Nelle periferie degradate dei paesi e delle città non sembra
per niente smorzato il problema della questione sociale. Per questione sociale
intendo riferirmi all'estensione dalle disparità sociali. Molto spesso, come
accade anche in altre città europee, le aree di esclusione sociale combaciano
con i quartieri di edilizia residenziale pubblica.
… “Le
città svolgono un ruolo fondamentale nell'attuazione delle politiche dell'UE,
compresa la strategia Europa 2020. L'attuale processo di elaborazione delle
politiche a livello nazionale e dell'UE non sfrutta sempre pienamente le
competenze disponibili a livello di città o non riconosce il ruolo fondamentale
che le amministrazioni locali potrebbero rivestire in vista del conseguimento
degli obiettivi fissati ad altri livelli di governance.”...
Prima di ogni altra cosa, la causa del degrado è
riconducibile alla “spending review” locale, la quale ha indebolito il
benessere sociale, ricreando una situazione difficile di gestione
amministrativa. I tagli onnicomprensivi passano dai progetti a sfondo
culturale, a quelli di riordino degli immigrati richiedenti asilo politico e a
quelle spese di fattispecie ordinaria necessarie. Il rischio di scarsa
integrazione con strategie più ampie, demoliscono la rispondenza ai processi di
sviluppo sul territorio locale.
Rinnovare le situazioni di ordine sociale non è una
questione di poco conto. Visto che ancora oggi, sulla continua stagnazione
della crisi del 2008, sembra essersi affievolita parte dell’aggregazione
sociale, intrinseca nella cultura familiare italiana. Oggigiorno conformazioni
varie di povertà distribuita, vedi caso della zona di Bolognina o San Donato a Bologna, o i quartieri Spagnoli o Scampia a Napoli, oltrepassano
zone limitrofe al vivere civile. Oltremodo in alcune zone della città si enunciano chiare
forme di isolamento sociale. Un esempio sono i campi di accoglienza degli
immigrati in Sicilia o svariati campi rom limitrofe nella capitale romana.
Far ripartire le periferie, nel loro nuovo contesto urbano,
porta a ridefinire ciò che da anni si è cercato di valicare solo a parole. Questa
ultima nota di pessimismo è accentuata dai molteplici fallimenti delle
precedenti amministrazioni politiche che hanno dimenticato questa questione importante che
ricade tassativamente nella nuova luna dell’ “estensione metropolitana”.
Il
concetto principale, che sta alla base della rinascita della periferia,
accentua ancor di più l’urgenza dei problemi sociali di circostanza da
affrontare. Il soggetto principale che ricopre un ruolo fondamentale in questa
“edificazione sociale” è rappresentata dall’Unione europea.
A luglio del 2014 la Commissione europea si è espressa con
una “La dimensione urbana delle politiche dell’UE – elementi fondanti di una agenda urbana UE”.
La compattezza sociale diviene proposito chiave della
politica urbana dell’Unione Europea.
Come viene riportato sul documento… “La creazione di reti di contatti e gli scambi tra città continueranno
ad essere promossi dal programma URBACT di prossima generazione. Lo sviluppo
urbano, comunque, non è promosso soltanto dalla politica regionale dell'UE e
dai Fondi strutturali. Un numero crescente di politiche settoriali dell'UE è
incentrato esplicitamente sulle zone urbane: politica dell'energia, della
società dell'informazione, dell'ambiente, dell'istruzione e della cultura, dei
trasporti…”
Con il tempo ci si è scordati nella sua essenza della
rielaborazione della politica civica urbana. E i progetti di riqualificazione
urbana oggigiorno non sono così forti e concreti a sostegno della questione
sociale. Nondimeno l’assenza di un’agenda comune nazionale sulle questioni
urbane hanno prodotto in Italia generalmente un ammontare di singoli casi che
stentano tra di loro a risolvere i casi. Non c’era e forse non c’è una vera visione
di lungo periodo.
Qui si vuole sottolineare la divergenza che ha contribuito a
diffondere disagio, e in alcuni casi questo disagio si è trasformato anche in
qualcos’altro di più pericoloso e grave. Escludendo dal discorso ogni malumore
civico verso gruppi etnici sul territorio.
In ogni modo un elemento di definizione e di sostegno nel
margine dell’intervento istituzionale l'ha posto la presidenza del consiglio dei
ministri che ha stipulato l’anno scorso il
“Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle cittàmetropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” con le seguenti risposte
alle domande poco chiare che erano saltate fuori dal bando in questione. Sottolineo che non c’è stato un’efficiente
presenza delle amministrazioni, con lo scopo di facilitare il pensiero politico
su un progetto urbano dell'Unione Europea. Comunque qualcosa per iscritto esiste ma siamo
ben lontani.
La scarsa partecipazione, a mio avviso, non ha permesso dei
grandi passi avanti. Bisognerebbe riconfigurare i frame mancanti per accelerare
la ricerca di punti fissi, di punti sicuri da cui ripartire.
E probabilmente seguendo i passi della Commissione Europea… “Un'agenda urbana UE potrebbe permettere di
conseguire numerosi obiettivi. Potrebbe servire ad accrescere la qualità,
l'efficienza e l'efficacia delle politiche grazie a un miglior coordinamento
delle politiche, dei soggetti e dei livelli di governance e a una migliore
comprensione dei contesti di sviluppo urbano in sede di concezione e di
attuazione delle politiche. Potrebbe accrescere l'impegno e il senso di
partecipazione delle città nel processo di definizione e di realizzazione delle
politiche a livello nazionale e dell'UE. Potrebbe rafforzare la capacità delle
città di promuovere transizioni e cambiamenti strutturali al fine di garantire
economie urbane sostenibili e uno sviluppo sostenibile sotto il profilo
territoriale, ambientale e sociale delle zone urbane”…
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