dobbiamo assumerci noi la responsabilità di farlo comprendere.

C’è disinformazione e strumentalizzazione nelle proteste di queste ultime settimane. Abbiamo sentito i ragazzi ragionare per slogan e luoghi comuni. Dove è finita la libertà di pensiero? L’autonomia di ragionamento? Prendiamo a modello quello che succede all’estero, dove a contare è il merito. Chi si oppone a questa riforma si oppone ad un cambiamento che forse spaventa, perché è molto più semplice lasciare le cose come stanno e far sprofondare sempre di più il sapere nella palude dell’immobilismo. I cambiamenti sono difficili da gestire. E questa riforma è un passo importante verso un grande cambiamento. E’ un punto di partenza su cui poter e dover lavorare, per rilanciare la competitività del nostro sistema educativo.





http://loccidentale.it/articolo/se+vinta,+la+sfida+della+riforma+universitaria+cambier%C3%A0+il+futuro+dei+giovani.0099529..

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