In
questa fase così drammatica che stiamo vivendo a seguito della crisi
epidemiologica del Covid-19 occorre riflettere sulle modalità
normative del diritto del lavoro e con immediatezza bisogna
disciplinare i nuovi ammortizzatori sociali, nuovi per così dire. La
maggior parte delle aziende italiane ha usufruito e attivato la cassa
integrazione in deroga e altri strumenti previsti dall'ordinamento,
per i diversi settori, per cercare di attutire i danni economici
emergenza Covid-19.
L’art.
22 del decreto Cura Italia ha esteso la CIG (cassa integrazione in
deroga) a tutte le Regioni e le Province Autonome di Trento e
Bolzano, ripetendo, nella sostanza, quanto già previsto dal D.L. n.
9/2020 per le “zone rosse” di Lombardia e Veneto e per tutto il
restante territorio delle medesime Regioni e dell’Emilia-Romagna.
Cassa integrazione in deroga attivabile per tutti i dipendenti di tutti i settori produttivi e sull’intero territorio nazionale. La
sospensione e la riduzione oraria hanno una durata massima di 9
settimane: esse riguardano i dipendenti in forza alla data del 23
febbraio u.s ai quali vengono, altresì, assicurati la contribuzione
figurativa ed i relativi oneri accessori. La disposizione si applica
anche al settore agricolo (ovviamente, ci si riferisce anche agli
operai che hanno una forma contributiva diversa): per questi ultimi
le ore di sospensione o di riduzione di orario, ai fini del calcolo
della disoccupazione agricola, vengono equiparate a lavoro.
Il
decreto Cura Italia viene così incontro alle imprese, comprese
quelle con meno di 5 dipendenti, che sospendono o riducono l’attività
a seguito dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus e che
possono ricorrere al trattamento di integrazione salariale in deroga
per la durata massima di 9 settimane.
Obiettivo
della tutela sono principalmente i lavoratori, ad esclusione di
quelli domestici, e i lavoratori intermittenti occupati alla data del
23 febbraio 2020. La procedura di richiesta è veloce e semplificata.
In base al Decreto cura Italia che ha attivato questi strumenti non
possono prorogare i contratti a termine in essere e attivarne di
nuovi per il futuro e questo è un danno enorme per le aziende e per
i dipendenti. Per cui bisognerebbe nuovamente intervenire almeno fino
a quando questa crisi non sarà passata, questo va fatto subito, per
evitare una continua perdita di posti di lavoro.
La norma
è “ad ampio spettro”, nel senso che trova applicazione a settori
diversi come la pesca, il terzo settore e gli enti religiosi
civilmente riconosciuti. La circolare INPS n. 47/2020 ricorda che,
con gli accordi territoriali stipulati dalle Regioni e dalle Province
Autonome, sarà possibile assicurare una tutela specifica anche ai
lavoratori agricoli qualora gli stessi abbiano superato il limite
previsto dalla CISOA per altre causali (90 giornate all’anno).
E’
appena il caso di sottolineare come l’assenza di “qualsiasi scudo
protettivo” avrebbe, sicuramente portato nei piccoli esercizi
commerciali e nei pubblici esercizi dimensionati sotto le 6 unità a
provvedimenti di licenziamento, cosa che il Governo intende evitare,
come dimostra l’art. 46 del D.L. n. 18/2020 che, tra le altre cose,
ha sospeso i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo dal 17
marzo al 16 maggio 2020, messi in atto indistintamente, da tutti i
datori di lavoro, a prescindere dalle loro dimensioni.
La
caratteristica di tale tutela integrativa consiste nel fatto che un
ruolo preminente è giocato dalle Regioni e dalle Province Autonome
che hanno stipulato specifici accordi con le parti sociali.Il quadro
complessivo che se ne ricava è un po' “a macchia di leopardo”,
in quanto ogni Ente territoriale ha dato spazio ad alcune specificità
assenti in altri contesti.
La
procedura dovrebbe essere abbastanza veloce (i datori di lavoro
debbono inoltrare l’’istanza con una serie di altri elementi
richiesti dai singoli “format” alla Regione): questa, verifica e
approva con decreto l’integrazione salariale che viene trasmessa
all’INPS per il successivo pagamento diretto ai singoli lavoratori.
Per le aziende che hanno unità produttive in almeno 5 Regioni (o
Province Autonome) viene prevista una procedura in sede ministeriale
(in luogo delle singole Regioni) che utilizza il canale della
Cigsonline: le pratiche sono, poi, trasmesse all’INPS per la
liquidazione.
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