La crisi europea è oramai una questione non più di
secondaria importanza e lo ammettono anche tutti i protagonisti politici.
C’è da chiedersi se esistono altri elementi
positivi nell’Unione Europea, e se questa crisi europea avrà, nel futuro
prossimo, dei risvolti sull’asse Europeo.
In primo luogo ci si riferisce alla Brexit. Il problema
è ben più grande di quanto non se ne voglia parlare. Oggi il destino dell’Inghilterra
è segnato, provato l’avvio del “divorzio” a partire dal 29 marzo 2016, avrà
seguito e termine il 29 marzo 2018.
(Ansa: La
Gran Bretagna si avvia a lasciare l'Ue "secondo la volontà del
popolo", ha detto alla Camera dei Comuni la premier Theresa May,
confermando la consegna della lettera di notifica dell'Articolo 50 a Donald
Tusk. E' un momento storico, non si torna indietro.)
Tuttavia in passato aver unificato i popoli è
stata parte di lunghi excursus e modelli concettuali da dover applicare,
sennonché per lungo tempo è stata parte della retorica della politica in tutti
gli stati nazione. Che svolta avrà l’uscita definitiva dell’Inghilterra?
Contrariamente per quanto riguarda i restanti
stati membri se non cambiano verso, all’interno dell’Unione Europea, soprattutto
contro la politica di Austerity, questo “fatto” avrà effetti non proprio
positivi all’interno della narrazione futura dell’Unione.
Il motivo oggettivo che ha dato luogo alla
nascita della moneta unica, risiede essenzialmente in quello che fu la serie di
conseguenze del processo di unificazione tedesca.
In passato si venne a determinare il gigante
economico, come la Germania unita, e vi furono molti studiosi e molti
componenti politici che ravvisarono in questo processo di unificazione un
elemento di potenziale instabilità. Per gli equilibri economici e geopolitici
europei. Questa nazione “gigante” all’interno dell’Unione Europea avrebbe
creato degli squilibri economici e degli squilibri politici. L’Inghilterra
aveva già ravvisato all’interno del dibattito politico europeo questa
situazione.
Da questo punto di vista vi era anche un’idea di
alcuni studiosi e politici francese, per lo più, secondo cui si sarebbe dovuto
soprattutto evitare questa Germania unificata, così forte in passato e ancor
più forte dopo l’unificazione dopo la caduta del muro di Berlino.
In quegli anni, leggendo a riguardo molti
articoli a riguardo, si pensava oltretutto alla possibilità di non far
“governare” la Repubblica tedesca nelle decisioni di politica monetaria
all’interno dell’Unione Europea. C’era molta paura a riguardo.
Perché queste perplessità e problemi nei
confronti della Germania? Quando la Deutsche Bundesbank (da Wikipedia: Banca federale tedesca, la Banca centrale della
Repubblica Federale di Germania e parte del Sistema europeo delle banche
centrali (SEBC)), operava in
autonomia, prima ancora che nascesse l’euro, quello che decideva di fare la
Deutsche Bundesbank aveva implacabilmente delle conseguenze sulle decisioni di
politica monetaria, sugli altri paesi dell’Unione Europea. Esprimendoci
chiaramente la Deutsche Bundesbank agiva da conduttore principale del sistema e
tutti le altre banche del bacino Europa dovevano adeguarsi, cosa che “potenzialmente”
fa anche adesso. Basti notare come una delle cause scatenanti della crisi del
sistema monetario europeo del 1992 dovrebbe essere fatta risalire alla
decisione della Deutsche Bundesbank di tenere alti i tassi di interesse.
Ci si riferisce ai rialzi dei tassi di interesse
in Germania nei primi anni ’90, subito dopo la caduta del muro di Berlino e
unificazione tedesca, la quale diede luogo a una forte defezione di capitali
dagli altri paesi europei verso la Germania. Dal momento che la nuova Germania
garantiva rendimenti più alti sui propri titoli.
Questo nuovo “trend” fece capire agli altri
paesi, e soprattutto alla Repubblica francese, che non si poteva più governare la
politica monetaria. Poiché non appena la banca tedesca prendeva una decisione,
per esempio sull’aumento dei tassi di interesse, in pratica si determinavano
conseguenze rigorose in tutti gli altri paesi. I francesi, e Mitterand, visto
questo andamento proposero un processo di unificazione monetaria che
permettesse di canalizzare la Bundesbank all’interno di un comando unico, in
poche parole di creare un consiglio direttivo all’interno della BCE (Banca
centrale europea).
Da questa direzione nacque l’euro, come concetto
di sistema monetario unificato. Il processo venne “scannerizzato” da molti come
buona o la ritennero tale in quel passaggio.
A quel tempo il presidente della repubblica
francese Francois Mitterand spinse molto in questa linea politica permettendo
così alla Germania di poter allinearsi alla condizione monetaria europea e
risanarsi nel loro processo di unificazione interna. A distanza di più di
venticinque anni, il ruolo della BCE è al limite della “resistenza” e del “cambio
di pelle” dell’unione europea stessa. Poiché i contrasti all’interno del
consiglio direttivo della BCE e dello scenario monetario europeo spiccano non più
positivamente come una volta, e tenderanno a rafforzarsi, visto il “disappunto brexit”.
(Così Jens
Weidmann, presidente della banca centrale tedesca, in un’intervista a La Stampa
risponde a muso duro sia al numero uno della Bce, Mario Draghi, sia al
segretario del PD Matteo Renzi. Il numero uno della banca centrale tedesca
risponde al presidente della Bce e all’ex premier, secondo cui la Germania
dovrebbe aumentare la spesa pubblica per fare da traino al resto dell'Eurozona.
