La concezione della politica
La razionalità dello Stato, strumento artificiale costruito dagli uomini per avvicinarsi alla realizzazione del modello di natura umana, è legata agli effetti che questa struttura produce; gli errori degli uomini sono dovuti alla "impotenza a governare e contenere i propri sentimenti", e quindi a modi di pensare particolari, inadeguati o distorti: sono errori ideologici, che non pongono una contraddizione nella unitarietà delle leggi naturali, di cui la società politica è espressione, ma sono il risultato di condizioni storiche, tradizioni, costumi, valori religiosi o morali, interessi particolari. Lo Stato concreto di Spinoza ha quindi radici e fondamento nella natura umana le cui leggi sono quelle generali della Natura, ma si realizza storicamente negli "errori" degli uomini, come individui e come popolo. Esso si presenta come il fatto costitutivo della razionalità umana ("il fine della organizzazione in società è la libertà") nei suoi aspetti essenziali che lo rendono causa adeguata nella catena causale dell’essere; momento "attivo" cioè finalisticamente e consapevolmente indirizzato, nel processo di realizzazione dell’uomo; strumento della ragione, non perché rispondente a una astratta universalità razionale, ma in quanto fattore di progresso morale e civile dell’uomo, conquista della natura al pratico operare umano nella dimensione politica, in cui le leggi della natura e le consapevoli attività dell’uomo trovano il loro adeguamento.
Questa concezione integrale della politica, nella quale si fonda il carattere permanente e naturale della organizzazione sociale, si storicizza nella effettualità dello Stato, nella sua necessaria struttura che motiva la sua necessità e permanenza, e nella dimensione "sovrastrutturale", legata cioè agli errori degli uomini, al modificarsi delle condizioni e dei modi del suo operare.
Lo Stato concreto è il prodotto della storia degli uomini, il risultato di forze in rapporto alle quali esso ha cominciato a esistere, e alla cui modificazione e movimento è legato per il tempo e i modi della sua esistenza. Ma non è un oggetto passivo di queste forze, un meccanismo artificiale, privo di vita. E’ invece soggetto attivo, che nella catena causale può inserire momenti di consapevole indirizzo e guida del cammino degli uomini verso la loro completa realizzazione. Forze concorrenti, cause particolari, condizioni determinate possono essere all’origine delle diverse organizzazioni sociali presenti nella storia dell’umanità, e giustificare la molteplicità degli esiti istituzionali, la complessa varietà dei regimi politici. I diversi modelli che gli uomini si configurano come ottimi per il governo della società, portano alle dispute politiche, alla contrapposizione in partiti, alle forme di lotta "ideologica" che sono il risultato della inadeguata conoscenza della realtà delle motivazioni più lontane e delle cause più profonde. Pure queste lotte, gli "errori degli uomini", sono nella concretezza storica dello Stato, sono un dato permanente della vita degli uomini, con la quale deve misurarsi questo strumento della ragione. Dalla sua natura necessaria e razionale, nella quale viene fondata nella Politica la libertà dell’uomo, lo Stato deve concretare e definire nella dimensione effettuale, cioè legata agli errori e alla inadeguatezza degli uomini, le finalità del suo operare. La realizzazione della libertà, finalità assoluta dello Stato perché affermazione completa della razionalità umana, si attua nell’"ottimo governo", che non è la ricerca astratta e utopistica dello Stato migliore, propria al filone "classico" della letteratura politica, ma lo studio della possibilità di migliorare le strutture politiche di una società, considerando il gioco delle forze psicologiche e sociali effettivamente operanti, e unificando gli interessi degli individui con le finalità dello Stato. La bontà di questo governo è giudicata dai suoi effetti: dalla possibilità cioè di garantire nell’immediato pace e sicurezza ai cittadini. E’ quindi possibile, avendo ben chiari questi obiettivi definiti e reali, operare nelle strutture di uno Stato quelle modificazioni che, tenendo conto delle cause che hanno prodotto quel determinato regime politico e della storia e delle tradizioni del popolo, consentano un effettivo controllo e correzione sulle "passioni" e "errori" degli uomini, garantendo stabilità alla società e felicità agli individui. Il carattere di reciproca interdipendenza fra le strutture politiche e il "carattere nazionale" di un popolo (un popolo abituato al dispotismo non è capace di governarsi da sé e un popolo con tradizioni e costumi democratici molto difficilmente può essere governato da un re) consente di completare il concetto "organico" delle strutture politiche proprio di Spinoza, chiarendo come le sue analisi dei modelli politici e le proposte di riforme e nuove istituzioni si muovano in questo contesto generale, fuori quindi dal filone del razionalismo universalistico dello "Stato migliore".
