La complessità di un ambiente caotico come quello elettorale è tale che un'organizzazione efficace deve necessariamente saper filtrare le informazioni e razionalizzare le responsabilità. Lo staff deve inoltre godere della fiducia del candidato per poter operare funzionalmente. Qualsiasi assetto che non soddisfi queste due funzioni è destinato a incontrare serie difficoltà.
Qui entrano in scena i Lobbysti. Ottimi conoscitori delle istituzioni comunitarie e di chi le frequenta, i lobbisti sono un po' avvocati, un po' giornalisti, un po' politici. Rappresentano gli interessi di una società o di un settore dell'economia presso coloro che decidono e fanno la legge, per influenzarli a proprio favore. Conoscono perfettamente il processo decisionale comunitario, si sanno muovere nel complesso panorama politico, hanno una buona rete di contatti e relazioni interpersonali, innate doti comunicative ed esperienza nelle pubbliche relazioni. I lobbisti raccolgono e analizzano le informazioni pertinenti alle attività e agli interessi dei clienti, si muovono con disinvoltura tra sondaggi, direct mail, pubblicità, rapporti con la stampa. In cambio, le soddisfazioni economiche sono significative: per una consulenza ad alto livello, arrivano a guadagnare fino a 100 euro all'ora. Non lavorano solo per enti o associazioni, quanto per le imprese. In questo caso, tra i loro compiti primari c'è quello di sensibilizzare deputati e funzionari su una legge o un regolamento che potrebbero nuocere o favorire l'attività della società che rappresentano. Lobbisti si può diventare attraverso un percorso formativo ad hoc e molta tenacia.
La professione lascia largo spazio alle qualità di comunicazione e di informazione e richiede un profilo pluridisciplinare e/o di perito. Bisogna destreggiarsi con abilità tra nozioni di diritto e questioni etiche. Può essere d'aiuto la perfetta conoscenza della lingua inglese e di altre lingue straniere. Mentre con l'espressione latina primus inter pares, che letteralmente significa "primo tra pari", identifica una persona rappresentativa in un gruppo di altre che sono al suo stesso livello e con pari dignità; la funzione del primus inter pares è di guida e di coordinamento, ed i suoi poteri sono vincolati dalla condizione stessa di essere a capo di persone sue pari. Solo in casi particolari il primus assume il ruolo di decisore ultimo. Ad esempio il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana è legalmente un "primus inter pares", in quanto il suo compito è primariamente quello di coordinare e sovrintendere l'attività del Consiglio dei ministri come previsto dalla Costituzione.
Tradizionalmente è anche colui il quale indica le linee guida dell'attività del Governo e con il sistema di elezione basato sui candidati alla presidenza risponde in prima persona di fronte agli elettori diversamente da quanto avveniva prima della riforma elettorale maggioritaria. Attualmente al presidente del Consiglio italiano viene spesso attribuito una maggior importanza derivante dalla più diretta investitura popolare sebbene per la Costituzione il vincitore delle elezioni debba comunque essere incaricato di formare il governo dal presidente della repubblica; dal punto di vista istituzionale tuttavia egli non possiede poteri particolari o superiori a quelli dei singoli ministri nei rispettivi settori, salvo il fatto che può tenere per se stesso più dicasteri "ad interim", e tuttavia le decisioni di Governo vengono prese in maniera collegiale, ossia a votazione dall'intero Consiglio dei ministri come fosse un unico voto.
E' implicito che il ministro dissenziente debba dimettersi qualora il Consiglio approvi qualcosa di contrario alla sua volontà. Quest'espressione è nata nel 338 a.C., quando alla morte di Filippo II di Macedonia salì al trono Alessandro Magno. Omero stesso fornisce il primo esempio in assoluto di primus inter pares nell'Iliade: Agamennone è alla guida dei Principi achei per diritto divino, ed in virtù di ciò è insignito del ruolo di Comandante in Capo. La Repubblica Veneta ha attuato il sistema consiliare per circa 10 secoli: il Doge, seppure fungeva anche da capo dello Stato approvato dal popolo in piazza, era "primus inter pares" nel Governo che decideva i provvedimenti maggiori consiliarmente su mandato delle commissioni parlamentari; tale sistema fu praticato fino al 1797 interrotto dalla conquista militare della Repubblica da parte di Napoleone.
