Vorrei introdurre il tema con un cosa che ci faccia anche sorridere perché non si può parlare sempre delle cose problematiche in modo eccessivamente “serio”.
Però questa introduzione serve a sviluppare il mio ragionamento intorno al concetto dell’”asimmetria”.
Come sapete la Francia e l’Europa nella loro visione occidentale hanno il vanto di portare avanti gli slogan della rivoluzione francese; liberté, fraternitè, legalitè
A questo proposito quello che diceva la Guazzone su libertà supremazia e prosperità: e quindi una vecchia cosa questa è quello di portare avanti di legittimare il proprio espansionismo legittimando ed autorizzando visioni magari etiche che possono certamente influenzare la propria opinione pubblica.
Quindi la Francia che ha colonizzato buona parte della terra e quindi nella popolazione locale ha trovato anche dei sostenitori. Perché poi i potenti possono far funzionare le loro operazioni perché ci sono anche dei collaborazionisti, colui che è disponibile a collaborare. Uno di questi, un intellettuale di aerea africana si è sempre vantato di definirsi “io sono francese” in ogni occasione.
Un giorno ha svelato questo segreto del perché si definiva come tale in un momento: Un giorno all’arrivo di un esponente dell’autorità francese e confrontandosi con questo dirigente dello Stato francese con i rappresentanti della società e delle istituzioni e c’era presente anche questo intellettuale che partecipava, si alza e chiede al ministro Francese: Signor ministro io mi sono sempre definito francese. I miei connazionali spesso non lo comprendevano questo fatto, qualcuno mi criticava, molti hanno preso le distanze da questo mio desiderio. E io certamente ci ho ripensato però gli dico chiaramente che io mi sono sempre definito francese perché ci ho creduto nei valori della rivoluzione francese, liberté, egalité, fraternité però dopo decenni del vostro operato nel mondo, sinceramente ho cambiato idea. Come mai, caro Ministro non avete applicato in giro queste cose?
Il Ministro risponde: Caro signore questi sono prodotti non per la esportazione.
Detto questo il prodotto non per la esportazione democrazia legalità e prosperità rimangono ancora di fatto sotto il monopolio dell’elite dominante. L’elite che esercita l’egemonia sul mondo, certamente vorrebbe includere gli altri però in un modo subalterno.
A proposito di scontro di civiltà (vedi il saggio pubblicato da Huntington nel 1993 e pubblicato in Italia nel 1997 che parla di scontro di civiltà) tende fondamentalmente a fare dimenticare la storia reale, concreta degli esseri umani che è fatta di intrecci e di compenetrazioni e anche di invasioni.
Allora il mondo di oggi dove si è affermato questo modello dominante che si chiama occidente di fatto possiamo trovare così, schematicamente parlando, un momento storico importante nel viaggio di Colombo del 1492. Il mondo che conosciamo è un prodotto di quella data lì dove si è affermata la potenza europea nel dettare leggi, regole e nel determinare gli assetti economici, sociali, culturali altrui.
E di questo sono stati prodotti diversi dell’assimilazione dell’America Latina, che è diventata buona parte cristiana di lingua francese, spagnolo però guardate il caso questo non ha salvato l’America Latina da una realtà disastrosa sul piano politico, economico e di subalternità.
Il caso delle Africa nera in parte somiglia all’America Latina nell’assoggettarsi e nell’assimilare, incorporare i modelli dominanti.
Un’altra area, nell’Asia in particolar modo, c’è stata più resistenza, Cina, India, gli arabi, che hanno per storia, sono in qualche modo riusciti a resistere al dominio europeo.
Non a caso il pericolo oggi per gli Stati Uniti deriva dalla Cina e dall’India come potenza economica, e poi certamente la resistenza culturale che esprime il mondo arabo mussulmano nei confronti di questa egemonia sul piano culturale.
E quindi lo scontro di civiltà dimentica che il mondo di oggi non è fatto di contenitori geografici dentro i quali ci sono delle confezioni culturali, questo non lo è, questo è un mondo oggi è un sistema dove c’è un centro e dove c’è una vasta periferia.
(Vedi un bellissimo articolo di Eduardo Galeano “Il governo della monarchia universale” capeggiata dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, dove si siedono proprio quelli che conducono le regole del gioco 7-8 paesi del capitalismo maturo o post moderno, chiamatelo come volete ma che comunque rimane egemonia, sfruttamento e di repressione nei confronti di molti altri popoli).
