Normalmente viene spiegata la differenza che passa tra le varie forme di governo: dittatura, monarchia, aristocrazia, oligarchia, democrazia ecc., ma viene, invece, taciuta una realtà politica che coinvolge molti paesi cosiddetti democratici: la lobbycrazia o castacrazia.
Con tale termine deve essere intesa una forma di governo in cui alcuni gruppi di potere (anche occulto) condizionano l'amministrazione dello Stato. Di conseguenza le leggi promulgate sono il risultato di manovre fortemente desiderate da questi esponenti che costituiscono vere e proprie lobby.
Cercherò di spiegare meglio il concetto. Con il termine democrazia s'intende comunemente la sovranità del popolo. Il potere appartiene quindi a quest'ultimo che lo delega ai vari rappresentanti mediante democratiche votazioni politiche e amministrative. Questo però sulla carta, perché se esaminiamo con attenzione ad esempio la realtà italiana, che è la più vicina, possiamo scoprire molte incrinature nella democrazia del Bel Paese. Il sindaco viene eletto dai cittadini, ma entro una ristrettissima rosa di nomi già definiti dall'apparato partitico. Un cittadino (ad es. un medico conosciuto, un conduttore tv, un ortolano, un professore ecc.) che si ponesse all'attenzione degli elettori, indipendentemente dalla logica dei partiti, non potrebbe essere votato. E ciò vale anche per i candidati politici a tutti i livelli; basta pensare ad esempio alle polemiche scoppiate sulla forzata imposizione di candidati in collegi sicuri, in barba alle aspettative degli elettori di zona. Se pensiamo poi alla modifica elettorale introdotta con il “porcellum” in forza della quale i cittadini (sic!) non possono più esprimere preferenze, la sudditanza italiana sta facendo l’en plain. In base al “porcellum” a scegliere i canditati, infatti, non sono più i cittadini ma i segretari dei vari partiti che inseriranno nelle liste elettorali i loro uomini in base ad amicizie, convenienze, “fratellanze”, alcove ecc. Gli “eletti” saranno legati mediante un filo indissolubile con i segretari del partito ai quali risponderanno infischiandosene degli elettori. Il capo della polizia di una città non è una carica elettiva, come non lo è il prefetto e neppure il procuratore generale della stessa città. L'autorizzazione per i politici, accusati di violazioni normative, ad essere giudicati da un tribunale della repubblica italiana non viene concessa da una giuria popolare, composta da cittadini scelti a campione tra quelli in possesso dei diritti civili e politici, ma dagli stessi colleghi di parlamento.
Anche un giudice accusato di violazioni normative non viene giudicato da una giuria popolare (come sarebbe auspicabile) da affiancare il giudice togato ma, salvo reati di competenza della Corte d'Assise, dai colleghi di altre città. Ovviamente di casi se ne potrebbero fare altri e ciascuno può rilevarli. Questi esempi dimostrano che i nostri sistemi democratici sono molto virtuali dato che, in pratica, le persone che occupano posizioni di potere escono dalla scelta e dall'elezione diretta dei cittadini. Di conseguenza il concetto che la sovranità appartiene al popolo è pura fantasia.
Allora chi comanda nelle democrazie occidentali? Si chiederà qualcuno, dal momento che lo Stato promulga leggi ed attiva, mediante i suoi organi, quanto necessario al suo funzionamento. Ogni tanto, compare in sordina su alcuni mass media, ma soprattutto in internet, è assai facile arguire che lobby di potere, ben lontane dai valori cristiani su cui è stata costruita l'Europa, riescono a condizionare il funzionamento dello Stato in modo da poter perseguire le proprie teorie o i propri interessi indipendentemente dal comune sentire. Non solo, ma cercano con vari mezzi a disposizione di condizionare il "comune sentire" tentando anche, in molti casi, di normalizzare ciò che di solito viene considerato sconveniente. Anche in questo caso si potrebbero citare molti esempi, ma preferiamo far riferimento, come caso emblematico, a quanto successo in Irlanda, come in America a proposito di pedofilia dove, stando alla numerosa documentazione pubblica esistente alcuni "potenti" sono riusciti a schivare la galera.
Tornando in Italia possiamo chiederci come mai le leggi a tutela dei minori dai programmi considerati nocivi per il loro sviluppo fisico e morale vengono tranquillamente violate, nonostante le numerose proteste dei cittadini che compaiono nelle varie "lettere al direttore" di quotidiani e riviste.
