Un primo problema deriva dalla necessità di usare termini attuali per descrivere ed interpretare tale concetto, con il rischio di " modernizzare" quanto è oggetto di esame e, quindi, di non esprimere esattamente il relativo significato, attribuendone ad esso uno attuale. Un’altra difficoltà è quella connessa con l’esigenza di riuscire a cogliere l’ampiezza del contenuto e del significato di un concetto del passato, oltre che di riuscire a descriverlo ed esprimerlo, in tutta la sua portata, con parole adeguate.
Tali problemi e difficoltà emergono in misura notevole e, in particolare, quando si esamina il termine di democrazia, parola ampiamente presente nel linguaggio politico moderno il cui significato e portata sono, però, del tutto diversi da quelli ad essa attribuiti nel periodo della democrazia greca.
Nella Grecia del quinto e del quarto secolo,demokratia è una parola polemica e di "lotta" che esprime il carattere aggressivo di questa forma di governo che viene intesa come kràtos, cioè come dominio esclusivo ed anche violento di una parte (il popolo) sull’altra, sui propri avversari. Il significato attuale ha perso completamente ogni connotazione di tale genere ed esprime valori del tutto assenti dalla nozione greca ed, anzi, opposti ad essa.
Oggi con la parola democrazia, si intende far riferimento ad un sistema politico caratterizzato dalla tolleranza e cioè da una situazione in cui posizioni differenti si scontrano, ma senza violenza e prevaricazione e con reciproca accettazione. Sarebbe quindi errato, allorché si intende indicare la nozione greca di democrazia, il far riferimento al significato attualmente attribuito a tale espressione.L'antropologo Gernet, cercando di esprimere una connotazione sommaria della democrazia greca, evidenzia come, con riferimento alle nostre concezioni politiche, essa dovrebbe considerarsi una oligarchia, cioè una situazione di dominio e concentrazione di potere di una parte sull’altra, tanto che si deve ritenere che fossero più democratiche le città con il maggior numero di schiavi e cioè le città nelle quali vi era maggiore disparità tra il mondo dei liberi e il mondo degli schiavi: ciò perché, appunto, il carattere essenziale della democrazia era quello di appropriazione e di dominio esercitato dal popolo, tanto da poter affermare che "i diritti dell’uomo non sono propriamente a cuore alla democrazia".
Mentre nel quinto secolo la democrazia era innanzitutto "politica" e cioè si esplicava essenzialmente sul piano politico e non solo sul piano economico (ogni cittadino di ceto popolare aveva rilievo in quanto tale e la sua posizione non era contrapposta e di rivendicazione nei confronti di chi possedeva la ricchezza in quanto, appunto, possidente), nel quarto secolo emerse la contrapposizione tra il ceto popolare, in quanto privo di ricchezze e il ceto di chi aveva le proprietà e la ricchezza. Ciò tra l’altro è deducibile da parecchie orazioni di Demostene nelle quali si evidenzia la necessità di cessare i processi volti a colpire i ricchi e l’esigenza di un patto sociale attraverso il quale si garantiscano sovvenzioni pubbliche al popolo.
Nella seconda metà del quarto secolo la democrazia , oltre a colpire sul terreno dell’economia diviene "totalizzante" poiché coinvolge tutte le attività del cittadino che esercita il suo kràtos sia come uomo politico che come giudice e, comunque, in modo molto ampio addirittura utilizzando un’azione di censura e di intervento nell’elaborazione artistica, determinando ciò che i comici devono dire ed esprimere. Va evidenziato che non esiste una teoria della democrazia greca elaborata da chi sosteneva tale istituto e che le uniche teorie in proposito possono essere ricavate da ciò che ne hanno detto i suoi avversari.
Di fondamentale rilevanza è l’opera di Tucidide dalla quale, in sostanza, emerge la sussistenza di un nesso contemporaneamente di identità e di contraddizione tra libertà e democrazia. Nell’epitafio di Pericle, riportato da Tucidide, il concetto di democrazia appare essere in antitesi con quello di libertà perché la democrazia si manifesta come la negazione della libertà di chiamare a far parte del demo.
Tucidide, al contrario, identifica il regime democratico con il concetto di libertà quando, parlando del colpo di stato del 411 ad Atene, afferma che, in tale occasione, fu tolta al popolo la libertà conquistata cento anni prima con la cacciata dei tiranni. Da questi due contrastanti idee di democrazia ne derivano altre due ugualmente opposte l’una all’altra: da un lato, da parte di chi identifica la democrazia con la libertà, vi è la coincidenza di oligarchia e tirannide, mentre, dall’altro lato chi ritiene che la democrazia sia kràtos, cioè dominio oppressivo ed esclusivo del popolo in contrapposizione alla libertà e alla uguaglianza, identifica la stessa democrazia con la tirannide intesa come dominio del popolo ai danni degli oligarchi e cioè dei possidenti e di coloro che vorrebbero un regime di libertà e di uguaglianza in cui sia premiata la competenza e la qualità piuttosto che la violenza.