Allora una monarchia universale dentro a questo c’è il centro, centro che gode del privilegio di poter governare e una vasta periferia, America Latina, Africa, il mondo arabo, Asia, l’Est europeo sono popoli subalterni, divisi e trattati secondo tre categorie.
La subalternità, filantropia occidentale (il re del Belgio quando nell’800 il suo esercito massacrava la gente del Congo fondava nello stesso momento una associazione per l’amicizia con l’africa.)
Quindi l’Occidente bombaroli e pompieri, e ha conquistato il mondo, anche oggi. Nello stesso aereo ci sono i venditori di armi, i generali ed i crocerossini e altri che vogliono fare del bene.
Più il centro del sistema è aggressivo e stranamente viene accompagnata da una grande propaganda filantropica: più aggressivo e più forte è l’aspetto solidaristico Oggi i privilegiati di questa solidarietà sono fondamentalmente i popoli dell’Africa nera, l’America Latina.
Solidarietà cosa vuol dire? Comunque una relazione asimmetrica tra donatori e riceventi, chi riceve certamente non può incidere su quale solidarietà su quale tipologia di solidarietà, su quali tempi e su quali obiettivi.
Seconda: la realtà è da ristrutturare, l’economia dell’est, del Sud Asiatico sono tutte economie da ristrutturare. Sembra una parola neutra, ma chi va a ristrutturare l’economia? Chi la rende compatibile? In base a quali criteri?
Anche qui è un altro tipo di relazione di asimmetria.
Terzo tipo di relazione gli stati canaglia e i disobbedienti, che si chiamano Cuba, Corea, Iran, l’Iraq non lo è più, e quindi gli stati canaglia nei confronti dei quali certamente ci vuole la guerra preventiva per ripristinare l’ordine.
Oggi il ragionamento per confutare lo scontro di civiltà ha bisogno di avere un altro immaginario di mondo.
C’è un sistema dove c’è un centro e una periferia e ci sono popoli e paesi subalterni a queste logiche,
Quindi le problematiche fra centro e periferie non, come vogliono i teorici dello scontro di civiltà, è uno scontro c’è certamente tra avvantaggiati e svantaggiati sul piano economico, sul piano politico, sul piano ecologico, sul piano quale cultura del lavoro, quale cultura della giustizia, ma anche quale democrazia.
Quindi i temi sono questi
Però i temi letti così diventano in qualche modo confutanti di quanti vogliono lo scontro di civiltà. Quindi il tentativo di Huntington e di chi oggi si definiscono cristiani, atei o atei cristiani o cristiani di cultura è invece la questione non solo di natura economica, di natura sociale, di natura politica o di lotta fra vantaggio e svantaggio, ma è una questione culturale. Quindi tutto il tentativo di Huntington nel suo libro è quello di confezionare aree geografiche per mettere dentro pseudo elementi culturali che si vuole, secondo queste teorie, siano incompatibili e quindi di conseguenza, proprio perché questa incompatibilità mette a rischio la sopravivenza del modello democratico, liberale occidentale degli stati uniti, gli USA devono difendersi e portare avanti una repressione ed una guerra preventiva.
Un passaggio di questo libro dice che i confini dell’islam grondano a sangue perché il sanguinario sono quelli che vivono al loro interno.
Questa è una definizione che Huntington con molta faciloneria e anche determinazione mette insieme.
Quindi se noi andiamo a vedere questo mondo islamico all’interno del sistema mondo certamente la sua sorte è stata uguale a tanti altri popoli colonizzati.
Il mondo arabo, il mondo mussulmano ed il vicino oriente sono prodotti tipici dell’opera coloniale.
Lo possiamo anche vedere in un racconto di Italo Svevo “La tribù” che descrive già all’inizio del 900 i cambiamenti che avvenivano in quell’area del mondo arabo: la trasformazione della tribù l’introduzioni di nuovi meccanismi capitalistici quali proprietà privata, nuovi regole per lo studio all’estero perché la tribù opta di inviare all’estero per imparare lì ecc.
Tutto questo per dire che negli anni 30 Ungaretti torna a visitare l’Egitto dove è nato e scrive un bel libro di memorie “Il deserto” pubblicato da Mondadori dove descrive i cambiamenti che sono già avvenuti negli anni 30 in Egitto.
Mi è capitato non molto tempo fa, un libro degli anni 50 curato da un italiano, descrive un convegno a Venezia dove sono stati messi intellettuali arabi e italiani per discutere di temi su cui ancora stiamo discutendo.
