Che cos'è il fiscal compact?
E’ un
trattato che fissa norme e vincoli legittimi per tutti i paesi firmatari e
agisce in specifico sulla politica fiscale dei singoli paesi.
Il fiscal
compact è la cessione di una fetta della propria sovranità economica, di ogni
paese firmatario a un ente sovranazionale: l’Unione Europea.
Quando è stato sottoscritto il fiscal compact?
A Gennaio
2012, il Consiglio Europeo, cioè i capi di Stato o di governo dei 28
Stati membri dell'UE, il presidente del Consiglio europeo e il presidente della
Commissione europea, hanno approvato il fiscal compact.
Il trattato
non venne sottoscritto solamente dal Regno Unito e dalla Repubblica Ceca.
Il fiscal
compact è stato firmato dal governo Monti e ratificato in parlamento da PDL, Partito Democratico e UDC.
La fase dei
negoziati era stata, comunque seguita per tutto l’interno anno del 2011 dall’ex
duo in governo Tremonti ex ministro dell’economia e da Berlusconi che avevano riconosciuto
e sottoscritto tutte le clausole poi contenute nella stesura finale del
trattato.
Il primo
precursore del fiscal compact fu il Trattato
di Maastricht.
Dal 1
novembre 1993 il Trattato di Maastricht, richiese agli Stati membri dell'Unione
europea il rispetto di due regole di bilancio fiscale (vincolo permanente di
bilancio), un rapporto indebitamento netto/prodotto interno lordo inferiore al
3 per cento e un rapporto debito/prodotto interno lordo inferiore al 60 per
cento, o comunque che tendesse a questi numeri.
Il secondo
precursore del fiscal compact fu il patto
di stabilità e crescita.
Il patto di
stabilità e crescita (PSC) sottoscritto nel 1997 definisce i parametri di
riferimento delle regole di bilancio che guidano le politiche degli Stati
membri e fornisce i principali strumenti per la sorveglianza delle politiche
stesse (c.d. braccio preventivo/preventive arm) e per la correzione dei
disavanzi eccessivi (c.d. braccio correttivo/corrective arm).
Perché questo tipo di governance/politica fiscale?
La crisi
finanziaria del 2008 e la recessione dell’economia globale del 2009 hanno
determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i paesi
europei e hanno attivato un ciclo di modifiche della governance europea.
Il
mantenimento di una politica di bilancio responsabile viene considerata
importante in un'unione monetaria, quale è l'area dell'euro zona.
Una politica
di bilancio che si scosti da questi principi potrebbe rendere il contesto
macroeconomico di un paese vacillante, potrebbe influenzare negativamente sulle
prospettive di crescita economica e sull'inflazione del paese stesso e
dell'intera Unione Europea.
Che cosa prevede l’accordo tra i vari stati membri?
Per i paesi
con un rapporto tra debito e PIL superiore al 60 per cento previsto dal trattato
di Maastricht, c’è l’obbligo di ridurre il rapporto di almeno 1/20esimo
all'anno, per arrivare a quel rapporto considerato equilibrato del 60 per
cento.
Per
spiegarvi meglio come siamo messi, in soldoni, l'Italia detiene un debito pubblico che è superiore ai 2200 miliardi
di euro, intorno al 132,5 per cento del prodotto interno lordo, i conti sono "semplici".
Per i paesi
che sono da poco entrati a far parte dell’Unione Europea il vincolo è sotto la
soglia del 3 per cento, nel rapporto tra deficit e PIL e i controlli su questo
vincolo sono iniziati nel 2016.
Come si è applicato il famoso pareggio di bilancio in Italia?
Il pareggio
di bilancio è l’equilibrio tra entrate e uscite, di ciascuno Stato.
In Italia il
pareggio di bilancio è stato inserito nella Costituzione con una modifica
all’articolo 81 approvata nell'Aprile del 2012.
Nelle
clausole di “accordo fiscale” si menziona il vincolo dello 0,5 di
deficit/debito strutturale, non legato alle emergenze, rispetto al prodotto interno lordo (PIL).
Le prospettive sono buone o cattive?
In uno
studio condotto da Prometeia si evince che questo standard di “equilibrio”
macroeconomico fiscale non avrà altre tendenze.
I grandi parolai della politica, e propagandistici, farebbero poco aderendo ancora al fiscal compact, quindi i grandi proclami senza l’abolizione del fiscal compact sarebbero solo grandi menzogne.
I grandi parolai della politica, e propagandistici, farebbero poco aderendo ancora al fiscal compact, quindi i grandi proclami senza l’abolizione del fiscal compact sarebbero solo grandi menzogne.
Rimarremmo in
“stallo” per un altro ventennio, se non si reinvestisse e se non si puntasse sul
finanziamento e sulla crescita della piccola e media impresa.
Saremmo costretti
ad un lungo periodo di forti pressioni e all'impossibilità di agire sulla
domanda interna attraverso una riduzione della pressione fiscale e della spesa
pubblica volta a sostenere la crescita.
L’aspetto negativo
del fiscal compact è che toglie ai governi la possibilità di manovre correttive
che sostengono lo sviluppo, fermandoli al rispetto dei vincoli di bilancio e
affidando la possibilità di ripresa e crescita alla sola domanda estera, ed
esterna alla nazione.
Nella tabella qui accanto viene calcolato l’avanzo primario nei conti pubblici per poter arrivare,
nel 2035, all'obiettivo di rapporto debito/Pil pari al 60%.
Viene
calcolato l’ammontare assoluto del
debito che proseguirebbe la sua scalata fino al 2021 per calare soltanto
successivamente a quell'anno.
Soprattutto,
per portare nell'arco del periodo esaminato l’incidenza del debito pubblico al
60% del PIL, servirebbe concretizzare e mantenere per quasi vent'anni un avanzo
primario non inferiore al 4,5% del prodotto.
E tale risultato
dovrebbe essere ottenuto mediante un maggior prelievo fiscale ed una minore
spesa pubblica con ricadute devastanti sulla dinamica del prodotto interno
lordo, che ben faticosamente potrebbe mantenersi sul ritmo di crescita calcolato
dell’1,6%.
In pratica
nessuno, oltre i vincoli imposti dal fiscal compact, potrebbe migliorare la
nostra situazione economica nazionale se non un grande e grosso miracolo.
Su questo ci
stiamo organizzando.
Hai capito Nonna? :-)
Hai capito Nonna? :-)
Nessun commento:
Posta un commento