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domenica 22 agosto 2010

La differenza sessuale nelle culture africane: un approccio antropologico

Nel suo studio Françoise Héritier, antropologa africanista e specialista dei rapporti di parentela, cerca di comprendere le ragioni della differenza sessuale scovando quegli elementi invarianti il cui concatenamento si traduce sempre in un'ineguaglianza che è considerata naturale.
Partendo dall'assunto che in nessuna società attuale esistono uguali possibilità tra donne e uomini, il suo scopo è far capire l'esistenza e la profondità di ancoraggi simbolici che rimangono invisibili a chi li mette in pratica e che ne condizionano l'agire; ancoraggi che stabiliscono tra i sessi, attraverso quella che Héritier definisce "valenza differenziale dei sessi", una relazione gerarchica [Agacinski 1998]. Héritièr trova questi ancoraggi, che chiama "insiemi coerenti di rappresentazione, di schemi mentali incorporati" [Héritier 1995:195], studiando il pensiero degli antichi e la struttura delle loro società, e osservando direttamente popolazioni principalmente africane.
L'osservazione del rapporto tra i sessi, nota l'antropologa, si trova alla base del pensiero. Fin dalla nascita di questo, infatti, la riflessione degli uomini non ha potuto dirigersi che sul corpo; ed il corpo umano presenta la differenza sessuale ed il diverso ruolo dei sessi nella riproduzione. Secondo Héritier, questo è il limite ultimo del pensiero, perché su di esso si fonda la dicotomia concettuale essenziale che oppone l'identico al differente, che sta alla base dei sistemi che oppongono - due a due - valori astratti o concreti.
Secondo Aristotele [1973], il maschio è colui che è in grado di realizzare, con la forza del suo calore, la cottura del sangue; la femmina, che è materia, non è altro che un ricettacolo. La differenza qualitativa fondamentale tra caldo e freddo, implica e giustifica la differenza anatomica degli organi. Il ghènos è messo al riparo dalla divisione. Malgrado l'esistenza dei due sessi, c'è un'unica e medesima forma, àtomos, indivisibile. Il sangue mestruale è dunque un segno della freddezza femminile - mancanza di cottura - e costituisce l'apporto dell'animale femmina nel concepimento di un figlio. E' l'equivalente dello sperma maschile, è sperma senza esserlo perchè è crudo. Scrive Héritier: "l'inferiorità intellettuale femminile è quindi postulata di primo acchito, senza che la si debba indagare: niente seme, niente germi, niente idee..." [Héritier 1995:XI].
Nella generazione c'è un unico generatore, archè ghenèseos, il padre. E' lui che porta a termine la generazione introducendo l'anima sensitiva. "Il confronto col corpo maschile mette dunque in evidenza due aspetti del corpo delle donne: l'equivalenza nella diversità ma soprattutto la mancanza, il fallimento sistematico in rapporto ad un modello" [Sissa 1997:82].
Héritier osserva come un analogo schema di pensiero si trovi in molte culture africane, in svariati esempi, e come questo modo aristotelico non sia estraneo ai nostri discorsi moderni: sia nell'esperienza delle donne stuprate nell'ex-Yugoslavia secondo l'idea per cui il seme maschile porta il segno etnico-religioso e dunque l'identità; sia nel registro scientifico secondo cui la cellula femminile, materia 'inerte' ed 'inabile', deve essere 'attivata' (altrimenti muore) dalla cellula maschile, dotata di 'virtù' seminale e di un 'potere vitalizzante', la cui natura è sconosciuta. Dal punto di vista degli studi sulla struttura della parentela, la costruzione sociale del genere interessa Héritier da due punti di vista: "come artefatto di ordine generale, fondato sul quella ripartizione sessuale dei compiti che, insieme alla proibizione dell'incesto/obbligo esogamico e l'instaurazione di una forma di unione riconosciuta, costituisce secondo Claude Lévi-Strauss uno dei tre pilastri della famiglia e della società; e come artefatto di ordine particolare risultante da una serie di manipolazioni simboliche e concrete che riguardano gli individui, costruzione sociale che si aggiunge alla prima" Héritier 1995:7-8].
Per concludere, Héritier si chiede se - in una storia in cui gli "insiemi coerenti di rappresentazione" pesano come pregiudizi sociali - le donne abbiano mai esercitato un potere, e che tipo di potere esso sia, dal momento che esso nega alla donna la capacità di decisione e l'influenza. Quello delle donne, scrive, è il potere di ostruzionismo dei deboli.

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