Fra quegli intellettuali arabi, mussulmani c’è un tipo molto interessante un bengalese o inglese che, come molti intellettuali, deluso da questo capitalismo e dal materialismo dilagante, voleva trovare rifugi mistici in qualche altra esperienza religiosa e culturale. Si converte all’Islam e va in Arabia Saudita, però quando arriva in Arabia Saudita scopre che già l’occidente è arrivato prima di lui, vedeva i cambiamenti. Quindi questo “bengalese –inglese” in questo convegno degli anni 50, polemizzava con i mussulmani:
“ma voi che mussulmani siete? Siete degli occidentali, subalterni, ma occidentali, nella vostra cultura, nella categoria del pensiero, il vostro guardare il mondo, i vostri traguardi. Siete occidentali… Quindi con quale legittimità e autorità vi presentate qua come mussulmani.?”
Quindi questa realtà di mondo mussulmano che viene letto come fosse una realtà effettivamente esistente con i suoi connotati e la sua specificità e questa specificità a qualcuno piace definire incompatibili con la nostra definizione di democrazia e di laicità e tante altre cose è di fatto un prodotto ibrido che è stato attraversato ha vissuto trasformazioni radicali sul piano politico sociale ed economico. Il suo prodotto è questi stati che vengono chiamati mussulmani.
Questi stati cosiddetti mussulmani fondamentalmente sono il prodotto della opera coloniale. Vengono chiamati mussulmani ma il pensiero mussulmano non ha contribuito alla nascita di questi Stati qui sono stati determinati dai francesi e dagli inglesi e l’elite che li ha governati è una elite che ha avuto i suoi percorsi, i suoi studi nell’occidente.
Quindi sono stati sul piano istituzionale un prodotto occidentale, un diretto prodotto dell’elite occidentale più precisamente dell’elite occidentale moderna.
Però questo sistema da un pezzo giustamente e Spataro sottolineava il fatto sono regimi e che questi sono regimi oggi più che mai impopolari, non reggo più il confronto con le sfide esterne, e con le sfide interne.
Quindi per comprendere il vicino oriente (uso appositamente questa parola è geografia, anche l’uso dei nomi fa nascere una asimmetria perché usare medio oriente è di nuovo asimmetria, chi ha deciso di usare Medio Oriente e si utilizza? Questa area geografica è chiamata storicamente vicino oriente e si dice che la definizione medio oriente è nata nella prima guerra mondiale la sede, il quartiere generale dell’esercito inglese che si occupava delle operazioni militari inglesi in India aveva la sede il Cairo: quindi il riferimento è l’azione la sede era nel vicino oriente e così si è arrivati al grande Medio Oriente) ma il bello e che oggi pensate che ci sono giornali arabi il cui nome è il Medio Oriente.
Allora comprendere il mondo arabo è necessario un approccio finalizzato alla ricostruzione di un immaginario, oggi per comprendere quella realtà è necessario sospendere un attimo le varie categorie con cui leggiamo la storia.
Quindi ricostruzione che significa leggere la complessità degli altri che non è quella che pensiamo non a caso Abel Samad nella prima parte del suo intervento quali sono le problematiche della società araba ha messo: l’ingerenza straniera, militare ecc, due la dittatura e tre lo sviluppo, invece per gli occidentali è il fondamentalismo islamico e su questo abbiamo un centinaio di libri sempre con immagini di donne con un occhio fuori, un barbuto, un coltello….tutte immagini che servono alla commercializzazione a prescindere dal contenuto e della conoscenza…
Leggere questi popoli all’interno delle logiche del sistema mondo: centro e periferia. Questi popoli del vicino oriente appartengono alla periferia quindi il loro rapporto con il centro sono rapporti asimmetrici
2) questo che cosa ha significato? Che questi sono stati dei contenitori statuali che noi chiamiamo Stati che ancora oggi nascono con limitata sovranità e su questi paesi che noi chiamiamo arabi mussulmani (ho portato anche delle cartine geografiche), quasi la totalità di questi paesi ospitano basi americani ed inglesi. Molti di questi paesi hanno relazioni di associazione con la NATO dal Marocco all’Algeria, alla Tunisia, alla Turchia, all’ Egitto se non hanno direttamente voglio dire delle basi militari hanno la NATO. Però si parla di scontro di civiltà, ma con chi è lo scontro di civiltà?
L’avversario a mio parere non esiste: stati subalterni, stati senza sovranità, paesi occupati, economia subalterna. Chi porta lo scontro?