Il consapevole operare dell’uomo può conquistare, nello Stato, la natura alla ragione; questo processo non ha altro limite che nell’inadeguata conoscenza e negli errori degli uomini, senza nessun limite metafisico che lo definisca e rinchiuda entro confini invalicabili. La scienza politica, fondandosi sullo studio delle leggi naturali e delle passioni umane, usando delle tecniche matematiche e delle esperienze delle scienze fisiche e naturali, ha il compito di costruire lo strumento di governo migliore per un determinato tipo di regime politico, monarchico, aristocratico, democratico.
Origini dello Stato e democrazia
In Spinoza le origini della Società si identificano con le origini dell’autorità e dello Stato e vi è coincidenza completa fra sovranità originaria e governo della società. Lo Stato democratico è quindi un regime politico naturale per una società umana, perché è il governo del popolo esercitato dal popolo; il potere di questo governo sarà quindi assoluto, perché risultato da quell’atto di trasferimento del suo diritto naturale che ogni individuo compie in favore della totalità della società di cui fa parte (e non di un altro individuo o di un gruppo), restando uguale agli altri. Come espressione pratica di questa totalità (l’unità Società - Stato - Governo in Spinoza è inscindibile) lo Stato democratico non ha limiti al suo potere, che risulta assoluto anche in pratica, perché a differenza dello Stato aristocratico in cui "il popolo è oggetto di timore per i governanti e per questo esso si conquista una certa libertà" sia pure non confermata dalle leggi, nello Stato democratico il popolo è insieme protagonista e oggetto dell’azione del governo, fonte del potere e soggetto attivo nel suo esercizio; da questo potere assoluto effettivo, discende allora una sovranità assoluta. Se quindi nei precedenti regimi di società, la costituzione dell’"ottimo governo" doveva realizzarsi attraverso strumenti istituzionali che avevano lo scopo di difendere il potere sovrano dalla massa e correggerne gli aspetti arbitrari e irrazionali, in questo regime il problema è di organizzare il potere di tutti, realizzato attraverso una autorità sovrana collettiva, espressione di tutto il popolo e non solo di una parte di esso. La eguaglianza dei cittadini in questo Stato è garantita dalla legge: "... noi possiamo concepire diverse specie di governi democratici, ma il mio proposito non è di occuparmi di ognuno di essi, bensì soltanto di quello in cui hanno diritto di votare nel Consiglio Supremo e di occupare cariche pubbliche tutti i cittadini, che sono soggetti alle sole leggi della Patria, e quanto al resto, risultano liberi e vivono onorati" (Trattato Politico, XI, 3). Su questa eguaglianza dei cittadini nello stato democratico si fonda il criterio maggioritario, come regola di governo che attribuisce l’esercizio dell’autorità e il potere di decisione, al maggior numero possibile di individui concordi su determinate questioni, senza che questo porti alla rottura dell’organizzazione sociale.
Il manoscritto del Trattato Politico si interrompe quando Spinoza si accingeva a affrontare i caratteri costitutivi dell’"ottimo governo" per il regime democratico, e non sembra possibile ricostruire un modello che abbia una qualche attendibilità, perché anche l’accurata descrizione della teocrazia ebraica, considerata una forma di democrazia propria a un popolo primitivo, viene ricondotta da Spinoza nelle prime pagine del capitolo XVIII del Trattato teologico - politico nei suoi limiti di fatto storico irripetibile e privo di ogni esemplarità. Ma un problema legato al mancato modello di governo democratico, sia pure per considerazioni negative, è possibile sviluppare: quello del valore e caratteri della rappresentanza, che in uno Stato democratico assume un eccezionale interesse. Si può difficilmente pensare che Spinoza prevedesse un mandato di rappresentanza a una classe dirigente da parte del popolo. Questo perché egli aveva già chiaramente riportato questo tipo di governo nell’ambito dello Stato aristocratico, e su questo aveva esplicitato la differenza fra regime aristocratico e democratico: "Nell’aristocrazia, la nomina di questo o quell’uomo al rango di Patrizio dipende unicamente dalla volontà e dalla libera scelta dell’assemblea suprema, cosicché nessuno possa avere per eredità il diritto di votare, né il diritto di occupare cariche pubbliche; e d’altra parte che nessuno possa legalmente rivendicare per sé questi diritti. Per contro in una democrazia tutti gli abitanti che siano figli di cittadini, che siano nati sul territorio nazionale, che abbiano reso servigi allo Stato e che abbiano ottenuto, per diverse altre legittime ragioni, il diritto di cittadinanza, tutti quanti possono, per legge, chiedere il diritto di voto all’Assemblea suprema e porre la loro candidatura alle diverse cariche. Queste prerogative politiche non possono essere loro rifiutate, a meno che non si siano resi colpevoli di qualche delitto o si siano in qualche modo disonorati". Secondo il modello spinoziano si Stato aristocratico, il potere politico viene attentamente garantito al Consiglio supremo dei Patrizi e gli altri organi dello Stato hanno solo funzioni delegate e particolari, e nessuno di essi può aspirare a sostituirsi a questa assemblea. Il carattere unitario della autorità sovrana