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venerdì 17 aprile 2020

Coronavirus: La fase due la troviamo dentro di noi.

In ordine sparso e a macchia di leopardo L'Italia si è sempre dimostrata campanilistica e a decidere se un'azienda può riaprire o meno in tempo di Coronavirus sono i prefetti. I criteri sulla carta rigidissimi variano nella realtà, in base alla sensibilità dei singoli funzionari prefettizi, delle pressioni e del peso politico. Adesso immaginatevi Mauro, nome di fantasia, che si è appena svegliato, sono le sei di mattina, sua moglie gli ha appena preparato il caffè, sono svegli entrambi da un pezzo, dopo aver bevuto il suo caffè Mauro è uscito fuori per andare a lavorare, come ogni santo giorno nella sua "vecchia" vita, ma oggi è un giorno diverso. Ha messo in moto la sua vecchia auto, dopo parecchie settimane, è ripartita a stento, forse la batteria.
Mauro oggi si sente più libero, scorrazza per le strade semi deserte, con un'autorizzazione in tasca, e visto che c'è poco traffico va a lavorare e arriva puntuale.
A Mauro gli mancava il suo lavoro, diciamolo, la libertà di stare fuori, gli mancavano i suoi colleghi non ne poteva più di starsene a casa. Dopo la chiusura della sua azienda a causa del Coronavirus, adesso si sente più libero, non riesce a capire che tipo di situazione si sta creando. 
Fuori un'autorizzazione prefettizia, per cui prima era in pericolo ora non lo è più, può lavorare, per così dire, ma è proprio così? Il suo mestiere gli permette di uscire di casa, in piena emergenza sanitaria, in fase calante, però in piena emergenza sanitaria da Coronavirus.
Adesso è a lavoro! 
Grazie alle loro funzioni alcuni operai sono considerati parte della catena produttiva essenziale e questo è vero, come supermercati, panifici, dentisti, medici di base. Sono i nostri nuovi eroi. 
Adesso Mauro è a lavoro e non è più lo stesso nel suo lavoro, la cosa è più difficile che mai, mascherine, guanti, tuta protettiva.
A Mauro gli manca non poter chiacchierare liberamente con i suoi colleghi, se non a debita distanza, almeno a rimanere a una distanza adeguata, si fa fatica a essere rilassati e nella piena normalità.
Di parole confortanti se ne dicono e se ne urlano in ufficio, ma a fatti concreti fisicamente c'è ancora quella sensazione sgradevole di doversi controllare a vista.
Non è come lo era prima, ma è chiaro, siamo in emergenza sanitaria straordinaria, per cui dobbiamo stare a debita distanza.
In azienda i locali sono abbastanza puliti, sanificati, le nostre sedie, i nostri tavoli, sono a distanza debita per non stare vicini. 
La nostra linea di produzione sembra una serie di film già visti degli anni 20. 
Forse siamo diventati delle nuove macchine sociali, un'autorizzazione ci ha liberati da una schiavitù chiamata “restare a casa” e ancor di più ci siamo alienati a questo meccanismo lavorativo fulminante, ma a causa di un nemico forse peggiore della prima vita.
E' sera e Mauro è stremato dal suo primo giorno di lavoro! 
Mauro è tornato a casa e ha abbracciato sua moglie.

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