"Per crescere sono determinanti le condizioni locali, tra cui
amministrazione ben funzionante, giustizia efficiente e elevato livello
d'istruzione", fa notare l'economista pro austerity. La flessibilità?
"Ha avuto effetti deleteri" “Se Italia non cresce non è colpa di
Berlino. Tagliate il debito” Su: Il fatto quotidiano.)
C’è da chiedersi se un’istituzione come la BCE
debba essere indipendente e altresì possa controllare l’inflazione di 27 paesi.
La base di una politica monetaria restrittiva venne
adottata su un piano conservatore, per questo la banca centrale è indipendente,
per combattere le congiunture caratterizzate da un’elevata inflazione dei
prezzi, per detenere l’indipendenza da politiche governative e da altre
autorità politiche e per la riduzione della quantità di moneta circolante, del
reddito e l'incremento del tasso di interesse, che deprimono la domanda dei beni e dei
servizi.
In alcuni ambienti il caso Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff due
famosi economisti ha
presentato come la definitiva perdita di credibilità degli economisti.
I due economisti di Harvard avevano dato a
rialzo nel loro celebre paper “Growth in a time of debt” il prodotto interno lordo di
alcuni paesi visto il loro alto debito pubblico.
Tuttavia i loro nuovi calcoli dimostrano che i Paesi ad alto
debito crescono in media meno di quelli con debiti bassi.
Da quando l’economia si è separata dalla
filosofia e dall’etica per coniugarsi alla statistica ed evolversi in
econometria, e cioè che le idee devono marciare sui numeri, si è trasformata.
In sostanza se i numeri non provano le
dimostrazioni, le idee vanno cambiate.
L’Economia dovrebbe sottoporsi al requisito minimo di Karl Popper e cioè che
le teorie devono essere falsificabili, se no rimangono richieste di fede.
E Reinhart e Rogoff sono la dimostrazione che il
pro Austerity porta solo all’avanzamento della recessione.
La politica della BCE è quella per cui non
bisogna finanziare i disavanzi pubblici, e nella sostanza la BCE non è
vincolata a stampare moneta per coprire eventuale eccesso di spesa pubblica rispetto
alle entrate fiscali.
Sulla base di questo obiettivo, e per questo
motivo, la banca è indipendente dalle pressioni politiche. La BCE ha un
controllo sull’inflazione, ma non tiene conto della mancanza di occupazione
complessiva.
Poiché se sulla teoria dell’inflazione ci si
riferisce all’aumento dei prezzi, all’immissione della moneta, la teoria dell’inflazione
non vale su un sistema che non ha piena occupazione. E in altre parole è chiaro
che in milioni di persone non possono avere accesso a pieno alla capacità di
spesa e consumo di beni e servizi.
Il vero ruolo della BCE a questo punto non è
controllare l’inflazione, ma verificare e decidere a che livello situare la
vera solvibilità del sistema. Se si abbassano i tassi di interesse si difendono
i soggetti più deboli, il che provocherebbe magari qualche dissapore tra i
creditori.
E chi è il creditore per eccellenza che vuole i
tassi di interesse più alti all’interno del consiglio direttivo della BCE? La Deutsche
Bundesbank, la Germania.
Questo è lo scenario attuale.
Il Fondo monetario internazionale ( (International Monetary Fund, di solito abbreviato in FMI in italiano
e in IMF in inglese) è un'organizzazione composta dai governi nazionali di 189
Paesi e insieme al gruppo della Banca Mondiale fa parte delle organizzazioni
internazionali dette di Bretton Woods, dal nome della località in cui si tenne
la conferenza che ne sancì la creazione. L'FMI è stato formalmente istituito il
27 dicembre 1945, quando i primi 29 stati firmarono l'accordo istitutivo e
l'organizzazione nacque nel maggio del 1946. Attualmente gli Stati membri sono
189. Da Wikipedia) FMI da ora in poi, disconosce l’austerità ammettendo che tali
politiche non hanno fatto altro che aumentare disagio sociale e rabbia popolare
in all’interno dell’Unione Europea, finendo per dare linfa all'anti-politica e a
gruppi politici anti-Unione Europea.
Il direttore generale del FMI Christine Lagarde
ha detto a un panel del Forum economico mondiale: “E’ tempo che i leader politici ripensino profondamente le politiche
economiche e monetarie, di fronte alla chiara risposta di protesta e delusione
della classe media che arriva dai risultati politici in Usa o Europa.
Probabilmente significa che ci vuole una maggiore redistribuzione dei redditi
di quanta ne abbiamo oggi”.
In sostanza ogni eventuale contrazione della
spesa pubblica determina un effetto depressivo multiplo sulla domanda di merci,
sulla produzione, sull’occupazione e sul reddito.
Per esempio se si riduce la spesa pubblica del
10% la ricaduta del reddito sarà del 20%.
I teorici dell’Austerity, tra cui Jens Weidmann
della Bundesbank, hanno sempre trascurato questi moltiplicatori addirittura
dichiarando che questi non esistevano. E attribuivano questa teoria solo ed unicamente
ai sostenitori dei Keynesiani. Mentre gli anni di austerity hanno confermato l’esistenza
di moltiplicatori, e di fatto le politiche di austerità, hanno determinato un
crollo della produzione dell’occupazione e dei redditi, molto di più di quello
che era stato annunciato dalla Commissione Europea e dallo stesso FMI, il quale
quest’ultimo come già detto ha sconfessato quelle politiche con le
dichiarazioni di Christine Lagarde.
La Commissione Europea, sostenitrice dell’austerity,
è arrivata addirittura a commettere errori di previsione sull’andamento del PIL
nell’ordine di 2,5 % per quanto riguarda l’Italia, e di quasi 7% per quanto
riguarda la Grecia.
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