e l’unicità dell’organismo detentore del potere, vengono praticamente attuati nel diritto assoluto di "fare e abrogare le leggi" e nel diritto di eleggere i funzionari dello Stato. Questo, con l’anomalia della elezioni a vita, rende molto simile l’Assemblea dei Patrizi spinoziana alla Assemblea elettiva di una moderna democrazia rappresentativa, con in più la inscindibile unità fra momento legislativo e esecutivo che è propria della dottrina dello Stato di Spinoza, in cui l’organo legislativo è anche organo di governo. L’Assemblea suprema dello Stato democratico di Spinoza è invece composta da tutti i cittadini, senza per questo venire meno a nessuna delle sue prerogative di organismo sovrano e unitario, fonte del diritto perché in grado di esercitare il potere, organo legislativo e di governo. Viene esclusa così la possibilità di organi rappresentativi intermedi, che non siano forme delegate a specifiche funzioni di governo o giudiziarie, o amministative, o addirittura legislative, ma su materie particolari e definite, e comunque sempre sottoposte alla concreta autorità di ratifica e conferma della Assemblea suprema (cioè di tutto il popolo). Il carattere assoluto "della forma di governo che chiamiamo democrazia" sta quindi nella effettiva identificazione di tutto il popolo con lo Stato, e quindi nella concreta e pratica realizzazione di quella inscindibile unità di Società - Stato - Governo, che è il principio principale della politica spinoziana. Vi sono tutti gli elementi per credere che il modello di governo costruito da Spinoza per il suo stato democratico avrebbe assunto i caratteri di una democrazia diretta, e si sarebbe impegnato nella traduzione pratica dei fondamenti assoluti di questo regime, da realizzare con la effettiva e continua partecipazione dei cittadini alla vita politica dello Stato. Il carattere globale di sovranità dello stato non differisce nei diversi regimi; il carattere assoluto della democrazia è quindi dato dall’origine e dalla natura dell’autorità politica, dai caratteri di formazione del potere, dalla illimitata ampiezza della effettiva sovranità dei pubblici poteri all’interno dello Stato, risultato appunto di questo processo di formazione. Il popolo è titolare di tutti i poteri, perché esso ha la potenza per esercitarli tutti, a differenza del singolo monarca o di una classe aristocratica.
Democrazia e libertà
La assoluta sovranità dello stato al suo interno, è data dalla identificazione della libertà e del potere nella democrazia di Spinoza, e porta alla realizzazione di quella "pace e sicurezza di vita" che, con la libertà, è il fine dello Stato. Poiché la democrazia, come forma di governo, si realizza con decisioni collettive, che sono il risultato delle scelte dei singoli individui che formano il popolo, e che danno luogo alla "maggioranza che decide", la libertà è intrinseca alla sua struttura, alla formazione del potere effettivo, che per essere il risultato della concordia dei cittadini o di una loro maggioranza che si esprime con libera decisione, non può essere contraddittorio o coercitivo nei confronti della libertà, ma si identifica con il suo esercizio. Il contrasto tra potere e libertà che è proprio a tutti i regimi politici nei quali il popolo (cioè la totalità dei cittadini) non si identifica con lo Stato, e che dà luogo a un conflitto permanente fra le istituzioni dello Stato e gli individui, non ha luogo nella democrazia: in questa è la libertà collettiva, identificata nella maggioranza, a prevalere sulla libertà dell’individuo. Ma questa libertà collettiva, espressa nelle leggi, è figlia della ragione che sola dà agli uomini il comune denominatore al quale riportare le loro passioni e la loro individualità. Essa si identifica con l’atto di fondazione della società, e quindi dello Stato e del governo, è fattore costitutivo del potere e quindi della sovranità (o diritto) che a esso è legato. "Nel governo democratico... gli uomini, non potendo tutti pensare nello stesso modo, hanno ammesso che ha forza di legge la decisione che riunisce il maggior numero di suffragi, mantenendo frattanto il potere di abrogare queste leggi, in favore di leggi che loro possono sembrare migliori". Così la teoria democratica di Spinoza unifica potere e libertà, ponendo l’uomo nelle condizioni ottime di realizzazione della propria natura; il "conatus sese conservandi" si forma gli strumenti adatti a esprimere la tensione aspra e difficile verso la totalità dell’essere. La libertà dell’uomo (che è nell’essere causa adeguata del proprio destino) posta a fondamento del governo democratico, porta questo governo a essere regime di pace e sicurezza. In nota al suo ragionamento sui fondamenti della democrazia, nel capitolo XVI del Trattato teologico - politico, Spinoza scrive: "In qualsiasi paese viva, l’uomo aspira alla possibilità di essere libero. In effetti non è egli libero realmente nella misura in cui egli prende la propria ragione per guida? Ma se egli ascolta i consigli della ragione soprattutto desidererà vedere regnare la pace. E la pace civile ha per condizione il rigoroso rispetto della legislazione nazionale. Ne risulta che più l’uomo si lascia guidare dalla Ragione, cioè più è libero, più egli si applica fedelmente a osservare le leggi, cos& igrave; come a eseguire gli ordini dei poteri sovrani del suo paese".
