Il Papa dice no alle pensioni d’oro, e rilancia un
“nuovo patto sociale per il lavoro”, affinché i giovani trovino un’occupazione.
Francesco ha ricevuto in Vaticano i delegati della Cisl, che da oggi a sabato sono riuniti a congresso,
guidati dal segretario generale Anna Maria
Furlan.
Il Papa mette l’accento sulla centralità del lavoro. Francesco afferma che “è una società stolta e miope quella
che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera
generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per
tutti”.
Ne fanno le spese i giovani, circa il 40% di loro non ha un
lavoro:
“Quando i giovani
sono fuori dal mondo del lavoro, alle imprese mancano energia, entusiasmo, innovazione, gioia di vivere,
che sono preziosi beni comuni che rendono migliore la vita economica e la
pubblica felicità”.
Poi una critica alle pensioni d’oro:
“E quando non sempre
e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione – giusta perché
né troppo povera né troppo ricca: le “pensioni d’oro” sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni
troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro
diventino perenni”.
Il mondo del lavoro è in rapida trasformazione, ecco perché
bisogna rivedere gli schemi:
“È allora urgente un
nuovo patto sociale per il
lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa,
per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare. Il
dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie,
è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a
spiccare il loro volo libero della vita adulta”.
Francesco, poi, di fronte alla Cisl, mette in guardia dalle
malattie che possono colpire il sindacato: “Nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato
rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle
istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare
del tempo ha finito per somigliare
troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro
linguaggio, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa
dimensione, anche l’azione dentro le imprese perde forza ed efficacia”.
E questo perché l’economia deve essere sempre e solo al servizio dell’uomo: “Diciamo
economia sociale di mercato, come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II:
economia sociale di mercato. L’economia ha dimenticato la natura sociale che ha
come vocazione, la natura sociale dell’impresa, della vita, dei legami e dei
patti”
Fonte: radio vaticana
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