Un volta c’era il blocco comunista, socialista c’erano missili una ideologia differente dagli altri e realtà territoriali e geografiche ben precise. Nel mondo mussulmano non ci sono queste realtà.
Quindi i paesi senza sovranità, subalterni sul piano economico, politico e culturale e quindi paesi governati di vassalli che le loro legittimità o meglio la loro presenza e permanenza al potere, l’hanno avuta grazie al sostegno della democrazia. E’ paradossale ma è così.
Molti di questi vassalli non reggono nemmeno una settimana al potere senza l’appoggio della potenza statunitense o l’appoggio inglese o francese.
Molti di questi paesi, i loro eserciti, i loro servizi segreti, i loro aeroporti ci sono persone assolutamente non del luogo, esperti europei spesso europei.
Allora non ci sono gli ingredienti per questo scontro di civiltà.
La questione che si presenta è quindi che il mondo arabo andrebbe preso nella sua storia di trasformazione all’interno di un processo storico, concependo le trasformazioni che sono avvenute e quindi, vado alla conclusione, nei processi di modernizzazioni che non hanno prodotto, ad esempio, distruggendo le società tradizionali ed i meccanismi anche se vogliamo di partecipazione perché queste elite moderniste ed europeiste ha concepito lo stato moderno, questo contenitore, come fosse un appannaggio, un privilegio escludendo la massa popolare dal partecipazione nella costruzione nello sviluppo di queste nuove realtà statuali. Questo è il grande problema, che quindi l’elite modernista secolarizzate non è riuscito a far partecipare la massa popolare all’interno dei meccanismi di queste nuove entità statuali. Si è creata una frattura che di fatto non ha fatto altro che incrementare le ostilità da parte delle masse popolari nei confronti dell’elite moderniste. Per questo viene presentato come feroce dittatura. Questo vuole dire che si parla di Saddam come modernista. Il governante della Algeria o della Tunisia o Gheddafi, della Siria o l’Iraq di Saddam o l’Egitto è questa elite modernista secolarizzata però dittatura. E così l’esperienza di Ataturk prima, lo scia dell’Iran.
Quindi questo spesso all’osservatore occidentale finge di non sapere questo, per fare una lettura diversa.
E quindi oggi speriamo di definire, non per trovare un capro espiatorio, ma la responsabilità del venire meno di una dialettica sociale, di una dialettica politica all’interno di una società araba certamente i processi di modernizzazione di occidentalizzazione portata avanti dalle elite moderniste e che hanno goduto di appoggi esterni sicuramente questa la prima responsabilità, anche perché l’islam politico nell’arco di cento anni ha avuto poca influenza all’interno della gestione di questi stati, all’interno della società. E’ stata una realtà marginale e per la prima volta l’islam politico viene ripristinato, sapete quando? nel 1964 in Indonesia con il colpo di stato di Suharto, contro Sucarno. Nel 1964 milioni di persone sono state ammazzate quando le milizie islamiste venivano foraggiate dagli stati uniti e dalla CIA per abbattere in quel momento l’eventuale espansione del comunismo in Indonesia.
Questo è il primo utilizzo politico dell’islam.
Il secondo è stato in Afganistan. Rompe questa alleanza fra islamismo politico alleato con gli stati uniti in funzione anticomunista, l’evento di Koumeini. Koumeini rende un filone dell’islam militante lontano dall’egemonia statunitense, anzi in contrapposizione.
A quel punto si comincia a parlare di fondamentalismo islamico, di pericolo, di ritorno al Medio Evo, nel momento in cui settori dell’islamismo politico si sono orientati diversamente rispetto alla politica statunitense. Certamente non dimentichiamo poi la base di questi movimenti è sempre stata la Arabia Saudita.
Allora l’elite modernista assume oggi la totale responsabilità nel non riuscire a creare condizioni per la partecipazione e giustamente A. Samad diceva la distruzione di qualsiasi elemento vitale all’interno della società civile.
Che cosa è rimasto della società civile del mondo arabo mussulmano e del vicino oriente? Rimangono i luoghi di culto: la moschea. Le moschee rimangono gli unici luoghi dove la civiltà civile poteva proteggersi ed esercitare una certa autonomia rispetto alla volontà del despote di turno. Non a caso A. Samad diceva che arrivati gli americani la società civile in Iraq trova i primi riferimenti intorno alla moschea e dentro la moschea, perché è quello che è rimasto.
