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martedì 15 novembre 2011

Diritto penale.



DIRITTO PENALE

Il primo Codice penale (Zanardelli, fine ‘800) esprimeva i valori di uno Stato liberale. Molti degli elementi contenuti in esso, sono ancora presenti nel codice Rocco.
  • Legalità certezza delle norme: limite di discrezionalità giuridica;
  • Garanzia dei diritti fondamentali;
  • Limite della discrezionalità del giudice;
  • Reato ≠ peccato laicità;
  • Pena non più corporale, ma funzionale, deterrente.
Il secondo Codice (Rocco, anni ’30) descrive i principi generali, i singoli reati e le conseguenze. È diviso in due parti: nome dell’allora Ministro di Grazia e Giustizia
  1. Parte generale sanzioni + definizione di reato, dolo, colpa, […].
  2. Parte speciale singoli reati (delitti e contravvenzioni) e singole norme che descrivono i reati che sanzionano.
Vi è una sorta di gerarchia in forma discendente che va dallo Stato alla persona: in primis vi è il delitto contro lo Stato e interessi pubblicistici, poiché in epoca fascista era più importante la tutela dello Stato e della collettività rispetto al singolo. Per ultimi venivano presi in considerazione i delitti contro il patrimonio e contro la persona.
La Costituzione (1948) è successiva al Codice Rocco, dopo la sua approvazione ha modificato e invertito l’ordine della gerarchia: al primo posto ora c’è la persona, la libertà.
La parte speciale descrive le fattispecie di reato.
Norme giuridiche che si compongono di due parti:
  • Precetto descrizione di un reato;
  • Sanzione punizione (penale)per un determinato reato.
NON può esserci uno senza l’altro!!
Il diritto penale non può, in alcun modo, permettersi il lusso di perseguire comportamenti che in qualche modo siano eticamente riprovevoli, anche se sono eticamente riprovevoli per la stragrande maggioranza della società!
Non si può confondere la morale, il peccato con il diritto penale! Poiché il diritto penale, in un ordinamento laico-democratico come il nostro, è un diritto non confessionale che può -certo- in molti comportamenti far coincidere la violazione della morale comune con la violazione di un interesse penalmente rilevante. Esempio: l’omicidio offende la morale di etica comune ed è anche un precetto della Bibbia e comune a tutte le religioni.
Esistono dei reati che non corrispondono a comportamenti eticamente riprovevoli. Esempio: un soggetto che riceve da un vecchio zio una collezione di fucili da caccia come eredità, li va a prendere, li carica in macchina per poi metterli in vetrina sottochiave scarichi e dopo tre mesi arrivano i carabinieri a notificare l’avviso di garanzia per la violazione di una norma che impone la denuncia del possesso di armi, soprattutto del luogo in cui esse si trovano. Il vecchio zio, all’epoca, le aveva denunciate, ma il nuovo proprietario non era a conoscenza di questa norma. Questo non è un fatto eticamente riprovevole.
Ci sono reati che puniscono, con la sanzione più severa del nostro ordinamento, cioè la sanzione penale, fatti che hanno solo un disvalore morale, cioè che in realtà non offendono alcun interesse, alcun bene.
Può essere reato un fatto, un comportamento descritto dal legislatore che offenda un interesse tangibile, chiaro, non un’idea, un modo di pensare → deve essere ben chiaro quale sia l’interesse protetto da quella norma incriminatrice principio di offensività.
La sanzione penale deve essere l’estrema ratio di un ordinamento.
Art. 25 Cost. “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”;
Art. 1 c.p. la disposizione penale afferma che “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”.
Il principio di legalità (legalità: perché un fatto diventi reato è necessario che sia previsto in una legge) si scompone in quattro sottoprincipi:
  1. Riserva di legge vieta di sanzionare penalmente un fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri come reato.
Il riservare esclusivamente al legislatore la potestà normativa in materia penale, risponde ad esigenze di garanzia sia formali che sostanziali e tutela i diritti delle minoranze e delle forze politiche dell’opposizione.
La r.d.l. deve intendersi come riserva assoluta, qualora solo un atto avente forza di legge può prevedere una norma incriminatrice, tuttavia esistono delle divergenze relativamente alla sua portata e ai suoi limiti.
La r.d.l. è relativa qualora sia consentito delegare a fonti inferiori alla legge la specificazione di alcuni elementi costitutivi dell’incriminazione, lasciando al Parlamento il potere di fissare le linee fondamentali.
In forza di tale principio le fonti del diritto penale sono limitate alla legge ed agli atti aventi forza di legge.
RATIO → necessità di attribuire in via esclusiva il potere di creare norme incriminatrici al Parlamento.
  1. Principio di tassatività o di determinatezza tecnica di formulazione delle norme che mira a salvaguardare i cittadini dagli abusi del potere giudiziario, imponendo che le norme siano formulate in modo chiaro, preciso, sintetico e comprensivo in modo che il cittadino possa distinguere, senza possibilità di errore, ciò che è lecito da ciò che non lo è.
Assicura la certezza della legge per evitare l’arbitrio dei giudici
  1. Principio di irretroattività ha rilievo costituzionale solo riguardo la materia penalistica.
Vieta di applicare la legge penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
  1. Divieto di analogia vieta l’applicazione analogica di sanzioni penali relativamente a fattispecie non espressamente previste e disciplinate dal legislatore, tuttavia è un principio avente valenza relativa, in quanto è ammessa -in materia penale- l’analogia in bonam partem.

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