Dunque, senatore Compagna, le carceri italiane stanno per "esplodere"?
Nel corso di questa legislatura il ministro della Giustizia Alfano aveva informato il Parlamento della condizione drammatica dei nostri istituti carcerari, provando anche a intraprendere la strada di un provvedimento alla Camera: il cosiddetto "svuota-carceri". Però la rigida opposizione in Commissione Giustizia, da parte soprattutto della capogruppo del Pd Donatella Ferranti, aveva portato anche questo provvedimento ad un binario morto. Da qui la necessità di richiamare l’attenzione dei colleghi al nostro diritto-dovere di occuparci della questione.
Ma il capogruppo Maurizio Gasparri e il viceministro alle infrastrutture Roberto Castelli hanno subito gridato "no all’amnistia".
Guardi, mi rendo conto di tutte le obiezioni. E credo che quelle di Castelli e Gasparri non siano del tutto improprie. Però la condizione delle carceri, di quelli che ci lavorano e dei detenuti è diventata talmente drammatica che è difficile rimanere insensibili a quello che ormai è un vero e proprio grido di dolore e disperazione. Ma le dirò di più. Credo che le obiezioni dei colleghi e amici restituiscano vigore ad un tema sempre più critico che deve essere risollevato.
In cosa consiste la sua proposta di legge?
E’ un disegno di legge di concessione di amnistia e indulto d’ "impianto tradizionale": lo definisco come tale perché quella dell’amnistia è una tradizione che si è interrotta ormai da una ventina d’anni. Da quando cioè, in seguito ad un appello dell’allora capo dello Stato Francesco Cossiga, il Parlamento decise di intervenire in questa materia fissando il quorum necessario alla deliberazione dell’amnistia in una maggioranza di due terzi.
Cosa è successo da allora?
Quella dei due terzi è una maggioranza molto difficile da raggiungere. Perciò siamo passati dall’abuso degli "istituti di clemenza", che prevedevano almeno un’amnistia per ogni legislatura, ad un altro di circa vent’anni nel quale non ce n’è stata neppure una. Ricordo solo, nel 2003, le sollecitazioni di Papa Wojtyla, alle quali seguì poi l’indulto durante il governo Prodi: un provvedimento però molto contraddittorio.
Quali sono le esigenze più urgenti?
La questione più drammatica è senza dubbio il sovraffollamento delle strutture. Lo stesso Castelli, che muove obiezioni nei miei confronti, riconosce tutti i dati che fornisco nella mia relazione: e cioè che il carcere non serve solo per la pena detentiva, bensì anche per la custodia cautelare, che le strutture non sono adeguate e che in alcuni casi in una sola cella ci sono otto detenuti. C’è chi sostiene che bisogna costruire più carceri, ma il famoso "piano carceri" presentato da Matteoli e da Alfano non sembra attuabile.
Qual è il problema del "piano carceri"?
Non voglio certo drammatizzare. Ma i tempi di realizzazione di strutture adeguate non vanno d’accordo con quelli estremamente più rapidi con cui apprendiamo di suicidi dovuti a casi di mala detenzione.
Quali sono le strutture più problematiche?
I casi peggiori si ravvisano soprattutto nel Mezzogiorno. Comunque anche il carcere romano di Rebibbia riversa in una situazione drammatica. Il mese scorso ad esempio, visitai il carcere, e il personale manifestava grande preoccupazione per l’arrivo del caldo: dicevano che la tensione all’interno della struttura era latente.
A chi deve essere data per prima l'amnistia tra le tipologie di detenuti?
Secondo me ci sono ricorsi alla custodia cautelare del tutto voluttuari. Da questo punto di vista il disegno di legge Alfano, che prevedeva di non scontare in carcere l’ultimo anno di detenzione, qualche respiro lo offriva. Purtroppo si è arenato alla Camera.
In italia ci sono circa 68 mila detenuti. Di questi, oltre 14 mila sono in attesa di giudizio…
Ho l’impressione che ci sia il ritorno ad un uso-abuso del ricorso alla custodia cautelare degno dei tempi del peggior Borrelli-D’Ambrosio a Milano. Facciamo un esempio: si può mettere in carcere gente di oltre settant’anni? Credo che da questo punto di vista una discussione debba ripartire.
Chi esce dal carcere però, dovrà essere "reinserito" in qualche modo. Non crede?
Esistono una serie di organismi meritori che favoriscono il reinserimento: tanto per citarne uno, la Croce Rossa. Sicuramente non è ancora sufficiente, ma il Parlamento serve a porre problemi e a confrontare opinioni diverse cercando di trovare le priorità e soprattutto la compatibilità fra gli aspetti delle varie questioni. Intanto, ho provveduto a gettare la palla in campo, come si dice, per risollevare una questione urgente. La mia non è una proposta ultimativa: appartengo ad una classe politica e a un costume che prevede il ragionamento. Io stesso, in passato, mi sono opposto a provvedimenti di amnistie annunciate, ma stavolta l’incalzare delle cifre ci pone di fronte un problema più serio: oggi nelle nostre carceri c’è almeno il doppio dei detenuti previsti.
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