Democrazia e ricerca dell'utile
Il singolo individuo cerca però soprattutto il suo utile: come questo può concordare con un rapporto collettivo? "E’ proprio quando ciascun uomo cerca soprattutto il suo utile - afferma Spinoza - che gli uomini sono di maggiore utilità, gli uni agli altri. Infatti più ciascuno cerca il suo utile e si sforza di conservare il suo essere più egli accresce la sua virtù (cfr. Eth IV, prop. 20) ovvero, che è lo stesso, (cfr. Eth IV, def. 8), più grande è il potere di cui è dotato per agire secondo le leggi della sua natura, cioè (cfr. Eth III, prop. 3), per vivere secondo la condotta della ragione. Ora, è quando vivono sotto la guida della Ragione che gli uomini si accordano meglio per natura (cfr. Eth IV, 35). Perciò gli uomini sono di massima utilità gli uni agli altri, quando ciascuno cerca soprattutto il proprio utile". La società umana è una concreta somma di individualità, ciascuna legata alla ricerca del proprio utile razionale, della propria realizzazione. La democrazia è il regime politico in cui l’individuo raggiunge la pienezza della sua autonomia e del suo potere: egli è insieme suddito, cittadino, e membro del potere sovrano. Egli è parte non solo costitutiva ma attiva di questa più elevata espressione della ragione che è lo Stato. E attraverso lo Stato democratico, l’uomo può realizzare la sua necessità di perseverare nel suo essere, affermando la potenza della sua natura razionale, e conquistando con la sua Libertà, fine ultimo dello Stato, la Felicità, completo adeguamento dell’individuo alla Natura.
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Superiorità del modello democratico La democrazia è quindi l’esito finale dell’elaborazione politica di Spinoza; su una base chiaramente democratica era fondato il patto costitutivo della società umana, a un esito democratico giunge il ragionamento sulle forme di governo che devono guidare l’uomo nella vita sociale. Il governo democratico realizza la pace e la sicurezza (fine dello Stato concreto), ma non deprime la libertà; al contrario la identifica con il potere, esaltandola a essenziale fattore costitutivo dello Stato, e fondando in essa l’assoluta sovranità dello Stato. Lo Stato democratico mantiene all’individuo la sua dimensione autonoma e assoluta, reintegrandolo nel momento politico come portatore di sovranità e potere in un corpo di governo collettivo, e risulta così il più organico alle origini stesse della società.
Il Trattato teologico - politico, l’Etica e il Trattato politico sono legati da una ricerca ininterrotta e costante, inflessibile, della catena causale che governa gli uomini e ne determina i comportamenti e le volontà. In questa catena di cause, che sfuggono nella gran parte alla comprensione e al controllo degli uomini, si inserisce lo Stato come elemento razionale costituito e prodotto dagli uomini, come fatto necessario rispondente ai dettami della loro natura, ma che essi possono modificare e migliorare, facendolo agire in un modo anziché in un altro, rendendolo causa adeguata e quindi attiva della loro vita, fondando in esso la loro libertà dalla condizione passiva di esseri determinati.
E’ il primato della Politica, come espressione concreta della Ragione, fondamento della libertà dell’uomo. E è nella democrazia, in cui l’individuo raggiunge la sua dimensione piena e assoluta, autonoma e integrale, che il primato della Politica trova la sua realizzazione più completa e evidente.