Forse anche nella situazione irakena fortunatamente sono rimaste le moschee che sono riuscite a ripristinare un controllo sociale, io parlo da sociologo ed il mio interesse è come ripristinare una coesione sociale,
Quindi le moschee hanno certamente avuto una funzione ed ha evitata un situazione più drammatica della attuale.
Quindi la distruzione della società civile lascia spazi di autonomia della società civile nella moschea e nella formazioni familiari e tribali.
In Iraq oggi c’è il ritorno alla tribù.
Allora società civile e soprattutto la società civile più dinamica nella classe media, classe media che dagli anni 6° in poi è cresciuta in termini numerici ma anche di istruzione e quindi anche nel desiderio di partecipare nelle questione sociali e politiche. Però le logiche politiche hanno impedito a questa classe di essere partecipe creando quindi una classe media di frustati dove non possono incidere, non possono partecipare e non possono far parte delle dinamiche reali.
Spataro diceva che la caduta del pensiero progressista, del pensiero di sinistra, certamente lascia un vuoto, questo vuoto viene riempito da chi può offrire un prodotto. Sul piano spirituale l’individuo ha bisogno di spiritualità, sul piano politico ha bisogno di un attore che interpreti le loro esigenze.
In questa fase mondiale e questa quindi non è una realtà solo mussulmana ci si chiede che cosa è il fondamentalismo, come lo dobbiamo chiamare o..? Io semplicemente li chiamo movimenti comunitaristi, identitari (sul piano sociologico sono questi) che caratterizzano oggi molti dei nostri paesaggi sociali e varie parti del mondo. Gli Stati Uniti oggi sono governati da movimenti comunitaristi.
In Italia un componente del governo è una componente comunitarista: la Lega.
In molti paesi dell’Europa la componente comunitarista è forte oggi e quindi voglio dire è il vento di oggi che attraversa questo mondo globalizzato quindi la rivendicazione militare è comunitarista, attraversa anche la società mussulmana le ideologie egualitarie e universalistiche sono in crisi e quindi reinventare la tradizione dei livelli identitari ed il ripristino di alcuni miti intorno alla quale creare una coesione sociale quindi la comunità.
Sono quindi movimenti comunitaristi che hanno tentato di dare risposte al disagio, alle frustrazioni manche alle problematiche reali. Ma guardate se uno legge un volantino del movimento islamista e lo confrontiamo con uno degli anni 50 e 60 fatto dai movimenti comunisti, sinceramente se non ci fosse la parola “nel nome di dio…sia fatta la volontà di Dio” le cose non si discostano molto sulla ingerenza straniera come ad esempio “per un maggiore ruolo della comunità per la difesa delle proprie risorse, per la propria indipendenza...ecc” Quindi sono queste parole chiave che possono accarezzare la sensibilità di persone che possono essere magari lontane per ideologia e cultura dai movimenti islamisti.
E non a caso, quindi, nei movimenti islamisti non è strano trovare persone che hanno militato nei movimenti marxisti-leninisti, trotskysti, maoisti o altro anzi alcuni dei movimenti islamismi più se vogliamo chiamarli dottrinali, integralisti, radicali, estremisti dove hanno avuto questa contaminazione con il pensiero radicale di sinistra degli anni 50 e 60.
Allora, finisco, quindi la questione oggi della società civile ha pochi margini di manovra in questa situazione arabo, mussulmana, del vicino oriente.
C’è il triangolo delle bermuda, l’immagine del triangolo delle Bermuda: l’ingerenza straniera, la dittatura modernista e certamente c’è la componente comunitarista islamista. Questi tre tengono in ostaggio la società civile.
Quindi non è vero che il fondamentalismo islamico oggi è il pericolo per la società, e il pericolo se fosse questo sarebbe più facile trovare un rimedio. La questione che è molto più grossa per un riformismo, per il pensiero progressista moderno, moderno vero non quello dell’elite è l’ingerenza straniera, è la dittatura moderna secolarizzata che ha governato sino ad oggi e questi movimenti comunitaristi islamisti sono in competizione per esercitare l’egemonia sulla società civile però tutti quanti impediscono alla società civile di essere partecipe. Di fatto nessuno di questi attori politici e sociali interessa avere seguito popolare
Questo è il dilemma: ognuno cerca di affermare la propria egemonia tramite l’esercizio della forza e della violenza. Quanto posso terrorizzare? Quanto posso spaventare? Quindi l’egemonia oggi è contesa tra questi attori politici e sociali con questo meccanismo.
Allora quale è la “porta”?
