La nuova normativa va a modificare il testo unico della maternità, DLgs 151/2001.
Nel "pacchetto famiglia" approvato dalla commissione Bilancio alla Camera ci sono una serie di emendamenti alla Manovra che toccano da vicino le donne lavoratrici fra i quali spiccano quelli che rendono più flessibile la maternità.
Le lavoratrici potranno scegliere di restare a casa nei primi cinque mesi di vita del figlio, lavorando quindi per tutti i nove mesi della gravidanza, un’ipotesi che fino ad ora non era stata prevista.
Si tratta dell'estensione della cosiddetta "flessibilità" del congedo di maternità, che già oggi consente alle lavoratrici in gravidanza di restare al lavoro fino all'ottavo mese. Questa nuova possibilità sarà riconosciuta, come oggi, a condizione che il medico competente attesti che l'opzione non pregiudichi la salute della donna e del bambino.
La durata del congedo di maternità resta a cinque mesi, che però la lavoratrice è libera di utilizzare restando al lavoro fino al termine del nono mese, facendo dunque iniziare il periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. Attualmente, lo ricordiamo, il congedo obbligatorio di maternità va utilizzato negli ultimi due mesi o nell'ultimo mese di gravidanza, e di conseguenza nei tre o quattro successivi. La nuova possibilità di restare al lavoro per tutti i nove mesi di gravidanza è alternativa alle ipotesi precedenti, quindi sarà la lavoratrice a scegliere quando far partire il congedo obbligatorio.
In pratica, il nuovo congedo di maternità è così strutturato:
• Astensione nei due mesi prima del parto e nei tre successivi: è prevista dall'articolo 16 della legge 151/2001, resta l’ipotesi privilegiata, nel senso che è vietato adibire al lavoro le donne in questo periodo. A meno che non scelgano, spontaneamente, una delle due ipotesi successive, che come vedremo richiedono il benestare del medico.
• Astensione nel mese prima del parto e nei quattro successivi: è l’ipotesi prevista dall'articolo 20 del testo unico, nel caso in cui la lavoratrice scelga questa possibilità è necessario che «il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro».
• Astensione nei cinque mesi successivi al parto: è la nuova opzione appena introdotta, che modifica l’articolo 16 del testo unico. Prevede che la lavoratrice, in alternativa alle due ipotesi sopra riportate, possa «astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso». Anche in questo caso, «a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro».
Il diritto alla flessibilità è riconosciuto a tutte le lavoratrici dipendenti, pubbliche o private, subordinatamente alle seguenti condizioni:
• Assenza di condizioni patologiche che configurano situazioni di rischio per la salute della lavoratrice e del nascituro al momento della richiesta;
• Assenza di un provvedimento d’interdizione anticipata dal lavoro da parte della competente direzione provinciale del lavoro;
• Assenza di pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro derivante dalle mansioni svolte, dall'ambiente di lavoro, e dall'articolazione dell’orario di lavoro previsto;
• Assenza di controindicazioni allo stato di gestazione riguardo alle modalità per il raggiungimento del posto di lavoro.
• Le certificazioni devono essere rilasciate dai medici specialisti entro la fine del settimo mese di gravidanza.
Il nuovo congedo dopo i nove mesi della gravida segue tutte le regole previste dalle attuali leggi sulla maternità obbligatoria: la retribuzione è fissata all' 80% dello stipendio, a meno che i contratti collettivi non prevedano un’ipotesi migliorativa (spesso, l’indennità è al 100%). Il periodo in maternità è a tutti gli effetti un periodo di lavoro (sul fronte degli scatti di anzianità, contributi per la pensione, tredicesima mensilità, ferie). Si specifica che non si possono prendere ferie o permessi nel periodo di congedo obbligatorio.
Mentre per quanto riguarda i neo-papà, cinque giorni a casa.
Congedo di paternità: con un emendamento alla Legge di Bilancio approvato alla Camera, nel 2019 sale a 5 giorni. Prevista anche la possibilità di un giorno in più per astenersi dal lavoro in sostituzione della madre.
Il padre del bambino può richiedere il congedo obbligatorio entro il quinto mese di vita del bambino, o dall'ingresso in famiglia in caso di affidamenti o adozioni sia nazionali che internazionali.
I giorni a cui il padre ha diritto possono essere goduti anche in maniera non continuativa.
L’articolo 4 della legge n. 92 del 2012 ha istituito per il padre lavoratore dipendente, anche adottivo e affidatario, il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo, alternativo al congedo di maternità della madre, da richiedere entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio. La Legge di Bilancio del 2017 aveva previsto in via sperimentale, per le nascite del 2018, l’aumento del congedo obbligatorio da due a quattro giorni. Una conquista, per i papà e per le mamme, da difendere.
I giorni possono essere fruiti durante il congedo di maternità della madre lavoratrice o anche successivamente, l’importante è che si rispetti il limite temporale dei 5 mesi.
Si tratta di un diritto autonomo del padre, quindi è aggiuntivo a quello della madre e spetta comunque indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo di maternità.
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