La razionalità dello Stato, strumento artificiale costruito dagli uomini per avvicinarsi alla realizzazione del modello di natura umana, è legata agli effetti che questa struttura produce; gli errori degli uomini sono dovuti alla "impotenza a governare e contenere i propri sentimenti", e quindi a modi di pensare particolari, inadeguati o distorti: sono errori ideologici, che non pongono una contraddizione nella unitarietà delle leggi naturali, di cui la società politica è espressione, ma sono il risultato di condizioni storiche, tradizioni, costumi, valori religiosi o morali, interessi particolari. Lo Stato concreto di Spinoza ha quindi radici e fondamento nella natura umana le cui leggi sono quelle generali della Natura, ma si realizza storicamente negli "errori" degli uomini, come individui e come popolo. Esso si presenta come il fatto costitutivo della razionalità umana ("il fine della organizzazione in società è la libertà") nei suoi aspetti essenziali che lo rendono causa adeguata nella catena causale dell’essere; momento "attivo" cioè finalisticamente e consapevolmente indirizzato, nel processo di realizzazione dell’uomo; strumento della ragione, non perché rispondente a una astratta universalità razionale, ma in quanto fattore di progresso morale e civile dell’uomo, conquista della natura al pratico operare umano nella dimensione politica, in cui le leggi della natura e le consapevoli attività dell’uomo trovano il loro adeguamento.
Questa concezione integrale della politica, nella quale si fonda il carattere permanente e naturale della organizzazione sociale, si storicizza nella effettualità dello Stato, nella sua necessaria struttura che motiva la sua necessità e permanenza, e nella dimensione "sovrastrutturale", legata cioè agli errori degli uomini, al modificarsi delle condizioni e dei modi del suo operare.
Lo Stato concreto è il prodotto della storia degli uomini, il risultato di forze in rapporto alle quali esso ha cominciato a esistere, e alla cui modificazione e movimento è legato per il tempo e i modi della sua esistenza. Ma non è un oggetto passivo di queste forze, un meccanismo artificiale, privo di vita. E’ invece soggetto attivo, che nella catena causale può inserire momenti di consapevole indirizzo e guida del cammino degli uomini verso la loro completa realizzazione. Forze concorrenti, cause particolari, condizioni determinate possono essere all’origine delle diverse organizzazioni sociali presenti nella storia dell’umanità, e giustificare la molteplicità degli esiti istituzionali, la complessa varietà dei regimi politici. I diversi modelli che gli uomini si configurano come ottimi per il governo della società, portano alle dispute politiche, alla contrapposizione in partiti, alle forme di lotta "ideologica" che sono il risultato della inadeguata conoscenza della realtà delle motivazioni più lontane e delle cause più profonde. Pure queste lotte, gli "errori degli uomini", sono nella concretezza storica dello Stato, sono un dato permanente della vita degli uomini, con la quale deve misurarsi questo strumento della ragione. Dalla sua natura necessaria e razionale, nella quale viene fondata nella Politica la libertà dell’uomo, lo Stato deve concretare e definire nella dimensione effettuale, cioè legata agli errori e alla inadeguatezza degli uomini, le finalità del suo operare. La realizzazione della libertà, finalità assoluta dello Stato perché affermazione completa della razionalità umana, si attua nell’"ottimo governo", che non è la ricerca astratta e utopistica dello Stato migliore, propria al filone "classico" della letteratura politica, ma lo studio della possibilità di migliorare le strutture politiche di una società, considerando il gioco delle forze psicologiche e sociali effettivamente operanti, e unificando gli interessi degli individui con le finalità dello Stato. La bontà di questo governo è giudicata dai suoi effetti: dalla possibilità cioè di garantire nell’immediato pace e sicurezza ai cittadini. E’ quindi possibile, avendo ben chiari questi obiettivi definiti e reali, operare nelle strutture di uno Stato quelle modificazioni che, tenendo conto delle cause che hanno prodotto quel determinato regime politico e della storia e delle tradizioni del popolo, consentano un effettivo controllo e correzione sulle "passioni" e "errori" degli uomini, garantendo stabilità alla società e felicità agli individui. Il carattere di reciproca interdipendenza fra le strutture politiche e il "carattere nazionale" di un popolo (un popolo abituato al dispotismo non è capace di governarsi da sé e un popolo con tradizioni e costumi democratici molto difficilmente può essere governato da un re) consente di completare il concetto "organico" delle strutture politiche proprio di Spinoza, chiarendo come le sue analisi dei modelli politici e le proposte di riforme e nuove istituzioni si muovano in questo contesto generale, fuori quindi dal filone del razionalismo universalistico dello "Stato migliore".