Possiamo, inoltre, domandarci per quali motivi la famiglia subisce il peggior trattamento d'Europa oppure perché le nostre leggi permissive (in contrasto con la volontà della maggioranza dei cittadini!) consentono a numerosi delinquenti multietnici di agire praticamente indisturbati. Lascio al lettore il diletto di trovare altri esempi che dimostrano come il termine democrazia sia un concetto virtuale!
Esiste solo un rimedio a tale infernale situazione: porre Dio e la Sua Parola al centro della nostra vita personale e familiare. E' necessario quindi pregare, sperare e pregare.
Poi concentrandoci sul potere sia che si definiscano "liberal" oppure "conservatori", i principali media sono grandi aziende, possedute da (e strettamente legate a) società ancor più grandi. Come altre imprese, vendono un prodotto a un mercato. Il mercato è quello della pubblicità, cioè di un altro giro d'affari. Il prodotto è l'audíence. I media più importanti, quelli che stabiliscono le priorità a cui gli altri devono adattarsi, vantano un prodotto in più: quello di un pubblico relativamente privilegiato. Abbiamo quindi delle grandi imprese che vendono un pubblico piuttosto benestante e privilegiato ad altre imprese. Non stupisce che l'immagine del mondo che esse presentano rifletta gli interessi ed i valori ristretti dei venditori, degli acquirenti e del prodotto. Altri fattori intervengono a rafforzare questa stortura. I manager culturali (direttori, autorevoli editorialisti, eccetera) condividono interessi e legami di classe con i loro omologhi nello stato, nel mondo degli affari e negli altri settori privilegiati. Infatti, tra le grandi imprese, il governo e i media si verifica un continuo interscambio di personalità ai più alti livelli. La facilità di accesso alle massime autorità dello stato è fondamentale per poter conservare una posizione competitiva; le "soffiate" o le "indiscrezioni", per esempio, sono spesso invenzioni o distorsioni fabbricate dalle autorità con la collaborazione dei media, che fanno finta di non conoscerne l'origine.
In cambio, le autorità dello stato esigono cooperazione e sottomissione. Anche gli altri centri di potere hanno i loro strumenti per punire le deviazioni dall'ortodossia: metodi che possono servirsi del mercato azionario o anche di un vero e proprio sistema di calunnia e diffamazione.
Il risultato, com'è ovvio, non è perfettamente uniforme. Per essere funzionari agli interessi del potere, il panorama mondiale che i media sono chiamati a rappresentare deve essere abbastanza realistico. E talora l'integrità e l'onestà professionale interferiscono con la missione suprema. I migliori fra i giornalisti sono, di solito, abbastanza consapevoli dei fattori che danno forma al prodotto dei media, e cercano di sfruttare tutte le aperture che trovano. Ne consegue che si può imparare molto da una lettura critica e scettica di quanto prodotto dai media.
I mass media sono solo uno degli elementi del più vasto sistema dottrinale: ne fanno parte anche i giornali di opinione, le scuole, le università, gli studi accademici eccetera. Oggi siamo particolarmente consapevoli del ruolo dei media, soprattutto di quelli più prestigiosi, perché essi sono stati esaminati diffusamente da coloro che analizzano criticamente le ideologie. Il sistema nel suo Complesso non è stato altrettanto studiato perché è difficile fare una ricerca sistematica. Ma ci sono ottime ragioni per ritenere che esso rappresenti gli stessi interessi dei media, come è lecito aspettarsi.
Il sistema dottrinale, che produce quella che viene chiamata "propaganda", quando la fanno i nostri nemici, mira a colpire due diversi bersagli. Il primo viene talvolta chiamato "classe politica": quel 20% circa di popolazione relativamente istruita, più o meno articolata, che svolge un qualche ruolo nel meccanismo decisionale. Che costoro accettino la dottrina è vitale, perché occupano una posizione tale da poter definire le direttive e l'attuazione dell'azione politica.
Poi c'è il restante 80% circa della popolazione.
Sono i "semplici spettatori" di Lippman, di cui egli parla come del "gregge disorientato". Da loro ci si aspetta che obbediscano agli ordini e si tengano fuori dai piedi della gente importante. Sono il bersaglio degli autentici mass media: i giornali popolari, le situation comedy, il Super Bowl, eccetera. Questi settori del sistema dottrinale servono a distrarre il popolo ancora grezzo ed a rafforzare i valori sociali fondamentali: la passività, la sottomissione all'autorità, la virtù suprema dell'avidità e del profitto personale, l'indifferenza verso gli altri, il timore dei nemici, reali o immaginari, eccetera. Lo scopo è di fare in modo che il gregge disorientato continui a non orientarsi. Non è necessario che si preoccupino di quel che accade nel mondo. Anzi, non è desiderabile: se dovessero vedere troppo della realtà, potrebbero farsi venire in mente di cambiarla.