Ho letto con molto interesse il documento che sarà presentato da Alberti domani ed ho riscontrato cose condivisibile quale quella di come riuscire ad individuare degli interlocutori che abbiano una certa autenticità che sono impegnati sui temi dell’uguaglianza, Spataro faceva il discorso dell’eguaglianza dei cittadini, dei diritti della persona, dell’individuo, della questione della giustizia sociale, dell’ecologia e dell’ambiente e quindi questi interlocutori oggi hanno bisogno di essere sostenuti, resi visibili ed anche potenziare il loro agire in quella società.
Quindi è una alleanza di attori che oggi vivono l’ urbanizzazione individuando un linguaggio comune sui temi trasversali. Temi trasversali sono oggi: quale distribuzione del redditi a livello mondiale quindi come ridurre le asimmetrie tra centro e periferia, come impostare rapporti dialettici tra gli stati, quale salvaguardia dell’ambiente, la difesa del patrimonio di tutti.
Quindi a mio parere questi sono i temi però il pericolo che troviamo intorno a questi temi è la propaganda che lavora sul tema dello scontro della civiltà.
Giorni fa mi sono trovato in un dibattito dove si parlava dell’insediamento della Turchia nella Comunità europea e dove venivano fuori i soliti problemi avuti con la Turchia dalla battaglia di Lepanto del 1570. Questo mi ha fatto intervenire chiedendo come mai ci si ricorda della battaglia del 1570 e non quella mondiale del 1914 dove l’impero mussulmano è stato alleato dell’impero austro-ungarico di maggioranza cristiana prendendo dalla storia solamente quell’elemento che utilizziamo per affermare l’ideologia dello scontro di civiltà e si dimenticano poi i momenti di alleanze tra le parti. A questo punto l’interlocutore mi parla dei diritti umani che assediavano Vienna e come è intervenuto il re polacco dimenticando che il re polacco, il suo esercito era forte soprattutto con i reparti dei cavalieri mussulmani.
Gli intellettuali trovano questi elementi per sostenere con linearità che lo scontro di civiltà è sempre esistito, mentre la storia è assolutamente diversa.
Il discorso di cui oggi la società civile araba che si trova all’interno del triangolo delle bermuda ha bisogno di essere resa visibile e sostenuta da parte di quella soggettività presente all’interno del “centro” e quindi movimenti come Un ponte per…, l’ARCI Emergency, Amnesty, ecc che hanno un certo ruolo nelle realtà culturali e politiche.
Ultima cosa, volevo chiedere scusa all’on.le Spataro perché l’ho interrotto quando ha parlato del Presidente ma solo per precisare perché vivo in occidente da molti anni ed ho potuto osservare che spesso l’occidentale ha un immaginario di sé che non corrisponde alla realtà, con affermazioni del tipo “noi abbiamo lavorato per i diritti umani” dimentico che qui la realtà dove hanno lavorato ci sono state le teorie razziste, si dimentica che qui ci sono stati campi di concentramento, le forme totalitarie, il colonialismo. Oggi i paesi che producono l’85% delle armi e degli strumenti di violenza sono in occidente. Voglio dire che qui che per la ricostruzione è necessario rapportarsi agli altri. Oggi si da’ per scontato che noi siamo qualcosa che non siamo.
Quindi leggere la propria identità per cui in una fase comunitarista oggi è importante andare a coniugare al plurale la propria identità.
Ad esempio, chi di noi mette in discussione la civiltà e la democrazia in Norvegia? Qualcuno ha il coraggio di dire che la Norvegia non è un paese democratico? Però in Norvegia per legge il re deve essere Luterano, la metà dei ministri devono essere luterani, l’insegnamento della religione nella scuola è il luterano e tutti lo devono fare anche chi non lo è. Voglio dire però che la Norvegia
Voglio dire ce vanno trovati dei meccanismi che permettono alle persone di essere effettivamente uguali. E la questione della uguaglianza non è una questione che interessa il mondo mussulmano. Lo siamo qua uguali? Siamo sicuri che abbiamo le stesse capacità di negoziazione con il sistema politico, dimentichiamo la nostra classe sociale, le nostre collocazioni, i poteri che ci rappresentano?
La questione oggi è nel dialogare con la gente araba, mussulmana, del vicino oriente o di quello che si vuole. E’ importante partire dall’idea che i temi dell’uguaglianza, della discriminazione delle donne, della costruzione della pace, della distruzione della violenza, non sono stati risolti da nessuna parte.
Oggi è necessario trovare un linguaggio per affrontare questa sfida, io vi ringrazio.
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