Il consapevole operare dell’uomo può conquistare, nello Stato, la natura alla ragione; questo processo non ha altro limite che nell’inadeguata conoscenza e negli errori degli uomini, senza nessun limite metafisico che lo definisca e rinchiuda entro confini invalicabili. La scienza politica, fondandosi sullo studio delle leggi naturali e delle passioni umane, usando delle tecniche matematiche e delle esperienze delle scienze fisiche e naturali, ha il compito di costruire lo strumento di governo migliore per un determinato tipo di regime politico, monarchico, aristocratico, democratico.
Origini dello Stato e democrazia
In Spinoza le origini della Società si identificano con le origini dell’autorità e dello Stato e vi è coincidenza completa fra sovranità originaria e governo della società. Lo Stato democratico è quindi un regime politico naturale per una società umana, perché è il governo del popolo esercitato dal popolo; il potere di questo governo sarà quindi assoluto, perché risultato da quell’atto di trasferimento del suo diritto naturale che ogni individuo compie in favore della totalità della società di cui fa parte (e non di un altro individuo o di un gruppo), restando uguale agli altri. Come espressione pratica di questa totalità (l’unità Società - Stato - Governo in Spinoza è inscindibile) lo Stato democratico non ha limiti al suo potere, che risulta assoluto anche in pratica, perché a differenza dello Stato aristocratico in cui "il popolo è oggetto di timore per i governanti e per questo esso si conquista una certa libertà" sia pure non confermata dalle leggi, nello Stato democratico il popolo è insieme protagonista e oggetto dell’azione del governo, fonte del potere e soggetto attivo nel suo esercizio; da questo potere assoluto effettivo, discende allora una sovranità assoluta. Se quindi nei precedenti regimi di società, la costituzione dell’"ottimo governo" doveva realizzarsi attraverso strumenti istituzionali che avevano lo scopo di difendere il potere sovrano dalla massa e correggerne gli aspetti arbitrari e irrazionali, in questo regime il problema è di organizzare il potere di tutti, realizzato attraverso una autorità sovrana collettiva, espressione di tutto il popolo e non solo di una parte di esso. La eguaglianza dei cittadini in questo Stato è garantita dalla legge: "... noi possiamo concepire diverse specie di governi democratici, ma il mio proposito non è di occuparmi di ognuno di essi, bensì soltanto di quello in cui hanno diritto di votare nel Consiglio Supremo e di occupare cariche pubbliche tutti i cittadini, che sono soggetti alle sole leggi della Patria, e quanto al resto, risultano liberi e vivono onorati" (Trattato Politico, XI, 3). Su questa eguaglianza dei cittadini nello stato democratico si fonda il criterio maggioritario, come regola di governo che attribuisce l’esercizio dell’autorità e il potere di decisione, al maggior numero possibile di individui concordi su determinate questioni, senza che questo porti alla rottura dell’organizzazione sociale.
Il manoscritto del Trattato Politico si interrompe quando Spinoza si accingeva a affrontare i caratteri costitutivi dell’"ottimo governo" per il regime democratico, e non sembra possibile ricostruire un modello che abbia una qualche attendibilità, perché anche l’accurata descrizione della teocrazia ebraica, considerata una forma di democrazia propria a un popolo primitivo, viene ricondotta da Spinoza nelle prime pagine del capitolo XVIII del Trattato teologico - politico nei suoi limiti di fatto storico irripetibile e privo di ogni esemplarità. Ma un problema legato al mancato modello di governo democratico, sia pure per considerazioni negative, è possibile sviluppare: quello del valore e caratteri della rappresentanza, che in uno Stato democratico assume un eccezionale interesse. Si può difficilmente pensare che Spinoza prevedesse un mandato di rappresentanza a una classe dirigente da parte del popolo. Questo perché egli aveva già chiaramente riportato questo tipo di governo nell’ambito dello Stato aristocratico, e su questo aveva esplicitato la differenza fra regime aristocratico e democratico: "Nell’aristocrazia, la nomina di questo o quell’uomo al rango di Patrizio dipende unicamente dalla volontà e dalla libera scelta dell’assemblea suprema, cosicché nessuno possa avere per eredità il diritto di votare, né il diritto di occupare cariche pubbliche; e d’altra parte che nessuno possa legalmente rivendicare per sé questi diritti. Per contro in una democrazia tutti gli abitanti che siano figli di cittadini, che siano nati sul territorio nazionale, che abbiano reso servigi allo Stato e che abbiano ottenuto, per diverse altre legittime ragioni, il diritto di cittadinanza, tutti quanti possono, per legge, chiedere il diritto di voto all’Assemblea suprema e porre la loro candidatura alle diverse cariche. Queste prerogative politiche non possono essere loro rifiutate, a meno che non si siano resi colpevoli di qualche delitto o si siano in qualche modo disonorati". Secondo il modello spinoziano si Stato aristocratico, il potere politico viene attentamente garantito al Consiglio supremo dei Patrizi e gli altri organi dello Stato hanno solo funzioni delegate e particolari, e nessuno di essi può aspirare a sostituirsi a questa assemblea. Il carattere unitario della autorità sovrana