Ciò non significa che i media non possano farsi influenzare dalla società civile. Le istituzioni dominanti - politiche, economiche o dottrinali che siano - non sono immuni dalle pressioni esercitate dall'opinione pubblica. Anche i media indipendenti (alternativi) possono svolgere un ruolo importante. Sebbene dotati (per definizione) di scarse risorse, acquistano importanza allo stesso modo delle organizzazioni popolari: unendo le persone con risorse limitate che, interagendo tra loro, possono moltiplicare la loro efficacia e la loro comprensione - il che costituisce esattamente quella minaccia democratica tanto temuta dalle élite dominanti.
La parola plutocrazia (dal greco πλουτοκρατία "plòutos", ricchezza, e κρατείν "kratòs" potere) indica il predominio nella vita pubblica di individui o gruppi finanziari che, grazie all'ampia disponibilità di capitali, sono in grado d'influenzare in maniera determinante gli indirizzi politici dei rispettivi governi. (Wikipedia)
Con plutocrazia si indica quindi un sistema in cui i detentori del denaro (capitali) sono anche i detentori, indirettamente o no, del potere politico.
Denaro e potere politico, quindi, sono i due termini dell’equazione.
Chi possiede oggi il denaro? Non c’e dubbio: possiede il denaro chi lo crea dal nulla e se ne impossa, cioè il sistema bancario, soprattutto quello sovranazionale che fa capo alle grandi banche mondiali. Guarda caso i proprietari delle grandi banche internazionali, la famiglia Rothschild, la famiglia Rockfeller, solo per fare un esempio, già alla metà dell’800 possedevano patrimoni immensi. Si e’ stimato che la famiglia Rothschild da sola intorno al 1850 possedesse un patrimonio pari a metà delle ricchezze totali della terra. Tale patrimonio non e’ andato diminuendo. Sono infatti le guerre e i periodi di crisi economica i frangenti in cui le banche mondiali fanno gli affari migliori, e di questi frangenti durante l’ultimo secolo non c’e’ certo stata penuria. Guardiamoci intorno per valutare se quella associazione, sindacato, banca, filiale, gruppo, comitato, assemblea ecc... fa parte di uno di questi potere elencati e valutiamone i suoi interessi. Questo un pò per evitare di farci fare la barba e capelli.
Con tale termine deve essere intesa una forma di governo in cui alcuni gruppi di potere (anche occulto) condizionano l'amministrazione dello Stato. Di conseguenza le leggi promulgate sono il risultato di manovre fortemente desiderate da questi esponenti che costituiscono vere e proprie lobby.
Cercherò di spiegare meglio il concetto. Con il termine democrazia s'intende comunemente la sovranità del popolo. Il potere appartiene quindi a quest'ultimo che lo delega ai vari rappresentanti mediante democratiche votazioni politiche e amministrative. Questo però sulla carta, perché se esaminiamo con attenzione ad esempio la realtà italiana, che è la più vicina, possiamo scoprire molte incrinature nella democrazia del Bel Paese. Il sindaco viene eletto dai cittadini, ma entro una ristrettissima rosa di nomi già definiti dall'apparato partitico. Un cittadino (ad es. un medico conosciuto, un conduttore tv, un ortolano, un professore ecc.) che si ponesse all'attenzione degli elettori, indipendentemente dalla logica dei partiti, non potrebbe essere votato. E ciò vale anche per i candidati politici a tutti i livelli; basta pensare ad esempio alle polemiche scoppiate sulla forzata imposizione di candidati in collegi sicuri, in barba alle aspettative degli elettori di zona. Se pensiamo poi alla modifica elettorale introdotta con il “porcellum” in forza della quale i cittadini (sic!) non possono più esprimere preferenze, la sudditanza italiana sta facendo l’en plain. In base al “porcellum” a scegliere i canditati, infatti, non sono più i cittadini ma i segretari dei vari partiti che inseriranno nelle liste elettorali i loro uomini in base ad amicizie, convenienze, “fratellanze”, alcove ecc. Gli “eletti” saranno legati mediante un filo indissolubile con i segretari del partito ai quali risponderanno infischiandosene degli elettori. Il capo della polizia di una città non è una carica elettiva, come non lo è il prefetto e neppure il procuratore generale della stessa città. L'autorizzazione per i politici, accusati di violazioni normative, ad essere giudicati da un tribunale della repubblica italiana non viene concessa da una giuria popolare, composta da cittadini scelti a campione tra quelli in possesso dei diritti civili e politici, ma dagli stessi colleghi di parlamento.
