“E’ importante che l’Italia continui a essere governata nel 2014. L’Europa ci guarda ed è diffusa, tra gli italiani, la domanda di risposte ai loro scottanti problemi piuttosto che l’aspettativa di nuove elezioni anticipate dall’esito più che dubbio”, ammonisce il capo dello Stato Giorgio Napolitano che confida nelle nuove generazioni. Sia la precedente formazione di governo sia quella attuale, osserva, sulla legge elettorale hanno “pestato l’acqua nel mortaio”. E’ una strigliata al governo e al Parlamento quello di Giorgio Napolitano.
A inizio legislatura l'impegno del governo Letta-Alfano era di arrivare entro l’anno all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Il governo accelera così approvando un decreto che dà ai cittadini la scelta di destinare il 2x1000 dell’Irpef a un partito a partire dal 2017, così la vita delle forze politiche dipenderà soltanto dalle erogazioni dei privati, anche attraverso la destinazione ad esse del 2 per mille fra tre anni.
E già nel 2014 rende effettivo il nuovo sistema, che prevede anche controlli rafforzati, per evitare nuovi casi “Batman”. “Promessa mantenuta”, annuncia, di primo mattino, via twitter, il premier Enrico Letta. La risposta di Beppe Grillo, primo “destinatario politico” della decisione del governo, arriva, sempre su twitter, quando è ancora in corso il consiglio dei ministri: “Basta con le chiacchiere, Letta restituisci i 45 milioni di rimborsi del Pd. Fatti non pugnette”. La decisione non soddisfa affatto Beppe Grillo, che della rinuncia ai rimborsi elettorali ha fatto il suo cavallo di battaglia, togliendo i rimborsi ai parlamentari M5S.
“Per rinunciare ai finanziamenti pubblici - attacca il comico genovese - è sufficiente non prenderli, il decreto legge di Letta è l’ennesima presa per il culo.”
All'incirca 23,2 miliardi di euro è l’ammontare della spesa pubblica per i costi della politica: centrale e periferica. Che tradotti in cifre pro capite, fanno 757 euro annui a carico di ogni contribuente. A fare le pulci nei bilanci dello Stato è uno studio della Uil, che suggerisce di tagliare fino a “sette miliardi” per abbassare le tasse sul lavoro e sulle pensioni. “Ci sono più di un milione e centomila persone che vivono di politica, quasi il 5% della forza lavoro”, dichiara il segretario generale della Uil, Angeletti, chiedendo un abbattimento dei costi anche attraverso “una riforma della Costituzione”.
I “buoni” propositi dell'esecutivo rimbalzano le critiche dell’opposizione e anche gli alleati di governo prendono le distanze. Il governo di Enrico Letta è ancora sotto tiro per l'epilogo un po’ pastrocchio sui decreti e sulle leggi di fine anno. Specialmente il Pd di Matteo Renzi non ci sta a finire nel mirino delle accuse sulla gestione delle disposizioni in Parlamento e si svincola. Certo che non fa neanche in tempo a dire un Chi? Che aggancia le dimissioni di Fassina, in un momento secondo la scienza politica italiana di altissima tensione. E Renzi: “Continuiamo a evocare la parola crisi, ha affermato Renzi citando De Rita Giuseppe alla cerimonia di inaugurazione di Pitti Uomo di Firenze, per giustificare lo status quo. La classe politica e la classe dirigente continuano a parlare della crisi per giustificare la propria permanenza, perchè la parola crisi legittima di fatto quel gruppo dirigente”.
Così Enrico Letta è pronto a considerare nuove scelte sul nuovo patto programmatico ma sembra tenere il punto sulle modalità cioè il problema, argomentano i suoi, non è tanto la squadra, quindi il rimpasto, ma la definizione del contratto di coalizione.
E anche Scelta Civica lancia i suoi ultimatum su programma e rimpasto: “Riteniamo di dover essere rappresentati in Consiglio dei ministri” annuncia il segretario Stefania Giannini.
Lo scontro sul rimpasto di governo, posta sia dai montiani sia dai renziani, rischia di ritorcersi contro gli stessi partiti che la pretendono. La stessa richiesta di rimpasto azzarda infatti di risuonare come una vecchia pratica di Palazzo e pertanto non viene ostentanta più di tanto.
I temi su cui si parla tanto sono quelli indicati dal presidente del Consiglio tra i quali in primis, la riforma elettorale e il piano sul lavoro. La prima da risolvere in Parlamento, la seconda dall’esecutivo.
Sul primo dilemma Brunetta afferma: “noi lavoreremo alla luce del sole, senza tattiche, senza spiazzamenti, per fare presto, perchè su questo con Renzi siamo assolutamente d'accordo.” Sul secondo tema invece Maurizio Lupi afferma su un tweet: “rimpasto di governo? Trovo sia un grave errore aver aperto questo tema che ci riporta alla vecchia politica. Le nostre priorità per il Paese sono crescita, imprese, categorie e soprattutto famiglia. Non arretreremo di un millimetro.”
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martedì 7 gennaio 2014
Rimpasto di governo alla vecchia politica?
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