e l’unicità dell’organismo detentore del potere, vengono praticamente attuati nel diritto assoluto di "fare e abrogare le leggi" e nel diritto di eleggere i funzionari dello Stato. Questo, con l’anomalia della elezioni a vita, rende molto simile l’Assemblea dei Patrizi spinoziana alla Assemblea elettiva di una moderna democrazia rappresentativa, con in più la inscindibile unità fra momento legislativo e esecutivo che è propria della dottrina dello Stato di Spinoza, in cui l’organo legislativo è anche organo di governo. L’Assemblea suprema dello Stato democratico di Spinoza è invece composta da tutti i cittadini, senza per questo venire meno a nessuna delle sue prerogative di organismo sovrano e unitario, fonte del diritto perché in grado di esercitare il potere, organo legislativo e di governo. Viene esclusa così la possibilità di organi rappresentativi intermedi, che non siano forme delegate a specifiche funzioni di governo o giudiziarie, o amministative, o addirittura legislative, ma su materie particolari e definite, e comunque sempre sottoposte alla concreta autorità di ratifica e conferma della Assemblea suprema (cioè di tutto il popolo). Il carattere assoluto "della forma di governo che chiamiamo democrazia" sta quindi nella effettiva identificazione di tutto il popolo con lo Stato, e quindi nella concreta e pratica realizzazione di quella inscindibile unità di Società - Stato - Governo, che è il principio principale della politica spinoziana. Vi sono tutti gli elementi per credere che il modello di governo costruito da Spinoza per il suo stato democratico avrebbe assunto i caratteri di una democrazia diretta, e si sarebbe impegnato nella traduzione pratica dei fondamenti assoluti di questo regime, da realizzare con la effettiva e continua partecipazione dei cittadini alla vita politica dello Stato. Il carattere globale di sovranità dello stato non differisce nei diversi regimi; il carattere assoluto della democrazia è quindi dato dall’origine e dalla natura dell’autorità politica, dai caratteri di formazione del potere, dalla illimitata ampiezza della effettiva sovranità dei pubblici poteri all’interno dello Stato, risultato appunto di questo processo di formazione. Il popolo è titolare di tutti i poteri, perché esso ha la potenza per esercitarli tutti, a differenza del singolo monarca o di una classe aristocratica.
Democrazia e libertà
La assoluta sovranità dello stato al suo interno, è data dalla identificazione della libertà e del potere nella democrazia di Spinoza, e porta alla realizzazione di quella "pace e sicurezza di vita" che, con la libertà, è il fine dello Stato. Poiché la democrazia, come forma di governo, si realizza con decisioni collettive, che sono il risultato delle scelte dei singoli individui che formano il popolo, e che danno luogo alla "maggioranza che decide", la libertà è intrinseca alla sua struttura, alla formazione del potere effettivo, che per essere il risultato della concordia dei cittadini o di una loro maggioranza che si esprime con libera decisione, non può essere contraddittorio o coercitivo nei confronti della libertà, ma si identifica con il suo esercizio. Il contrasto tra potere e libertà che è proprio a tutti i regimi politici nei quali il popolo (cioè la totalità dei cittadini) non si identifica con lo Stato, e che dà luogo a un conflitto permanente fra le istituzioni dello Stato e gli individui, non ha luogo nella democrazia: in questa è la libertà collettiva, identificata nella maggioranza, a prevalere sulla libertà dell’individuo. Ma questa libertà collettiva, espressa nelle leggi, è figlia della ragione che sola dà agli uomini il comune denominatore al quale riportare le loro passioni e la loro individualità. Essa si identifica con l’atto di fondazione della società, e quindi dello Stato e del governo, è fattore costitutivo del potere e quindi della sovranità (o diritto) che a esso è legato. "Nel governo democratico... gli uomini, non potendo tutti pensare nello stesso modo, hanno ammesso che ha forza di legge la decisione che riunisce il maggior numero di suffragi, mantenendo frattanto il potere di abrogare queste leggi, in favore di leggi che loro possono sembrare migliori". Così la teoria democratica di Spinoza unifica potere e libertà, ponendo l’uomo nelle condizioni ottime di realizzazione della propria natura; il "conatus sese conservandi" si forma gli strumenti adatti a esprimere la tensione aspra e difficile verso la totalità dell’essere. La libertà dell’uomo (che è nell’essere causa adeguata del proprio destino) posta a fondamento del governo democratico, porta questo governo a essere regime di pace e sicurezza. In nota al suo ragionamento sui fondamenti della democrazia, nel capitolo XVI del Trattato teologico - politico, Spinoza scrive: "In qualsiasi paese viva, l’uomo aspira alla possibilità di essere libero. In effetti non è egli libero realmente nella misura in cui egli prende la propria ragione per guida? Ma se egli ascolta i consigli della ragione soprattutto desidererà vedere regnare la pace. E la pace civile ha per condizione il rigoroso rispetto della legislazione nazionale. Ne risulta che più l’uomo si lascia guidare dalla Ragione, cioè più è libero, più egli si applica fedelmente a osservare le leggi, cos& igrave; come a eseguire gli ordini dei poteri sovrani del suo paese".