Anche un giudice accusato di violazioni normative non viene giudicato da una giuria popolare (come sarebbe auspicabile) da affiancare il giudice togato ma, salvo reati di competenza della Corte d'Assise, dai colleghi di altre città. Ovviamente di casi se ne potrebbero fare altri e ciascuno può rilevarli. Questi esempi dimostrano che i nostri sistemi democratici sono molto virtuali dato che, in pratica, le persone che occupano posizioni di potere escono dalla scelta e dall'elezione diretta dei cittadini. Di conseguenza il concetto che la sovranità appartiene al popolo è pura fantasia.
Allora chi comanda nelle democrazie occidentali? Si chiederà qualcuno, dal momento che lo Stato promulga leggi ed attiva, mediante i suoi organi, quanto necessario al suo funzionamento. Ogni tanto, compare in sordina su alcuni mass media, ma soprattutto in internet, è assai facile arguire che lobby di potere, ben lontane dai valori cristiani su cui è stata costruita l'Europa, riescono a condizionare il funzionamento dello Stato in modo da poter perseguire le proprie teorie o i propri interessi indipendentemente dal comune sentire. Non solo, ma cercano con vari mezzi a disposizione di condizionare il "comune sentire" tentando anche, in molti casi, di normalizzare ciò che di solito viene considerato sconveniente. Anche in questo caso si potrebbero citare molti esempi, ma preferiamo far riferimento, come caso emblematico, a quanto successo in Irlanda, come in America a proposito di pedofilia dove, stando alla numerosa documentazione pubblica esistente alcuni "potenti" sono riusciti a schivare la galera.
Tornando in Italia possiamo chiederci come mai le leggi a tutela dei minori dai programmi considerati nocivi per il loro sviluppo fisico e morale vengono tranquillamente violate, nonostante le numerose proteste dei cittadini che compaiono nelle varie "lettere al direttore" di quotidiani e riviste.
Possiamo, inoltre, domandarci per quali motivi la famiglia subisce il peggior trattamento d'Europa oppure perché le nostre leggi permissive (in contrasto con la volontà della maggioranza dei cittadini!) consentono a numerosi delinquenti multietnici di agire praticamente indisturbati. Lascio al lettore il diletto di trovare altri esempi che dimostrano come il termine democrazia sia un concetto virtuale!
Esiste solo un rimedio a tale infernale situazione: porre Dio e la Sua Parola al centro della nostra vita personale e familiare. E' necessario quindi pregare, sperare e pregare.
Poi concentrandoci sul potere sia che si definiscano "liberal" oppure "conservatori", i principali media sono grandi aziende, possedute da (e strettamente legate a) società ancor più grandi. Come altre imprese, vendono un prodotto a un mercato. Il mercato è quello della pubblicità, cioè di un altro giro d'affari. Il prodotto è l'audíence. I media più importanti, quelli che stabiliscono le priorità a cui gli altri devono adattarsi, vantano un prodotto in più: quello di un pubblico relativamente privilegiato. Abbiamo quindi delle grandi imprese che vendono un pubblico piuttosto benestante e privilegiato ad altre imprese. Non stupisce che l'immagine del mondo che esse presentano rifletta gli interessi ed i valori ristretti dei venditori, degli acquirenti e del prodotto. Altri fattori intervengono a rafforzare questa stortura. I manager culturali (direttori, autorevoli editorialisti, eccetera) condividono interessi e legami di classe con i loro omologhi nello stato, nel mondo degli affari e negli altri settori privilegiati. Infatti, tra le grandi imprese, il governo e i media si verifica un continuo interscambio di personalità ai più alti livelli. La facilità di accesso alle massime autorità dello stato è fondamentale per poter conservare una posizione competitiva; le "soffiate" o le "indiscrezioni", per esempio, sono spesso invenzioni o distorsioni fabbricate dalle autorità con la collaborazione dei media, che fanno finta di non conoscerne l'origine.
In cambio, le autorità dello stato esigono cooperazione e sottomissione. Anche gli altri centri di potere hanno i loro strumenti per punire le deviazioni dall'ortodossia: metodi che possono servirsi del mercato azionario o anche di un vero e proprio sistema di calunnia e diffamazione.
