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giovedì 20 ottobre 2011

Che cosa è lo Storytelling? E la narrazione?


Migliaia di anni fa, quando l’uomo non sapeva ancora scrivere, si tramandavano sapere e conoscenza di generazione in generazione raccontando storie.
“C’era una volta, …”: così iniziano tutte le storie che ci raccontavano da bambini, che quelli della mia generazione ricordano molto bene riprodotte anche all’interno delle “Fiabe Sonore” (ti dice nulla “A mille ce n’è nel mio mondo di fiabe da narrar…".
Credo quindi che nello Storytelling ci sia qualcosa di magico che risveglia nel nostro cervello meccaniche ancestrali e primordiali, qualcosa che alza immediatamente il livello d’attenzione e nello stesso tempo ci rende più ricettivi circa ciò che stiamo leggendo, ascoltando o guardando.
Chi si occupa di branding, marketing e management conosce molto bene la potenza dello Storytelling (che, a differenza di secoli fa, ora utilizza strumenti digitali e quindi può diffondersi e raggiungerci ovunque, 24 ore su 24, 7 giorni su 7): si parla ormai di Storytelling Management, per indicare una vera e propria disciplina che pare sia stata alla base di tanti recenti successi personali e aziendali (e soprattutto politici).
Il meccanismo di cattura sta al cuore della narrazione, ci sono tratti psicologici dentro la narrazione che ci catturano. Fa il suo ruolo anche l'emotività che ci sprona ad identificarci attraverso il coinvolgimento della morale che sta dentro la storia raccontataci. La narrazione mette in luce una sequenza di eroi e antieroi, e sempre attraverso la narrazione, con l'utilizzo della retorica, che si incitano alla partecipazione interiore del racconto. Con il racconto la costruzione della storia ci porta a diventare parte stesso e protagonisti. Quindi la dimensione emotiva è legata alla dimensione valutativa della costruzione narrativa (storytelling appunto).
In altre parole, lo Storytelling è una prassi, ormai consolidata, che utilizza la narrativa per coinvolgere l’interlocutore (come ci viene raccontato in Storytelling And Your Quest For Business Success): “per ottenere il massimo impatto bisognerebbe far leva su tutti i 5 sensi, far leva sulle emozioni più che sull’intelletto”, spiega Nancy Lamb, autrice di vari libri che parlano proprio di Storytelling, allo stesso modo ne parla in "Lector in Fabula" lo stesso Umberto Eco.
Anche Fazi Editore ha pubblicato in italiano Storytelling, la fabbrica delle storie di Christian Salmon. Il fatto è che Salmon in questo libro uscito in Francia nel 2007 (Storytelling. La machine à fabriquer des histoires) ha messo insieme, organizzato e collegato ad alcune idee forti, alcune delle cose che in molti hanno intuito ascoltando le presentazioni delle donne e uomini del marketing delle aziende (specialmente di quelle hi-tech, per quanto mi riguarda) in questi ultimi (diciamo setto o otto) anni:
a) tutti si sono invaghiti della parola “storia”: anzi, tutto è una “storia”. Il lancio di un prodotto, il successo di un altro prodotto; il servizio che offre l’azienda; il modo in cui tratta i propri dipendenti e i propri clienti…
b) c’è qualcosa di inquietante in questo uso della narrazione, qualcosa che assomiglia alla manipolazione, al condizionamento, alla voglia di persuasione; al tentativo di “orientare i flussi di emozioni”.
I primi capitoli sono quelli dove più evidente è il legame fra lo storytelling e la manipolazione economica: dedicati al marketing; allo storytelling management e all’uso dell’”ego emotivo” nel rapporto con consumatori e dipendenti; alla mobilitazione per adattarsi alla nuova forma di “organizzazione del lavoro, mutevole, decentralizzata e nomade”.
Insomma a parte il libro di Salmon, da leggere per chi fosse interessato, le persone sono in cerca di qualcosa che cattura l’attenzione e che fornisce loro una piacevole esperienza. Penso che la gente impari meglio quando si sente coinvolta.
C’è pure chi ha coniato un acronimo per spiegare in 6 punti come dovrebbe essere un storia: SUCCES, ovvero Simple, Unexpected, Concrete, Credibility, Emotion e… Stories.
La politica ha a che fare molto con questa costruzione tenuta insieme da legami emotivi fortissimi. E dentro la comunità politica ci sono decisioni che fanno parte della comunità del passato del presente e del futuro, insomma la comunità diventa protagonista, della narrazione stessa, della sua stessa storia politica appunto.
"Ich bin ein Berliner" è la celebre frase pronunciata dal presidente degli Stati Uniti d'America John F. Kennedy durante il proprio discorso tenuto a Rudolph Wilde Platz, di fronte al Rathaus Schöneberg il 26 giugno 1963 mentre era in visita ufficiale alla città di Berlino Ovest. La frase tradotta in lingua italiana significa: io sono un berlinese.
Confrontate voi stessi questa narrazione con il discorso di Obama sempre a Berlino.


1 commento:

  1. Il racconto è la parte più importante da considerare nell'ambito giornalisto. Nel nostro settore è quasi come dare spazio al cuore dell'informazione. Comunque bravo.

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