Il pensiero politico greco tenta di superare questo contrasto nella concezione di democrazia, introducendo un concetto correttivo valido per ciascuna forma costituzionale, prevedendo una forma buona ed una cattiva per ognuna di esse e, quindi, una buona ed una cattiva democrazia, un buona ed una cattiva oligarchia, una buona ed una attiva monarchia (tirannide). Ciò significa che ogni forma costituzionale presenta delle possibilità positive e delle possibilità negative che permettono di esprimere, in ogni situazione particolare, valutazione positiva o negativa a seconda che prevalgano le une o le altre. Questa elaborazione del pensiero greco è teorizzata esplicitamente da Aristotele che, addirittura, usa due termini diversi per indicare le due possibilità nell’ambito della democrazia, politeia per individuare quella buona e demokratìa per la cattiva, identificando la politeia con un regime in cui un consistente ceto medio attenua i conflitti di classe con un regime di scontro di classi e di prevalenza ed affermazione del kràtos del popolo. Quest’ultima situazione si realizza soprattutto nel quarto secolo ed è caratterizzata dal costante scontro, soprattutto sulla ricchezza connessa con l’iniziativa del popolo volta all’appropriazione di essa. La politeia per Aristotele è una forma ideale di costituzione mista, in cui convivono in armonia un po’ di monarchia, un po’ di oligarchia e un po’ di democrazia.
Inoltre va evidenziato il limite preciso della riflessione politica greca, costituito dal fatto che essa non ha approfondito a sufficienza e risolto il problema fondamentale sulla natura del regime che si instaura quando il demo esercita il kràtos :questo è un regime di democrazia e di libertà o di oligarchia e tirannide? Esemplare è il colloquio tra il giovane Alcibiade ed il vecchio Pericle. Pericle, che non esita ad affermare che è legge valida sia quella proposta dal tiranno sia quella proposta dagli oligarchi se trova il consenso degli altri membri della compagine sociale e che non è legge quella imposta con la violenza, evita di pronunciarsi in ugual modo quando Alcibiade gli chiede se sia legge valida quella imposta dal demo con la violenza.
La democrazia ateniese caratterizzata dall’esercizio del kràtos e, quindi, anche dalla legge imposta dal demo senza il consenso generale, è stata effetto di varie critiche. In particolare i sofisti hanno evidenziato la contrapposizione tra la legge così imposta e la natura, poiché quella è spesso in contrasto con i principi fondamentali della natura. Per natura tutti gli uomini sono uguali e devono essere trattati allo stesso modo: la legge, al contrario, introduce spesso situazioni di disuguaglianza e di prevaricazione, ad esempio prevedendo categorie di uomini liberi e di uomini schiavi in contrasto con l’uguaglianza naturale. Questa teoria è, evidentemente, critica verso il regime democratico di Atene, che è fondato proprio sulla disuguaglianza e sulla prevaricazione di chi fa parte del demo nei confronti di chi ne è escluso.
Tali problemi e difficoltà emergono in misura notevole e, in particolare, quando si esamina il termine di democrazia, parola ampiamente presente nel linguaggio politico moderno il cui significato e portata sono, però, del tutto diversi da quelli ad essa attribuiti nel periodo della democrazia greca.
Nella Grecia del quinto e del quarto secolo,demokratia è una parola polemica e di "lotta" che esprime il carattere aggressivo di questa forma di governo che viene intesa come kràtos, cioè come dominio esclusivo ed anche violento di una parte (il popolo) sull’altra, sui propri avversari. Il significato attuale ha perso completamente ogni connotazione di tale genere ed esprime valori del tutto assenti dalla nozione greca ed, anzi, opposti ad essa.
Oggi con la parola democrazia, si intende far riferimento ad un sistema politico caratterizzato dalla tolleranza e cioè da una situazione in cui posizioni differenti si scontrano, ma senza violenza e prevaricazione e con reciproca accettazione. Sarebbe quindi errato, allorché si intende indicare la nozione greca di democrazia, il far riferimento al significato attualmente attribuito a tale espressione.L'antropologo Gernet, cercando di esprimere una connotazione sommaria della democrazia greca, evidenzia come, con riferimento alle nostre concezioni politiche, essa dovrebbe considerarsi una oligarchia, cioè una situazione di dominio e concentrazione di potere di una parte sull’altra, tanto che si deve ritenere che fossero più democratiche le città con il maggior numero di schiavi e cioè le città nelle quali vi era maggiore disparità tra il mondo dei liberi e il mondo degli schiavi: ciò perché, appunto, il carattere essenziale della democrazia era quello di appropriazione e di dominio esercitato dal popolo, tanto da poter affermare che "i diritti dell’uomo non sono propriamente a cuore alla democrazia".
Mentre nel quinto secolo la democrazia era innanzitutto "politica" e cioè si esplicava essenzialmente sul piano politico e non solo sul piano economico (ogni cittadino di ceto popolare aveva rilievo in quanto tale e la sua posizione non era contrapposta e di rivendicazione nei confronti di chi possedeva la ricchezza in quanto, appunto, possidente), nel quarto secolo emerse la contrapposizione tra il ceto popolare, in quanto privo di ricchezze e il ceto di chi aveva le proprietà e la ricchezza. Ciò tra l’altro è deducibile da parecchie orazioni di Demostene nelle quali si evidenzia la necessità di cessare i processi volti a colpire i ricchi e l’esigenza di un patto sociale attraverso il quale si garantiscano sovvenzioni pubbliche al popolo.