Il risultato, com'è ovvio, non è perfettamente uniforme. Per essere funzionari agli interessi del potere, il panorama mondiale che i media sono chiamati a rappresentare deve essere abbastanza realistico. E talora l'integrità e l'onestà professionale interferiscono con la missione suprema. I migliori fra i giornalisti sono, di solito, abbastanza consapevoli dei fattori che danno forma al prodotto dei media, e cercano di sfruttare tutte le aperture che trovano. Ne consegue che si può imparare molto da una lettura critica e scettica di quanto prodotto dai media.
I mass media sono solo uno degli elementi del più vasto sistema dottrinale: ne fanno parte anche i giornali di opinione, le scuole, le università, gli studi accademici eccetera. Oggi siamo particolarmente consapevoli del ruolo dei media, soprattutto di quelli più prestigiosi, perché essi sono stati esaminati diffusamente da coloro che analizzano criticamente le ideologie. Il sistema nel suo Complesso non è stato altrettanto studiato perché è difficile fare una ricerca sistematica. Ma ci sono ottime ragioni per ritenere che esso rappresenti gli stessi interessi dei media, come è lecito aspettarsi.
Il sistema dottrinale, che produce quella che viene chiamata "propaganda", quando la fanno i nostri nemici, mira a colpire due diversi bersagli. Il primo viene talvolta chiamato "classe politica": quel 20% circa di popolazione relativamente istruita, più o meno articolata, che svolge un qualche ruolo nel meccanismo decisionale. Che costoro accettino la dottrina è vitale, perché occupano una posizione tale da poter definire le direttive e l'attuazione dell'azione politica.
Poi c'è il restante 80% circa della popolazione.
Sono i "semplici spettatori" di Lippman, di cui egli parla come del "gregge disorientato". Da loro ci si aspetta che obbediscano agli ordini e si tengano fuori dai piedi della gente importante. Sono il bersaglio degli autentici mass media: i giornali popolari, le situation comedy, il Super Bowl, eccetera. Questi settori del sistema dottrinale servono a distrarre il popolo ancora grezzo ed a rafforzare i valori sociali fondamentali: la passività, la sottomissione all'autorità, la virtù suprema dell'avidità e del profitto personale, l'indifferenza verso gli altri, il timore dei nemici, reali o immaginari, eccetera. Lo scopo è di fare in modo che il gregge disorientato continui a non orientarsi. Non è necessario che si preoccupino di quel che accade nel mondo. Anzi, non è desiderabile: se dovessero vedere troppo della realtà, potrebbero farsi venire in mente di cambiarla.
Ciò non significa che i media non possano farsi influenzare dalla società civile. Le istituzioni dominanti - politiche, economiche o dottrinali che siano - non sono immuni dalle pressioni esercitate dall'opinione pubblica. Anche i media indipendenti (alternativi) possono svolgere un ruolo importante. Sebbene dotati (per definizione) di scarse risorse, acquistano importanza allo stesso modo delle organizzazioni popolari: unendo le persone con risorse limitate che, interagendo tra loro, possono moltiplicare la loro efficacia e la loro comprensione - il che costituisce esattamente quella minaccia democratica tanto temuta dalle élite dominanti.
La parola plutocrazia (dal greco πλουτοκρατία "plòutos", ricchezza, e κρατείν "kratòs" potere) indica il predominio nella vita pubblica di individui o gruppi finanziari che, grazie all'ampia disponibilità di capitali, sono in grado d'influenzare in maniera determinante gli indirizzi politici dei rispettivi governi. (Wikipedia)
Con plutocrazia si indica quindi un sistema in cui i detentori del denaro (capitali) sono anche i detentori, indirettamente o no, del potere politico.
Denaro e potere politico, quindi, sono i due termini dell’equazione.
Chi possiede oggi il denaro? Non c’e dubbio: possiede il denaro chi lo crea dal nulla e se ne impossa, cioè il sistema bancario, soprattutto quello sovranazionale che fa capo alle grandi banche mondiali. Guarda caso i proprietari delle grandi banche internazionali, la famiglia Rothschild, la famiglia Rockfeller, solo per fare un esempio, già alla metà dell’800 possedevano patrimoni immensi. Si e’ stimato che la famiglia Rothschild da sola intorno al 1850 possedesse un patrimonio pari a metà delle ricchezze totali della terra. Tale patrimonio non e’ andato diminuendo. Sono infatti le guerre e i periodi di crisi economica i frangenti in cui le banche mondiali fanno gli affari migliori, e di questi frangenti durante l’ultimo secolo non c’e’ certo stata penuria. Guardiamoci intorno per valutare se quella associazione, sindacato, banca, filiale, gruppo, comitato, assemblea ecc... fa parte di uno di questi potere elencati e valutiamone i suoi interessi. Questo un pò per evitare di farci fare la barba e capelli.
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