Democrazia e ricerca dell'utile
Il singolo individuo cerca però soprattutto il suo utile: come questo può concordare con un rapporto collettivo? "E’ proprio quando ciascun uomo cerca soprattutto il suo utile - afferma Spinoza - che gli uomini sono di maggiore utilità, gli uni agli altri. Infatti più ciascuno cerca il suo utile e si sforza di conservare il suo essere più egli accresce la sua virtù (cfr. Eth IV, prop. 20) ovvero, che è lo stesso, (cfr. Eth IV, def. 8), più grande è il potere di cui è dotato per agire secondo le leggi della sua natura, cioè (cfr. Eth III, prop. 3), per vivere secondo la condotta della ragione. Ora, è quando vivono sotto la guida della Ragione che gli uomini si accordano meglio per natura (cfr. Eth IV, 35). Perciò gli uomini sono di massima utilità gli uni agli altri, quando ciascuno cerca soprattutto il proprio utile". La società umana è una concreta somma di individualità, ciascuna legata alla ricerca del proprio utile razionale, della propria realizzazione. La democrazia è il regime politico in cui l’individuo raggiunge la pienezza della sua autonomia e del suo potere: egli è insieme suddito, cittadino, e membro del potere sovrano. Egli è parte non solo costitutiva ma attiva di questa più elevata espressione della ragione che è lo Stato. E attraverso lo Stato democratico, l’uomo può realizzare la sua necessità di perseverare nel suo essere, affermando la potenza della sua natura razionale, e conquistando con la sua Libertà, fine ultimo dello Stato, la Felicità, completo adeguamento dell’individuo alla Natura.
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Superiorità del modello democratico La democrazia è quindi l’esito finale dell’elaborazione politica di Spinoza; su una base chiaramente democratica era fondato il patto costitutivo della società umana, a un esito democratico giunge il ragionamento sulle forme di governo che devono guidare l’uomo nella vita sociale. Il governo democratico realizza la pace e la sicurezza (fine dello Stato concreto), ma non deprime la libertà; al contrario la identifica con il potere, esaltandola a essenziale fattore costitutivo dello Stato, e fondando in essa l’assoluta sovranità dello Stato. Lo Stato democratico mantiene all’individuo la sua dimensione autonoma e assoluta, reintegrandolo nel momento politico come portatore di sovranità e potere in un corpo di governo collettivo, e risulta così il più organico alle origini stesse della società.
Il Trattato teologico - politico, l’Etica e il Trattato politico sono legati da una ricerca ininterrotta e costante, inflessibile, della catena causale che governa gli uomini e ne determina i comportamenti e le volontà. In questa catena di cause, che sfuggono nella gran parte alla comprensione e al controllo degli uomini, si inserisce lo Stato come elemento razionale costituito e prodotto dagli uomini, come fatto necessario rispondente ai dettami della loro natura, ma che essi possono modificare e migliorare, facendolo agire in un modo anziché in un altro, rendendolo causa adeguata e quindi attiva della loro vita, fondando in esso la loro libertà dalla condizione passiva di esseri determinati.
E’ il primato della Politica, come espressione concreta della Ragione, fondamento della libertà dell’uomo. E è nella democrazia, in cui l’individuo raggiunge la sua dimensione piena e assoluta, autonoma e integrale, che il primato della Politica trova la sua realizzazione più completa e evidente.
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