Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, III, 43
Le parole di Machiavelli si prestano molto bene a sintetizzare lo spirito di questo lavoro che, pur ampio e composito, rappresenta tuttavia un tentativo di enucleare non solo gli sviluppi che la forma politica democratica ha conosciuto nella reale esperienza storica, ma anche la riflessione teorica su di essa.
Sul piano speculativo così come su quello istituzionale, appare ancora oggi tutt'altro che giunto a un punto d'arrivo. Nondimeno proprio la scelta di approfondire una tematica così vasta come quella della democrazia testimonia la sincera volontà di reagire a un sistema che vorrebbe sempre più la politica affare per pochi tecnici, escludendo così, pur all'interno di un quadro procedurale sostanzialmente democratico, un reale esercizio della cittadinanza: in altre parole, riscoprire le radici di un sistema può servire a riappropriarsene, se non altro nella forma di un atteggiamento critico rispetto alla contemporaneità.
In questa prospettiva la ricerca è divisa in tre grandi aree:
- La democrazia delle origini nel contesto della polis greca, in particolare di Atene: ci si è concentrati soprattutto sulle procedure in vigore nella pratica democratica antica, sui valori civici e non connessi ad essa, su alcuni snodi problematici che preludono alla successiva riflessione teorica moderna e contemporanea.
- Il dibattito politico teorico della modernità, attraverso alcune delle voci più autorevoli, destinate ad avere ampia eco nel loro tempo (basti pensare alla Rivoluzione Francese) e anche ai nostri giorni.
- La democrazia di fronte alle sfide del presente e del futuro: ci si è chiesti come la forma politica democratica si sia posta rispetto a alcune problematiche centrali del nostro tempo (sviluppo economico, integrazione europea, crisi delle ideologie -in particolare del socialismo-, globalizzazione economica…), esaminando ciascun caso sia nella sua concretezza storica, sia alla luce del dibattito teorico che ha alimentato. Non si sono trascurati quei casi in cui il nome della democrazia ha magari coperto altri tipi di regime politico, né quelle tesi che reinterpretano le procedure democratiche in direzioni assolutamente originali.
L'articolazione del lavoro di ricerca e redazione ha permesso da un lato di limitare il rischio di facili ma assai poco ortodossi slittamenti da un piano temporale all'altro per giungere a conclusioni affrettate e semplicistiche; naturalmente questo approccio analitico è stato la principale causa della ponderosità del prodotto finale. D'altro canto, però, abbiamo cercato di conservare un impianto generale che salvaguardi e renda comprensibile l'impianto generale della ricerca: operando sinteticamente, ho organizzato il prodotto in maniera tale che si possano intuire, nella lettura, dei percorsi trasversali (il dibattito sulle forme di governo, l'importanza delle procedure democratiche, il problema della cittadinanza…) o quantomeno ricavare degli spunti di riflessione critica a partire da fatti o opinioni cronologicamente distanti.
La parola, non casualmente, di origine greca "democrazia" nasce dalla fusione dei termini "demos" (popolo) e "kratos" (potere); essa indica dunque un tipo di organizzazione dello stato che consente a"tutti " di partecipare realmente alla sua amministrazione. Proprio in Grecia per la prima volta, l' assemblea dei cittadini divenne l' unica responsabile dell' amministrazione pubblica, dando vita ad un' esperienza radicalmente diversa da quelle che caratterizzarono le altre società del mondo antico. In democrazia, infatti, non si conoscono "sudditi" ma solo "cittadini". Tuttavia la piena partecipazione alla vita politica da parte di tutti i cittadini non fu un diritto acquisito subito nè ovunque: sulla decisiva questione della "cittadinanza"- su chi cioè potesse partecipare alle assemblee cittadine - nacquero nelle diverse città scontri tra chi voleva un regime democratico o chi invece voleva un regime aristocratico. I primi intendevano allargare il numero dei cittadini effettivi, i secondi restringerlo; in ogni caso si pensava che solo gli uomini liberi, maschi e adulti potessero godere dei diritti politici. In nessuna polis fu mai consentito agli schiavi e alle donne di accedere alla gestione del potere. Sopprattutto ai primordi della polis la concessione della cittadinanza rimase strettamente legata alla proprietà di terre e di beni: solo i liberi cittadini avevano il diritto al possesso della terra e d'altra parte chi non era proprietario non poteva essere cittadino. Per lungo tempo, inoltre, soltanto i cittadini nobili, grandi proprietari terrieri, assunsero nelle assemblee le decisioni fondamentali e questo rimase in molte città una condizione politica permanente.
Non possiamo infatti essere tanto ingenui da pensare che crisi, problemi, eventi storicamente definiti si ripropongano pari pari nell'arco della storia umana, né d'altro canto questa indispensabile prospettiva storica deve impedirci di accedere al passato come a un'utile palestra per la comprensione e la critica del presente.
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