Qui entrano in scena i Lobbysti. Ottimi conoscitori delle istituzioni comunitarie e di chi le frequenta, i lobbisti sono un po' avvocati, un po' giornalisti, un po' politici. Rappresentano gli interessi di una società o di un settore dell'economia presso coloro che decidono e fanno la legge, per influenzarli a proprio favore. Conoscono perfettamente il processo decisionale comunitario, si sanno muovere nel complesso panorama politico, hanno una buona rete di contatti e relazioni interpersonali, innate doti comunicative ed esperienza nelle pubbliche relazioni. I lobbisti raccolgono e analizzano le informazioni pertinenti alle attività e agli interessi dei clienti, si muovono con disinvoltura tra sondaggi, direct mail, pubblicità, rapporti con la stampa. In cambio, le soddisfazioni economiche sono significative: per una consulenza ad alto livello, arrivano a guadagnare fino a 100 euro all'ora. Non lavorano solo per enti o associazioni, quanto per le imprese. In questo caso, tra i loro compiti primari c'è quello di sensibilizzare deputati e funzionari su una legge o un regolamento che potrebbero nuocere o favorire l'attività della società che rappresentano. Lobbisti si può diventare attraverso un percorso formativo ad hoc e molta tenacia.
La professione lascia largo spazio alle qualità di comunicazione e di informazione e richiede un profilo pluridisciplinare e/o di perito. Bisogna destreggiarsi con abilità tra nozioni di diritto e questioni etiche. Può essere d'aiuto la perfetta conoscenza della lingua inglese e di altre lingue straniere. Mentre con l'espressione latina primus inter pares, che letteralmente significa "primo tra pari", identifica una persona rappresentativa in un gruppo di altre che sono al suo stesso livello e con pari dignità; la funzione del primus inter pares è di guida e di coordinamento, ed i suoi poteri sono vincolati dalla condizione stessa di essere a capo di persone sue pari. Solo in casi particolari il primus assume il ruolo di decisore ultimo. Ad esempio il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana è legalmente un "primus inter pares", in quanto il suo compito è primariamente quello di coordinare e sovrintendere l'attività del Consiglio dei ministri come previsto dalla Costituzione.
Tradizionalmente è anche colui il quale indica le linee guida dell'attività del Governo e con il sistema di elezione basato sui candidati alla presidenza risponde in prima persona di fronte agli elettori diversamente da quanto avveniva prima della riforma elettorale maggioritaria. Attualmente al presidente del Consiglio italiano viene spesso attribuito una maggior importanza derivante dalla più diretta investitura popolare sebbene per la Costituzione il vincitore delle elezioni debba comunque essere incaricato di formare il governo dal presidente della repubblica; dal punto di vista istituzionale tuttavia egli non possiede poteri particolari o superiori a quelli dei singoli ministri nei rispettivi settori, salvo il fatto che può tenere per se stesso più dicasteri "ad interim", e tuttavia le decisioni di Governo vengono prese in maniera collegiale, ossia a votazione dall'intero Consiglio dei ministri come fosse un unico voto.
E' implicito che il ministro dissenziente debba dimettersi qualora il Consiglio approvi qualcosa di contrario alla sua volontà. Quest'espressione è nata nel 338 a.C., quando alla morte di Filippo II di Macedonia salì al trono Alessandro Magno. Omero stesso fornisce il primo esempio in assoluto di primus inter pares nell'Iliade: Agamennone è alla guida dei Principi achei per diritto divino, ed in virtù di ciò è insignito del ruolo di Comandante in Capo. La Repubblica Veneta ha attuato il sistema consiliare per circa 10 secoli: il Doge, seppure fungeva anche da capo dello Stato approvato dal popolo in piazza, era "primus inter pares" nel Governo che decideva i provvedimenti maggiori consiliarmente su mandato delle commissioni parlamentari; tale sistema fu praticato fino al 1797 interrotto dalla conquista militare della Repubblica da parte di Napoleone.
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