Nella seconda metà del quarto secolo la democrazia , oltre a colpire sul terreno dell’economia diviene "totalizzante" poiché coinvolge tutte le attività del cittadino che esercita il suo kràtos sia come uomo politico che come giudice e, comunque, in modo molto ampio addirittura utilizzando un’azione di censura e di intervento nell’elaborazione artistica, determinando ciò che i comici devono dire ed esprimere. Va evidenziato che non esiste una teoria della democrazia greca elaborata da chi sosteneva tale istituto e che le uniche teorie in proposito possono essere ricavate da ciò che ne hanno detto i suoi avversari.
Di fondamentale rilevanza è l’opera di Tucidide dalla quale, in sostanza, emerge la sussistenza di un nesso contemporaneamente di identità e di contraddizione tra libertà e democrazia. Nell’epitafio di Pericle, riportato da Tucidide, il concetto di democrazia appare essere in antitesi con quello di libertà perché la democrazia si manifesta come la negazione della libertà di chiamare a far parte del demo.
Tucidide, al contrario, identifica il regime democratico con il concetto di libertà quando, parlando del colpo di stato del 411 ad Atene, afferma che, in tale occasione, fu tolta al popolo la libertà conquistata cento anni prima con la cacciata dei tiranni. Da questi due contrastanti idee di democrazia ne derivano altre due ugualmente opposte l’una all’altra: da un lato, da parte di chi identifica la democrazia con la libertà, vi è la coincidenza di oligarchia e tirannide, mentre, dall’altro lato chi ritiene che la democrazia sia kràtos, cioè dominio oppressivo ed esclusivo del popolo in contrapposizione alla libertà e alla uguaglianza, identifica la stessa democrazia con la tirannide intesa come dominio del popolo ai danni degli oligarchi e cioè dei possidenti e di coloro che vorrebbero un regime di libertà e di uguaglianza in cui sia premiata la competenza e la qualità piuttosto che la violenza.
Il pensiero politico greco tenta di superare questo contrasto nella concezione di democrazia, introducendo un concetto correttivo valido per ciascuna forma costituzionale, prevedendo una forma buona ed una cattiva per ognuna di esse e, quindi, una buona ed una cattiva democrazia, un buona ed una cattiva oligarchia, una buona ed una attiva monarchia (tirannide). Ciò significa che ogni forma costituzionale presenta delle possibilità positive e delle possibilità negative che permettono di esprimere, in ogni situazione particolare, valutazione positiva o negativa a seconda che prevalgano le une o le altre. Questa elaborazione del pensiero greco è teorizzata esplicitamente da Aristotele che, addirittura, usa due termini diversi per indicare le due possibilità nell’ambito della democrazia, politeia per individuare quella buona e demokratìa per la cattiva, identificando la politeia con un regime in cui un consistente ceto medio attenua i conflitti di classe con un regime di scontro di classi e di prevalenza ed affermazione del kràtos del popolo. Quest’ultima situazione si realizza soprattutto nel quarto secolo ed è caratterizzata dal costante scontro, soprattutto sulla ricchezza connessa con l’iniziativa del popolo volta all’appropriazione di essa. La politeia per Aristotele è una forma ideale di costituzione mista, in cui convivono in armonia un po’ di monarchia, un po’ di oligarchia e un po’ di democrazia.
Inoltre va evidenziato il limite preciso della riflessione politica greca, costituito dal fatto che essa non ha approfondito a sufficienza e risolto il problema fondamentale sulla natura del regime che si instaura quando il demo esercita il kràtos :questo è un regime di democrazia e di libertà o di oligarchia e tirannide? Esemplare è il colloquio tra il giovane Alcibiade ed il vecchio Pericle. Pericle, che non esita ad affermare che è legge valida sia quella proposta dal tiranno sia quella proposta dagli oligarchi se trova il consenso degli altri membri della compagine sociale e che non è legge quella imposta con la violenza, evita di pronunciarsi in ugual modo quando Alcibiade gli chiede se sia legge valida quella imposta dal demo con la violenza.
La democrazia ateniese caratterizzata dall’esercizio del kràtos e, quindi, anche dalla legge imposta dal demo senza il consenso generale, è stata effetto di varie critiche. In particolare i sofisti hanno evidenziato la contrapposizione tra la legge così imposta e la natura, poiché quella è spesso in contrasto con i principi fondamentali della natura. Per natura tutti gli uomini sono uguali e devono essere trattati allo stesso modo: la legge, al contrario, introduce spesso situazioni di disuguaglianza e di prevaricazione, ad esempio prevedendo categorie di uomini liberi e di uomini schiavi in contrasto con l’uguaglianza naturale. Questa teoria è, evidentemente, critica verso il regime democratico di Atene, che è fondato proprio sulla disuguaglianza e sulla prevaricazione di chi fa parte del demo nei confronti di chi ne è escluso.
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