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domenica 16 marzo 2014

"L'Italicum fa acqua da tutte le parti"

"Viviamo tempi complessi, dove ci capita di vedere un Parlamento modificare la legge elettorale – che, non dimentichiamocelo, è la prima regola del gioco – non per garantire fin da subito una rappresentanza reale e una governabilità adeguata, ma piuttosto per allontanare proprio il momento elettorale. Sembrerebbe un paradosso, un nonsense,  ma ormai sembra che ci stiamo assuefacendo alla mediocrità del tatticismo e della furbizia.
 
Le riforme in questo Paese sembra che debbano servire non a migliorare e a far progredire la società ma a garantire la longevità dell’attuale mandato parlamentare: lo dimostra l’attività delle Camere di queste ultime due settimane. Tempo fa, il Presidente del Consiglio parlando delle sorti del passato governo, aveva paragonato il suo predecessore all’eroe di un videogioco che deve allungare la barra di energia per sopravvivere di più. Temo che ormai, a voler allungare la propria vita sia proprio chi aveva utilizzato questa metafora. Di più, e che stia estendendo il videogioco a tutti i parlamentari.
 
La nuova legge elettorale, che vedremo se il Senato approverà, è un compromesso al ribasso che fa acqua da tutte le parti: da una parte pretende di garantire governabilità senza impegnare i partiti a raggiungere un vero ampio consenso nell’elettorato, dall’altra sacrifica la rappresentanza in nome della governabilità. In sintesi, si vuole poter governare grazie al voto di circa un terzo dell’elettorato e ancora meno considerando anche chi si astiene; in più si è talmente pessimisti sulla propria capacità di creare consenso da voler costringere altre forze ad unirsi per fare massa critica e raggiungere l’agognata quanto francamente insoddisfacente soglia del 37%. Poi, dopo il voto, come già abbiamo visto in passato, partirà il momento dei dubbi, dei distinguo, dei do ut des che ci hanno tenuti per vent’anni nel congelatore della storia e del contesto economico globale.
 
Ricordo l’attesa spasmodica del mondo politico per la sentenza della Corte Costituzionale che doveva indicare i capisaldi per la riforma elettorale. Ebbene, oltre allo scellerato premio di maggioranza in assenza di un tetto minimo di percentuale di consensi, la Corte era stata chiara nell’indicare nelle liste bloccate un altro grave vulnus al concetto di democrazia e quindi di rappresentanza. Anche qui la maggioranza parlamentare non ha saputo agire di conseguenza, presentando le cosiddette “liste corte” come un’innovazione e un ripristino del potere di scelta dell’elettore. Non so se la Corte interverrà di nuovo per sanzionare questi escamotage ipocriti, quello che è certo è che la classe politica dominante continua ad avere paura del consenso popolare che potrebbero avere donne e uomini liberi da condizionamenti partitici o di altra natura.
 
A prescindere da come la si pensi, sulle cosiddette “quote rosa” abbiamo assistito allo spettacolo penoso dell’ipocrisia mascherata da motivazione politica e addirittura etica. Abbiamo visto deputati uomini ma anche donne che hanno votato contro perché sostenitori del merito, ma in realtà interpreti di una volontà politica tatticista e conservatrice. Vogliamo fare finta che oggi la politica italiana non sia un club di soli uomini? Intendo il vero potere politico, è forse co-gestito da qualche donna? Io non credo, credo invece che, al contrario, la vita delle donne in politica sia piena di ostacoli che impediscono loro di emergere come meriterebbero.
 
E’ già triste pensare che si debba votare un meccanismo per garantire la presenza delle donne in Parlamento, così come è triste registrare che a tutt’oggi la remunerazione del lavoro femminile è inspiegabilmente più bassa di quella maschile.
Sappiamo tutti che Governo e Parlamento sono sotto osservazione da milioni di persone, sfiancate da promesse non mantenute. Un Paese non può andare avanti per proclami e slogan. Perciò, avere immolato la possibilità di una buona legge elettorale, dovrà avere come contropartita misure reali ed efficaci per il rilancio dell’economia nazionale e famigliare. Se così non fosse, per la politica sarebbe un’ulteriore sconfitta. E la definitiva perdita della sua credibilità".
 
Carlo Pontecorvo (Presidente di Italia Futura)

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